Il procedimento giudiziario sull’affaire della compravendita, con i fondi riservati della Segreteria di Stato, di un immobile di lusso situato in Sloane Avenue, a Londra prende una nuova piega. Il promotore di giustizia Diddi, nell’appellarsi rispetto alla sentenza di primo grado, ha commesso errori formali che hanno portato alla decisione della Corte. Le conseguenze non sono di poco conto
Da processo del secolo a processo infinito: è questa la piega che sta prendendo il procedimento giudiziario in corso in Vaticano sull'affaire della compravendita, con i fondi riservati della Segreteria di Stato, di un immobile di lusso situato in Sloane Avenue, a Londra. Questo almeno è quanto sta emergendo dalle prime udienze del processo di appello segnate da una serie di colpi di scena che, di fatto, stanno mettendo in discussione le scelte compiute dall’accusa nel primo grado del procedimento.
In breve, nell'udienza del 25 settembre è accaduto che la Corte d'appello vaticana, presieduta da mons. Alejandro Arellano Cedillo, ha dichiarato l'inammissibilità dell'appello proposto dal promotore di giustizia Alessandro Diddi rispetto alla sentenza di primo grado del 16 dicembre 2023. In sostanza, se le difese avevano fatto ricorso in appello per tentare di ribaltare la sentenza, altrettanto aveva fatto l’ufficio del promotore di giustizia (equivalente al pubblico ministero), solo che quest’ultimo aveva commesso una serie di errori formali che hanno determinato la decisione della Corte.
In pratica, il promotore Diddi non aveva depositato una dichiarazione con la quale impugnava la sentenza di primo grado, ma si era limitato a depositare la requisitoria pronunciata al termine del processo (un atto, dunque, antecedente alla stessa formulazione e alla pronuncia della sentenza), senza contare che non aveva rispettato i tempi per farlo. Da qui la richiesta delle difese, avanzate lo scorso 23 settembre, di non ammettere l'appello del promotore di giustizia vaticano, cosa che in effetti è avvenuta.
Assoluzioni confermate
Le conseguenze non sono di poco conto. Si consideri infatti che, in base alla normativa, non potranno esserci aggravi di pena, ma al limite conferme di quanto è stato stabilito in primo grado, oppure le stesse pene potranno essere alleviate o cancellate. La Corte d'appello ha, concretamente, confermato alcune delle assoluzioni decise in primo grado (che erano state oggetto di appello dall’accusa) e ora il processo si concentrerà solo sui ricorsi delle difese e proseguirà il prossimo 6 ottobre.
La Corte, nell'ordinanza letta in aula, citando gli articoli 131 e 486 del Codice di procedura penale, «ha accolto l’eccezione di inammissibilità dell’appello proposto dal promotore di giustizia» perché «i motivi (della impugnazione) non possono formularsi in forma generica o astratta, ma avere una sia pur minima determinatezza che possa consentire di comprendere il rapporto critico tra le ragioni della decisione e il fondamento razionale delle correlative censure».
Il presidente della corte, mons. Arellano, ha poi dato lettura di una sentenza parziale. Introducendola ha citato il favor rei (le garanzie in favore dell’accusato), rimarcando così il rispetto dei principi del giusto processo. «La Corte di appello in nome di Sua Santità Papa Leone XIV visto l’articolo 134 del Codice di procedura penale dichiara non doversi proseguire azione penale perché divenuta definitiva la sentenza del 16 dicembre 2023 del Tribunale dello Stato della Città del Vaticano nei confronti dei sopra indicati imputati, limitatamente ai capi di imputazione trascritti».
Gli imputati in questione sono il cardinale Giovanni Angelo Becciu, Fabrizio Tirabassi, Reneé Brüllhart e Tommaso Di Ruzza, rispettivamente presidente e direttore dell’AIF (attuale ASIF), e monsignor Mauro Carlino. Sono state confermate le assoluzioni del primo grado o perché «il fatto non sussiste» o perché «non costituisce reato». Nel caso del cardinale Becciu, ad esempio, si tratta delle assoluzioni dall’abuso d’ufficio e dal peculato nella vicenda che vedeva coinvolto il finanziere Alessandro Noceti.
La sentenza intermedia, precisa tuttavia il portale d’informazione Vatican news, «non interessa tutte le assoluzioni decise in primo grado, il 16 dicembre 2023, ma solo una parte di esse che diventano in tal modo definitive. La Corte di appello si concentrerà sugli appelli proposti dalle parti alle condanne che potranno essere confermate o modificate».
«Un bel segno, ma c’è un cammino da fare», ha dichiarato, uscendo dall’aula, il cardinale Becciu. Soddisfatti anche gli avvocati di diversi imputati, secondo i quali «il processo del secolo non esiste più».
Cambia il vento
Accanto a ciò non va dimenticato che in aula, in Vaticano, a rappresentare l‘accusa non c’era il promotore Alessandro Diddi ma li promotore aggiunto Roberto Zannotti. Diddi, infatti, non potrà prendere parte al processo finché la Corte di Cassazione vaticana non si sarà pronunciata sulla sua ricusazione richiesta dalle difese e ammessa dalla Corte d’appello.
Certo il vento è cambiato Oltretevere rispetto a questa intricata vicenda con il nuovo papa, diverse forzature messe in atto dall'accusa nel procedimento non sembrano più trovare spazio, i diritti della difesa vengono maggiormente garantiti, ma se tutto questo si tradurrà in una sentenza che capovolge il giudizio di primo grado è questione che resta aperta.
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