Leone XIV ha ricevuto dirigenti e funzionari del Sistema di informazione per la sicurezza italiano. Nel discorso ha raccomandato «il rispetto della dignità della persona umana e l’etica della comunicazione». Sullo sfondo, si può leggere la preoccupazione per il caso Paragon
«Occorre vigilare con rigore affinché le informazioni riservate non siano usate per intimidire, manipolare, ricattare, screditare il servizio di politici, giornalisti o altri attori della società civile». È quanto ha detto il papa incontrando i rappresentanti dei servizi segreti italiani ricevuti in udienza nella mattinata di venerdì 12 dicembre.
Leone XIV, non si è limitato dunque a un discorso formale, ma è entrato nel merito delle problematiche che interessano da vicino i sevizi di intelligence, con più di un richiamo all’attualità. La delegazione italiana del Sistema di informazione per la sicurezza della Repubblica, assai folta, era guidata dal sottosegretario alla presidenza del Consiglio e Autorità delegata per la sicurezza della Repubblica, Alfredo Mantovano, accompagnato dall’ambasciatore d’Italia presso la Santa Sede, Francesco Di Nitto. Con loro i componenti parlamentari del Copasir, quindi i direttori e una buona parte del personale dei tre servizi: il Dipartimento delle informazioni per la sicurezza (Dis), l’Agenzia informazioni e sicurezza esterna (Aise), e l’Agenzia informazioni e sicurezza interna (Aisi).
I vertici dei servizi segreti italiani, sono andati dal papa in Vaticano nell’ambito della ricorrenza dei 100 anni dell’istituzione del primo nucleo dei servizi di intelligence del nostro paese, avvenuta nel 1925, in pieno fascismo.
Il papa, da parte sua, ha guardato al presente e al futuro prossimi, per individuare le sfide che toccano da vicino i servizi segreti in epoca moderna. «Vorrei esortarvi a svolgere il vostro lavoro, oltre che con professionalità», ha detto infatti Leone, «anche con uno sguardo etico che tenga conto almeno di due aspetti imprescindibili: il rispetto della dignità della persona umana e l’etica della comunicazione». Nel primo caso, secondo il pontefice, «L’attività di sicurezza non deve mai perdere di vista questa dimensione fondante e mai può venir meno al rispetto della dignità e dei diritti di ciascuno. In certe circostanze difficili, quando il bene comune da perseguire ci sembra più necessario di tutto il resto, si può correre il rischio di dimenticare questa esigenza etica e, perciò, non è sempre facile trovare un equilibrio».
Come ha affermato il report “La Commissione Europea per la democrazia attraverso il diritto”, dedicato al controllo democratico delle agenzie di sicurezza, ha proseguito il papa, queste ultime «spesso devono raccogliere informazioni sugli individui e, perciò incidono fortemente sui diritti individuali».
I diritti delle persone
«È necessario allora che vi siano dei limiti stabiliti, secondo il criterio della dignità della persona», ha affermato Prevost, «e che si resti vigilanti sulle tentazioni a cui un lavoro come il vostro vi espone. Fate in modo che le vostre azioni siano sempre proporzionate rispetto al bene comune da perseguire e che la tutela della sicurezza nazionale garantisca sempre e comunque i diritti delle persone, la loro vita privata e familiare, la libertà di coscienza e di informazioni, il diritto al giusto processo».
«In questo senso», ha aggiunto, «occorre che le attività dei Servizi siano disciplinate dalle leggi, debitamente promulgate e pubblicate, che vengano sottoposte al controllo e alla vigilanza della magistratura e che i bilanci siano sottoposti a controlli pubblici e trasparenti».
Verità e fake news
Quindi il capitolo non meno significativo delle fake news: «L’avvento di nuove e sempre più avanzate tecnologie ci offre maggiori possibilità ma, al tempo stesso, ci espone a continui pericoli. Lo scambio massiccio e continuo di informazioni chiede di vigilare con coscienza critica su alcune questioni di vitale importanza: la distinzione tra la verità e le fake news, l’esposizione indebita della vita privata, la manipolazione dei più fragili, la logica del ricatto, l’incitamento all’odio e alla violenza».
Dietro l’intervento del pontefice si possono leggere alcune preoccupazioni; intanto il caso Paragon, che ha visto il coinvolgimento della nostra intelligence, con le intercettazioni di cui sarebbe stato oggetto anche don Mattia Ferrari, per la sua attività di supporto alla Ong Mediterranea che opera per salvare i migranti in mare. Sussistono, in questa vicenda, forti sospetti che sia stata in tal modo intercettata anche più di una comunicazione fra il sacerdote e lo stesso papa Francesco.
D’altro canto, più in generale, sono emersi negli ultimi anni i problemi relativi alla capacità d’influenzare i processi elettorali grazie a un uso spregiudicato delle fake news; senza contare, ma questo non è un fatto nuovo, le tante violazioni dei diritti umani avvenute nel mondo, per ragioni di sicurezza nazionale. Il papa ha voluto anche ringraziare i servizi di intelligence italiani per gli sforzi compiuti «nel garantire la sicurezza della Santa Sede e dello Stato della Città del Vaticano. E qui vorrei esprimere una parola di gratitudine per la collaborazione con la Gendarmeria, con il Vaticano e la Santa Sede».
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