Lo scorso 14 maggio si è tenuta un’audizione di Salvatore Attanasio, padre del nostro ambasciatore scomparso a seguito di un attentato il 22 febbraio del 2021 nella Repubblica Democratica del Congo, e del legale della famiglia Rocco Curcio, presso la commissione straordinaria Tutela dei diritti umani del Senato.

L’evento assume una portata rilevante in una fase in cui, terminati i processi condotti dalla procura militare di Kinshasa contro i presunti esecutori dell’agguato, e dalla procura di Roma per accertare le responsabilità dell’italiano Rocco Leone e di Mansour Rwagaza, dirigenti del Pam (Programma alimentare mondiale), la sensazione di molti era che il caso stesse gradualmente prendendo la strada dell’oblio tra mille perplessità e dubbi, oltre a tante ombre su entrambi i procedimenti. Il primo, infatti, ha condotto alla condanna all’ergastolo di cinque uomini accusati di essere gli organizzatori e gli esecutori dell’attentato al termine di un percorso giudiziario pieno zeppo di lacune e irrispettoso dei diritti.

Il secondo si è concluso con una sentenza di non luogo a procedere per l’accettazione della richiesta di immunità diplomatica invocata dal Pam per i suoi due dipendenti accusati – sia dall’inchiesta della procura di Roma che da quella interna all’Onu – di gravissime inadempienze nell’organizzazione del viaggio fatale e di falsificazioni. Su quest’ultimo procedimento, pesa molto la scelta del governo italiano di non optare per una costituzione di parte civile del nostro stato e di accettare il principio dell’immunità internazionale anche per il caso gravissimo di un omicidio di un proprio ambasciatore.

L’audizione, quindi, riapre speranze tra chi chiede verità e innesca un possibile filone di inchiesta, questa volta politico, che si affiancherebbe a quello giudiziario della procura di Roma. Nel corso dell’audizione Salvatore Attanasio ha fatto emergere le contraddizioni dei procedimenti, a partire dalla perizia di parte che dimostrerebbe che non si è trattato di colpi accidentali partiti per sbaglio in un tentativo di rapimento o rapina a scopo di estorsione, ma di una vera e propria esecuzione. C’è la poi la questione di una indagine in gran parte fondata sugli accertamenti svolti dai Ros, i quali «non sono mai andati nel luogo del delitto nel Kivu del Nord, ma sono rimasti a Kinshasa a oltre 2.000 km di distanza», come ha ricordato il padre di Luca.

Il testimone chiave

Ma uno degli elementi principali su cui si basano le speranze della famiglia e dei legali di parte emerge dalle dichiarazioni riportate da questo giornale lo scorso 10 marzo nell’intervista svolta da chi vi scrive a Dario Tedesco. In quell’occasione, il noto vulcanologo, amico intimo di Attanasio e incredibilmente mai ascoltato da alcun inquirente, faceva esplicito riferimento a una serie di distrazioni di fondi per la cooperazione affidati al Pam, che interessava proprio i progetti che Luca Attanasio in quei drammatici giorni stava ispezionando (uno nel Kivu del Sud visitato due giorni prima dell’agguato e uno nel nord che il diplomatico avrebbe dovuto verificare proprio il 22 febbraio).

«Il 20 febbraio Luca», diceva nell’intervista Tedesco, «con un battello si è recato a Bukavu, nel Sud del Kivu, per ispezionare un progetto gemello a quello di Rutshuru (Nord Kivu). Era un refettorio con una scuola, finanziati dalla ong Mama Sophia (fondata assieme alla moglie Zakia, ndr) e affidato al Pam per l’implementazione. Arrivato lì, ha scoperto che i fondi erano stati spesi e che per il progetto era rimasto ben poco…Mi disse in privato di aver perso le staffe per la prima volta in vita sua, “Non hanno fatto nulla, i soldi sono andati a farsi benedire”. Più tardi un altro italiano che era a Bukavu mi riferì che un giovane impiegato del Pam gli avrebbe detto: “L’ambasciatore era fuori di sé”».

Ce l’aveva con il Pam e molto probabilmente con Rocco Leone, all’epoca facente veci del direttore Pam Congo, ma soprattutto uno che Luca considerava amico affidabile. «A quel punto», riprendeva il vulcanologo, «era chiaro che bisognava vedere cosa stesse succedendo all’altra gamba del progetto, quella nel Kivu del Nord a Rutshuru. Per questo Luca, che sarebbe dovuto venire con me per una gita sul vulcano, decise di partire per Rutshuru e verificare con i suoi occhi».

«Abbiamo portato all’attenzione della commissione», spiega l’avvocato Curcio a Domani, «l’intervista a Tedesco come elemento fondamentale a supporto della nostra ipotesi che non si sia trattato di un semplice tentativo di rapina finito male e sottolineato la necessità di un approfondimento investigativo: l’immunità funzionale non può essere riconosciuta a chiunque e per qualsiasi tipo di reato, specie se si viola la vita dell’essere umano.

Ci si può trincerare dietro l’immunità quando il reato è omicidio? Specie, poi, se si dovesse accertare qualcosa di più di omesse cautele e falso nella organizzazione della missione di Attanasio?

Le dichiarazioni di Dario Tedesco su Domani dimostrano che c’è stata una evidente distrazione dei fondi destinati a progetti che aveva in carico il Pam, e ciò, inevitabilmente, apre nuove prospettive. Per essere più chiari, se verificate le dichiarazioni di Tedesco, Luca sarebbe stato assalito perché volevano intimidirlo ed evitare che indagasse su quel progetto o, cosa più grave, perché aveva scoperto casi di corruzione internazionale. Per questo ho presentato istanza presso la procura di Roma, riteniamo ci sia l’esigenza di un approfondimento investigativo perché l’omicidio potrebbe non essere riconducibile a un sequestro per scopo di estorsione, ma a qualcosa di più grave, per cui richiedere l’immunità suonerebbe grottesco».

«Siamo soddisfatti della sensibilità dimostrata da tutta la commissione», gli fa eco Salvatore Attanasio, «e ci auguriamo che si tramuti in atti concreti. In questi giorni ha destato scalpore l’accoglienza della premier Meloni a Chico Forti e la sollecitudine. Non voglio entrare nel merito, voglio solo ribadire che non abbiamo visto la stessa sollecitudine per il nostro caso, ci sentiamo abbandonati da uno Stato che neanche si costituisce parte civile nel processo».

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