«In queste settimane dipendiamo completamente da vaccini stranieri e combattiamo per avere il maggior numero possibile di somministrazioni, ma l’Italia punta all’indipendenza». Sono le parole che l’ex commissario straordinario all’emergenza per il Covid, Domenico Arcuri, ha pronunciato il 5 gennaio 2021 dopo la pubblicazione dei risultati sulla fase 1 del vaccino ReiThera, l’azienda con sede a Castel Romano a pochi chilometri dalla capitale.

È passato circa un anno e del vaccino made in Italy ancora non c’è. E probabilmente non ci sarà mai. Gli annunci della politica promettevano 100 milioni di dosi l’anno e un’indipendenza dalle consegne ritardatarie delle Big pharma. Nel frattempo il governo Conte bis non c’è più e neanche Arcuri, oggi indagato per peculato e abuso d’ufficio dalla procura di Roma nell’ambito dell’inchiesta sulle mascherine provenienti dalla Cina.

Percorso incidentato

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Nella fase iniziale la regione Lazio insieme al Cnr ha investito in totale 8 milioni di euro per portare a termine la prima fase dello sviluppo del vaccino ReiThera in collaborazione con l’Istituto Spallanzani di Roma.

I lavori procedono senza intoppi e i primi risultati sono positivi. Si arriva alla conferenza di Arcuri che annuncia i buoni esiti della fase 1 e a fine gennaio lo stesso commissario per l’emergenza Covid comunica alla stampa che Invitalia acquisterà il 27 per cento delle quote societarie di ReiThera, annunciando anche un contratto di sviluppo di circa 80 milioni di euro. L’obiettivo è produrre circa 10 milioni di dosi al mese e far respirare l’allora campagna vaccinale che procedeva al di sotto degli obiettivi previsti.

Inizia così, a febbraio, la fase 2 della sperimentazione, a cui si sottopongono anche personalità note, come l’imprenditore Riccardo Illy e lo scrittore Gianrico Carofiglio. L’azienda biotecnologica anticipa quindi circa 12 milioni di euro, convinta della buona volontà di Invitalia di voler investire nel nuovo vaccino Grad-Cov2, un farmaco che si basa su un vettore adenovirale, la stessa tecnologia utilizzata da AstraZeneca e Johnson&Johnson.

Ma i sogni della piccola azienda di Castel Romano si scontrano con il parere negativo della Corte dei conti che boccia il finanziamento di 80 milioni (di cui soltanto il 60 per cento a fondo perduto) promesso da Invitalia.

Stop alla fase tre

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A metà luglio l’azienda pubblica i risultati della seconda fase della sperimentazione. La risposta immunitaria sui 917 volontari che hanno partecipato al trial ha dato ottimi risultati. «Tre settimane dopo la prima dose si osserva una risposta anticorpale contro la proteina Spike in oltre il 93 per cento dei volontari, e si raggiunge il 99 per cento dopo la seconda somministrazione», si legge nel comunicato di ReiThera.

Sembrerebbe tutto pronto per la fase 3 che richiede il reclutamento di circa 10mila volontari, ma senza fondi il progetto non può andare avanti. Per presentare un dossier autorizzativo all’Aifa e continuare lo studio c’è bisogno di una copertura finanziaria che ora l’azienda di Castel Romano non dispone.

Dopo la bocciatura della Corte dei conti, ReiThera ha iniziato una discussione con Invitalia per presentare un progetto simile a quello già sottoposto al vaglio dell’organo giudiziario ma con delle modifiche per avere, questa volta, un parere finale positivo. Ma anche la presentazione del nuovo progetto a oggi è fermo. Sulla questione ha influito il diktat europeo di voler continuare la campagna di immunizzazione con i vaccini a tecnologia mRna (Pfizer e Moderna) piuttosto che con quella adenovirale dopo i vari casi di trombosi che si sono verificati nei mesi più intensi della campagna vaccinale.

Arriva Bill Gates

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Nel frattempo, la fondazione Bill e Melinda Gates ha deciso di finanziare la ricerca di un potenziale vaccino di seconda generazione sia contro le possibili varianti del Sars-Cov-2 sia contro l’Hiv.

Il progetto permette a ReiThera di accedere alla rete di conoscenza e di know how delle aziende e fondazioni finanziate dal filantropo americano fondatore di Microsoft. «Il progetto è pensato affinché traggano beneficio dai risultati principalmente i paesi a basso e medio reddito, in particolare dell’Africa, che sono colpiti in misura maggiore deall’Hiv e hanno attualmente accesso molto limitato ai vaccini contro il Covid». 

Che ne sarà di chi ha partecipato alla sperimentazione?

Dopo aver ricevuto le lodi da parte delle istituzioni per la disponibilità a partecipare alla sperimentazione i 917 volontari si sono ritrovati in un limbo inesplorato. In base alle ultime disposizioni, il governo ha deciso che i volontari sono esenti dal green pass, dato che non è scaricabile avendo questi ricevuto le dosi di un vaccino con ancora approvato né dall’Ema né dall’Aifa. Per chi ha intenzione di partecipare a eventi o attività in cui è richiesto il super green pass basta presentare una valida certificazione rilasciata dal medico responsabile del centro di sperimentazione. 

Ma per cercare di “regolarizzare” la loro situazione sanitaria il ministero della Salute ha permesso ai volontari di prenotare la dose di vaccino con uno di quelli ufficialmente riconosciuti, anche se non si ha idea ancora degli effetti che questo possa provocare nella popolazione, visto che non ci sono studi a riguardo. Dopo i canti e le lodi il famoso vaccino italiano rischia di non realizzarsi più. Servono soldi e fondi per poterlo portare avanti e Invitalia sembra non avere intenzione di saperne più nulla.

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