Il nome del deputato tra le parole chiave da cercare nei dispositivi degli indagati. Nelle lettere contro Cocci: «I vertici FdI sapevano». Il meloniano ricevette il plico
«Orgia», «gay», «pacco», «stupefacenti», «ricatti», «elezione», «segreto», «minaccia», «mischia», «minori». Sono solo alcune delle settantatré parole che la procura di Prato guidata da Luca Tescaroli ha ordinato di cercare nei dispositivi tecnologici sequestrati agli ormai ex meloniani Andrea Poggianti e Claudio Belgiorno, accusati di diffamazione e revenge porn nei confronti di Tommaso Cocci, l’astro nascente di Fratelli d’Italia ritiratosi dalla competizione elettorale dopo lo scandalo che l’ha travolto.
Tra le parole chiave su cui i consulenti tecnici sono al lavoro ce n’è anche una che rimanda al responsabile nazionale dell’organizzazione del partito di Giorgia Meloni. «Donzelli», si legge nella lista che i pm hanno messo nero su bianco nel provvedimento, datato 17 settembre, sul conferimento dell’incarico per la consulenza e gli accertamenti tecnici non ripetibili.
Vale a dire Giovanni Donzelli. Il deputato che, come si legge negli atti giudiziari, è stato tra i primi a ricevere il plico di lettere delatorie su Cocci, accusato da “ignoti” di una serie di fatti e condotte: dall’uso di droga, passando per l’appartenenza alla loggia massonica “Sagittario”, fino a relazioni professionali, tuttora oscure, con cittadini di origine cinese. Nel testo, riferimenti anche a presunte «partecipazioni non infrequenti a feste a sfondo sessuale con consumo di stupefacenti, quali cocaina, chemsex, spinelli, popper e minori».
Ricevuto il materiale, in molti hanno denunciato, consegnandolo agli inquirenti che nei giorni scorsi hanno interrogato sia Poggianti (vicepresidente del consiglio comunale di Empoli) sia Belgiorno (già consigliere comunale in quota Fdi). Tra coloro che hanno portato il plico sospetto dai pubblici ministeri, come appreso da Domani, non c’è invece Donzelli.
Perché il parlamentare, legatissimo alla presidente del Consiglio, non l’ha fatto? Lo abbiamo chiesto al diretto interessato che, tuttavia, non ha risposto alle nostre domande. Probabilmente, presto, dovrà però farlo davanti ai pubblici ministeri toscani che potrebbero chiamarlo come persona informata sui fatti.
Guerre fratricide
A ogni modo il silenzio del deputato di FdI potrebbe equivalere a una certa volontà di allontanarsi dalla vicenda e da Cocci, dapprima delfino dei meloniani e ora abbandonato alla sua sorte. Sorte dettata, come emerso, da vendette personali e vere e proprie trappole ordite all’interno del partito dei “fratelli”, che, tra le altre cose, sembra essere in “crisi” anche altrove.
E cioè a Rovigo dove si è replicata una situazione analoga che ha coinvolto suo malgrado nuovamente Donzelli: i pm della città veneta hanno infatti aperto un fascicolo in cui i reati ipotizzati sono quelli di concorso abusivo a sistemi informatici e scambio d’identità, e l’hanno fatto dopo che un giorno di luglio i vertici nazionali del primo partito di governo – tra cui Donzelli – si sono svegliati e hanno trovato nei loro telefoni una strana mail inviata dalla consigliera comunale Sara Moretto.
Nel testo venivano screditati e delegittimati colleghi in quota FdI. Ma Moretto, sorella del presidente dell’assise rodigiana, non aveva mai inviato quelle mail e ha subito sospettato che tra i “colpevoli” ci potessero essere esponenti del suo partito: gli unici a poter conoscere alcuni dei dettagli del contenuto delle mail.
Ombre di dossieraggio
Ma, tornando a Prato, a emergere è anche un ulteriore particolare contenuto nelle lettere delatorie. Un particolare assai oscuro. Che porta a chiedersi se i vertici di Fratelli d’Italia fossero già a conoscenza di quanto stava avvenendo. «Di tutto questo gli onorevoli di Fratelli d’Italia sono a conoscenza da ottobre 2024. E voi continuate a sostenerlo?», quanto riportato nel testo di una delle lettere in riferimento a Cocci. Un interrogativo che apre grandi crepe. E soprattutto rimanda alla guerra intestina nel movimento, all’interno del quale, secondo la denuncia di Cocci agli investigatori, esponenti interni del partito stavano realizzando «un’attività di dossieraggio su appartenenti a FdI a Prato».
Ora Donzelli, tra le parole chiave che i tecnici dovranno cercare nei «reperti sequestrati» – tra di essi figurano, tra gli altri, anche quelli di altri politici come La Porta (Chiara, ndr), Torselli (Francesco, ndr) e Silli (Giorgio, ndr) – potrebbe, come detto, essere sentito dalla procura pratese. Eventualmente cosa dirà ai magistrati? I vertici di Fratelli d’Italia erano realmente a conoscenza delle vicende toscane dallo scorso anno? E se così fosse perché non avrebbero denunciato l’ombra del presunto dossieraggio? Al momento non è dato sapere ma l’inchiesta della procura – incentrata su massoneria, relazioni pericolose e intrighi politici – è pronta ad allargarsi. Sono partite mercoledì le operazioni dei consulenti tecnici sui dispositivi dei due indagati che «in concorso tra loro e con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso (...) offendevano la reputazione di Tommaso Cocci inviando plurime delazioni».
Operazioni, quelle sui dispositivi di Poggianti e su quelli di Belgiorno, che nelle scorse settimane ha ricevuto l’avviso di conclusione indagine per truffa ai danni dello Stato, che si concluderanno tra quaranta giorni. Solo allora si potrà capire cosa c’è nei telefoni dei “fratelli coltelli”? Per ora la nebbia resta fitta.
© Riproduzione riservata



