Secondo Adnkronos, elementi inediti acquisiti dalla procura di Roma potrebbero portare a nuove verità. Ad avvalorare l’ipotesi ci sarebbe la testimonianza diretta di uno degli operatori presenti sulla scena del delitto, corroborata da immagini, documenti e cartografie. «È un ranger operativo nel Parco del Virunga, una delle aree più delicate e complesse della Regione del Kivu», dice a Domani il legale della famiglia dell’ambasciatore
Spunta una nuova pista nel caso degli omicidi dell’ambasciatore Luca Attanasio, del carabiniere di scorta Vittorio Iacovacci e dell’autista congolese Mustapha Milambo, uccisi nella repubblica Democratica del Congo il 21 febbraio 2021, in un’imboscata tesa ai due autoveicoli del Programma Alimentare Mondiale (Pam), nei pressi del villaggio di Kibumba, nel Nord Kivu.
Come riportato nella giornata del 17 novembre da Adnkronos, elementi acquisiti grazie al lavoro dei legali della famiglia Attanasio e depositati alla procura di Roma potrebbero aprire nuovi scenari e portare a nuove verità. Ad avvalorare le nuove ipotesi ci sarebbe la testimonianza diretta di uno degli operatori presenti sulla scena del delitto, corroborata da immagini, documenti e cartografie.
Secondo il testimone lo scopo ultimo del viaggio non era l’inaugurazione della mensa scolastica della zona di Ruthsuru finanziata con fondi italiani e affidata alla gestione del Pam (progetto che, come il gemello che sarebbe dovuto partire a Bukavu nel Kivu del Sud, non è mai iniziato e i cui fondi sono spariti, ndr), ma una miniera di pirocloro-niobio di cui aveva acquisito il controllo da tempo la Russia. Il niobio è un materiale raro che suscita molti appetiti per le sue fondamentali caratteristiche a livello strategico.
È infatti indispensabile per lo sviluppo di veicoli ipersonici perché le sue leghe resistono a temperature estreme e all'ossidazione ed è quindi ricercatissimo dall'industria militare.
Un caso chiuso troppo in fretta
Di una possibile pista geopolitica alla base del movente dell’agguato, aveva parlato anche Salvatore Attanasio, padre di Luca, lo scorso 5 novembre al Senato. In occasione della conferenza stampa di presentazione della proposta di legge istitutiva di una commissione d’inchiesta per le morti del figlio, di Iacovacci e del cooperante Mario Paciolla ucciso in Colombia, aveva detto: «La narrazione fatta circolare subito dopo l’attentato che si fosse cioè trattato di un agguato a scopo di estorsione, in questi cinque e anni si è sciolta come neve al sole. Dopo tanti elementi emersi grazie al lavoro dei nostri legali, si sta facendo strada l’ipotesi che Luca stesse svolgendo una missione di alto profilo strategico per il nostro paese».
Le nuove rivelazioni potrebbero quindi riaprire un caso chiuso troppo in fretta sia a Roma che a Kinshasa. La procura di Roma, infatti, nel febbraio 2024, ha archiviato il processo contro i due dipendenti del Pam Rocco Leone e Mansour Luguru Rwagaza, rei di gravissime inadempienze, con un non luogo a procedere per “difetto di giurisdizione” (i due hanno invocato e ottenuto l’immunità diplomatica, ndr).
La procura militare di Kinshasa, invece, insistendo sulla pista del rapimento a scopo estorsivo (confermata anche dalla procura di Roma, ndr), ha condannato all’ergastolo sei presunti esecutori a detta di molti totalmente estranei. Tutte le speranze di avvicinarsi alla verità, quindi, risiedono nel secondo filone di inchiesta aperto dalla procura per terrorismo.
«Abbiamo ottenuto una testimonianza nuova – ha riferito a Domani Rocco Curcio, il legale della dei genitori di Luca Attanasio – proveniente da un ranger operativo nel Parco del Virunga, una delle aree più delicate e complesse della Regione del Kivu». Il guardaparco, ovviamente anonimo per la rischiosa testimonianza che ha reso, si trovava a Kibumba, proprio nel frangente in cui è avvenuto l’attentato ed ha verosimilmente preso parte allo scontro a fuoco innescato tra esecutori dell’agguato e ranger.
La nuova testimonianza
La fonte ha prodotto mappe, fotografie e informazioni che non lascerebbero molti dubbi riguardo al fatto che l’ambasciatore si stesse dirigendo verso Ruthshuru- Lueshe, «dove c’è la miniera di niobio, una faccenda molto sensibile». L’uomo teme per la sua vita e quella della famiglia. Ha riferito di aver subito diversi furti nella sua abitazione. «State indagando su un dossier sensibile perché finora la verità resta un incubo, dato che nessuno conosce con certezza la natura della missione che aveva l’ambasciatore», ha detto il testimone al consulente legale della famiglia Attanasio.
«Il nuovo testimone – dichiara a Domani Salvatore Attanasio – è un interlocutore fondamentale per la ricostruzione della scena del crimine e per il contesto in cui si sarebbe svolta una cospirazione ai danni dall’Ambasciatore. La famiglia attende le conferme dalle autorità giudiziaria e governativa su questi nuovi importanti sviluppi che se confermati sgomberano definitivamente la fantasiosa ricostruzione dell’incidente a scopo di estorsione. Inoltre credo sia giunto il momento che la politica si assuma le proprie responsabilità e che questa storia occupi le pagine politiche della stampa».
Se infatti sarà in qualche modo confermata l’ipotesi di una missione strategica dell’ambasciatore Attanasio, risulterà evidente che a coordinarla sarebbe stata Roma. Il governo, quindi, fin qui poco presente (l’Italia non si è costituita parte civile e ha accettato la richiesta di immunità dei funzionari Pam senza opporre alcuna resistenza, ndr) dovrebbe, in tal caso, rispondere.
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