I Paesi Bassi sono entrati in lockdown questa settimana, l’Austria ne è uscita due settimane fa. In Irlanda è in vigore il coprifuoco, mentre di lockdown si inizia a discutere nel Regno Unito e in Germania. Ma è proprio inevitabile ricorrere alla più dura delle restrizioni per appiattire la curva della quarta ondata?

L’Italia, insieme a molti paesi del sud Europa ha ancora un vantaggio temporale sul resto del continente. L’epidemia è arrivata tardi e anche se ora i casi iniziano a crescere in maniera esponenziale, siamo ancora a qualche settimana da distanza da picchi simili a quelli che hanno costretto Austria e Paesi Bassi a richiudere.

Non molto è stato fatto per evitare questo esito, come abbiamo scritto su Domani, ma in realtà ci sono diverse azioni, suggerite dagli scienziati o tentate in altri paese, che potrebbero essere messe in campo. Il punto è: riusciremo a metterle in pratica e non è già troppo tardi?

Zero Covid

Si tratta della strategia più radicale e difficile da mettere in pratica. In sostanza, prevede di aggredire il contagio non appena si manifesta, imponendo duri e rapidi lockdown localizzati nelle aree di focolaio, cercando però di mantenere la normalità nelle aree libere dall’epidemia.

Per attuare questa strategia serve un elevata capacità di tracciamento, in modo da identificare rapidamente i focolai. Altrettanto importante è la volontà politica di chiudere rapidamente, non appena pochi casi fanno sospettare una trasmissione fuori controllo. Infine, serve una severa sorveglianza delle frontiere, per evitare la continua “importazione” di casi dall’estero.

Soltanto pochi paesi al mondo hanno tentato e messo in pratica con successo una strategia zero Covid. Cina, Taiwan e Corea del Sud sono gli esempi più citati, ma anche il Vietnam ha adottato una strategia simile, insieme ad Australia, Nuova Zelanda e Giappone.

In Europa si è parlato brevemente di attuare una strategia zero Covid la scorsa primavera, quando la riduzione dei casi aveva reso possibile ipotizzare l’eliminazione del virus. Ma del progetto non si è fatto nulla. Nessun paese ha tentato questa strada, anche perché è difficilmente percorribile in un’area di libera circolazione delle persone senza un accordo internazionale.

Smart working 

Un metodo più semplice per ridurre i contagi è favorire il telelavoro, riducendo così l’affollamento dei mezzi pubblici e le possibilità di contagio in ufficio o in fabbrica. I governi possono imporre il lavoro da remoto nelle pubbliche amministrazioni e posso spingere o incentivare i privati a fare altrettanto, come ha appena fatto quello Svizzero.

Il lavoro da remoto è una soluzione molto utilizzata nelle economie più avanzate e dalle grandi imprese. Stati Uniti e Regno Unito erano paesi dove già prima della pandemia si lavorava molto da remoto e la pratica è cresciuta ancora negli ultimi due anni.

L’Italia, con la sua economica manifatturiera basata su moltissime piccole imprese, ha invece fatto poco su questo fronte. I dati sulla mobilità indicano che gli italiani hanno continuato a lungo a recarsi sul posto di lavoro o sono tornati in presenza molto prima degli altri paesi.

Non ha aiutato la decisione del ministro della Pubblica amministrazione Renato Brunetta, che a ottobre ha imposto il ritorno in presenza a tutti i lavoratori pubblici, rifiutando di tornare sulla sua decisione anche di fronte al picco degli ultimi giorni.

Mascherine

L’obbligo di mascherina nei luoghi pubblici è ritenuto uno dei fattori che hanno contribuito a rallentare la pandemia. Le mascherine sono infatti rimaste obbligatorie per tutta l’estate in quasi tutto il sud Europa, mentre venivano abbandonate nel resto del continente.

Ma di fronte ad Omicron sono sempre più numerosi medici secondo cui il semplice obbligo di mascherina chirurgica non è più sufficiente. Suggeriscono invece di adottare l’obbligo delle più efficaci mascherina Ffp2 per frequentare luoghi particolarmente affollati, come mezzi pubblici e supermercati.

Questa strategia era stata adottata da Germania e altri paesi europei durante il picco delle scorso inverno.

Coprifuoco

Subito prima del lockdown vero e proprio, i governi possono tentare la strada del coprifuoco: imporre la chiusura di bar e ristoranti a una certa ora, scoraggiando quindi le aggregazioni sociali per ragioni di svago. È la strada scelta dall’Irlanda, dove a partire dall’ultimo fine settimana i locali devono chiudere alle 20.

Ma il coprifuoco da solo non è in genere ritenuto sufficiente a fermare un forte incremento dei casi. Nell’autunno del 2020, Francia e Italia hanno adottato il coprifuoco per rallentare la seconda ondata, ma senza successo. Entro la fine dell’anno, entrambi i paesi sono tornati in lockdown.

Scuole

La quarta ondata è arrivata con le scuole aperte in quasi tutta Europa e gli studenti sono diventati rapidamente una delle categorie più colpite dal contagio. Per questa ragione, in diversi paesi è stato suggerito di chiuderle, magari allungando le ferie natalizie. 

Nei Paesi Bassi, le scuole sono state chiuse come parte dell’attuale lockdown. In Polonia, invece, il ritorno della didattica a distanza è la principale misura per contrastare l’attuale picco scelta dal governo.

Tra le varie soluzioni possibili, quella di chiudere le scuole è tra le meno popolari. Sia per i disagi che causa ai genitori che lavorano, sia per i danni all’apprendimento e le conseguenze psicologiche per gli studenti. I contagi scolastici rimangono però un problema significativo. A Imperia, ad esempio, la provincia italiana più colpita dalla quarta ondata, numerosi focolai hanno avuto origine proprio all’interno delle scuole.

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