Fra le conseguenze della scomparsa di Benedetto XVI, ci dovrebbe essere, almeno sulla carta, un avvicinamento del momento in cui papa Francesco potrebbe seguire il cammino intrapreso dal suo predecessore. Bergoglio, già rallentato da diversi acciacchi fisici e problemi di salute, potrebbe dimettersi. Anche perché non ha più il problema dell’eventuale convivenza con un altro papa emerito e un terzo papa regnante. Uno scenario che avrebbe potuto generare confusione fra i fedeli e tolto credibilità all’istituzione.

Francesco ha già annunciato che, in caso di rinuncia, si ritirerà a vivere nel palazzo del Laterano, dunque a Roma ma fuori dal Vaticano, e si farà chiamare vescovo emerito di Roma e non papa emerito. Tuttavia il pontefice argentino potrebbe essere tentato anche da un’altra opzione: quella di continuare, sia pure per un tempo comunque limitato, a governare la chiesa senza più l’ombra del suo predecessore.

Perché in effetti Ratzinger è stato un riferimento, con la sua sola presenza, per una vasta area di nostalgici tradizionalisti che contestavano le aperture e il modello di chiesa promosso da papa Francesco. Il papa emerito era diventato anche il simbolo di un’opposizione a Bergoglio. Non solo per il suo ruolo di tutore e difensore della tradizione, ma anche per essere stato a lungo il braccio destro e non di rado l’ispiratore di Giovanni Paolo II.

Ora Francesco, cui pure non mancano gli elementi di continuità con i suoi predecessori, potrà giocare in campo aperto, senza più la limitazione imposta dalla coabitazione con il papa emerito. Il che costringerà pure i suoi avversari ad assumere d’ora in avanti l’onere della contesa senza potersi più aggrappare alle vesti dell’anziano teologo.

Quale leader per l’opposizione?

Fra i cardinali che si sono opposti con maggior veemenza a Bergoglio fin dal principio del pontificato, ritroviamo il tedesco Gerhard Ludwig Müller, fino al 2017 prefetto della Congregazione per la dottrina della fede nominato, nel 2012, da Benedetto XVI, e l’americano ultratradizionalista e filo trumpiano, Raymond Leo Burke, cui Ratzinger ha dato la porpora nel 2010.

D’altro canto la conferenza episcopale dove è più forte l’opposizione a Francesco è quella degli Stati Uniti (una posizione però non condivisa da tutta la chiesa americana). Tuttavia Francesco sta nominando da tempo come cardinali negli Usa varie personalità vicine al suo magistero, così fra quanti si trovano nella trincea opposta emerge in particolare il moderato cardinale Timothy Dolan, arcivescovo di New York, molto sensibile ai temi del movimento pro life e alle ragioni del partito repubblicano.

In America Latina, l’opposizione a papa Francesco è più felpata, quasi sottotraccia, almeno fra i cardinali. Del resto si tratta di un’area alla quale Bergoglio dedica molte e specifiche attenzioni. Forse fra i porporati dell’area latinoamericana più legati al periodo Wojtyla-Ratzinger, senza essere per questo catalogabile esplicitamente come un oppositore di Francesco, va annoverato l’arcivescovo di San Paolo del Brasile, Pedro Odilo Scherer.

In Africa ad avversare con decisione e apertamente il papa argentino, fino a cercare di utilizzare anche il papa emerito in funzione anti Bergoglio, c’è stato il cardinale guineano Robert Sarah, fino al febbraio 2021 a capo della Congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti.

Cardinali in pensione

Fra l’altro, se il pontificato di Francesco durerà almeno fino a tutto il 2023, ben 11 cardinali usciranno dal novero dei grandi elettori del Conclave in quanto compiranno 80 anni. Il numero complessivo dei cardinali elettori, alla fine di quest’anno, scenderà quindi dagli attuali 125 a 114, un numero che starà al papa decidere se ritoccare o lasciare invariato.

L’Italia è destinata, nel corso del 2023, a perdere ben 5 cardinali elettori, scendendo da 18 a 13. Il primo a compiere 80 anni, il prossimo 14 gennaio, sarà l’ex arcivescovo di Genova ed ex presidente della Cei, Angelo Bagnasco. Chissà che la morte di Benedetto XVI non aiuti anche la chiesa italiana a venir fuori dalle acque paludose in cui si trova da molto tempo. Di certo, se i vescovi italiani vorranno riacquistare nel prossimo conclave un po’ del peso perduto, dovranno dare qualche segno di vita più forte di quelli intravisti fino a ora. Nonostante il nuovo presidente della Cei, l’arcivescovo di Bologna Matteo Zuppi, abbia provato a movimentare un po’ la scena.   

Decentramento

Per quel che riguarda il papa, bisognerà vedere se ha intenzione di riprendere in mano quella che è stata un’intuizione dell’inizio del pontificato, ovvero la rinuncia da parte della Santa sede a esprimersi su ogni aspetto e problema aperto della vita pubblica o nella chiesa a ogni angolo del mondo.

Nell’esortazione apostolica Evangelii gaudium del novembre 2013, da egli stesso definita programmatica del pontificato, Bergoglio affermava: «Non credo neppure che si debba attendere dal magistero papale una parola definitiva o completa su tutte le questioni che riguardano la chiesa e il mondo. Non è opportuno che il papa sostituisca gli episcopati locali nel discernimento di tutte le problematiche che si prospettano nei loro territori. In questo senso, avverto la necessità di procedere in una salutare “decentralizzazione”».

Il concetto veniva ribadito in Amoris laetitia, il documento del papa che chiudeva i due sinodi sulla famiglia svoltosi del 2014 e del 2015. «Ricordando che il tempo è superiore allo spazio – scriveva Francesco – desidero ribadire che non tutte le discussioni dottrinali, morali o pastorali devono essere risolte con interventi del magistero». «Naturalmente – aggiungeva – nella chiesa è necessaria una unità di dottrina e di prassi, ma ciò non impedisce che esistano diversi modi di interpretare alcuni aspetti della dottrina o alcune conseguenze che da essa derivano».

Negli ultimi anni, dal sinodo sull’Amazzonia a quello della chiesa tedesca, sono venute forti proposte di modifica della vita ecclesiale in materia di celibato obbligatorio, ruolo delle donne e dei laici, accoglienza delle coppie omosessuali. Fino a ora però in Francesco è prevalso più il timore dello scisma tradizionalista che il coraggio di cambiare almeno su qualcuna delle questioni sollevate.  

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