Secondo il giudice la scelta di far decorrere il vincolo sul secondo anello dal 10 novembre, e non prima come vorrebbero i comitati, non è «manifestamente illogica». Cade così anche l’ultimo ostacolo alla vendita: squadre e comune accelerano e puntano ad un accordo entro il fine settimana
«Le valutazioni espresse nel parere preliminare della competente Soprintendenza non appaiono implausibili». Così il Tribunale amministrativo regionale della Lombardia respinge il ricorso, presentato dai comitati Si Meazza, sulla data di decorrenza del vincolo storico sul secondo anello dello stadio San Siro. Secondo il Tar non ci sarebbero errori nelle valutazioni che hanno portato ad indicare il 10 novembre come «data di riferimento per la verifica del decorso dei 70 anni dalla “esecuzione” dei lavori stessi».
Una decisione attesa da società e comune, che ora puntano ad accelerare sulla vendita dell’area: l’obiettivo è trovare un accordo entro il fine settimana.
La vicenda
La pronuncia del Tar, infatti, era l’ultimo grande ostacolo da superare per poter avviare ufficialmente l’iter per la cessione dell’area del Meazza. Nei mesi scorsi, i comitati di quartiere contrari alla vendita di San Siro avevano infatti presentato un ricorso per chiedere la sospensione cautelare degli atti preliminari alla cessione dello stadio.
Un modo per opporsi alla decisione della Soprintendenza, che ha fissato al 10 novembre lo scadere dei 70 anni dalla costruzione del secondo anello. Una scelta ritenuta «errata, arbitraria e ingiustificata» dai comitati che, attraverso documenti e immagini dell’epoca, avevano tentato di dimostrare come il secondo anello fosse già in funzione ben prima di quella data. A loro avviso, insomma, il vincolo esisterebbe già e fissarlo al 10 novembre rappresenterebbe un favore a squadre e comune.
Ma se è vero che nella documentazione presentata dai comitati appare evidente come il secondo anello fosse già in uso mesi prima del 10 novembre, il Tar ha deciso di sposare la tesi della Soprintendenza. L’avvocato Olmi aveva infatti ribadito come «il periodo di 70 anni si calcola dalla data di esecuzione, ossia dal momento in cui la loro costruzione sia portata a compimento» e non «durante le diverse fasi costruttive». Il fatto che, prima del completamento dei lavori, il secondo anello fosse già parzialmente in uso non rappresenta quindi una motivazione sufficiente per spostare la data in cui far scattare il vincolo.
Nella sua pronuncia il Tar ha ribadito come quello espresso dalla Soprintendenza «è un apprezzamento di merito, di per sé non sindacabile» in quanto frutto di una valutazione tecnica che «in qualsiasi campo non offre sempre risposte univoche». Il verdetto del giudice, dunque, non è un verdetto sul merito della valutazione della Soprintendenza ma sulla sua legittimità.
«In altri termini - ricorda il giudice - la domanda a cui il giudice deve rispondere non è se sia d’accordo o meno con la valutazione effettuata, ma se tale manifestazione di giudizio sia o meno abnorme». E così è stato. La data del 10 novembre, secondo il giudice, non si rivela «manifestamente illogica» e dunque il vincolo sul secondo anello scatterà in quella data.
I prossimi passi
Ora che anche questo capitolo si chiude con un parere favorevole, Milan, Inter e Comune puntano ad accelerare per concludere l’operazione quanto prima. L’obiettivo è definire al più presto l’accordo che porterà alla cessione dello stadio ai due club, che intendono acquisirlo attraverso una società veicolo mista, partecipata anche da fondi di investimento privati.
Il tempo stringe e tutte le parti sono già da settimane al lavoro sull’accordo, che potrebbe arrivare entro la fine della settimana. Nella tabella di marcia, serratissima, immaginata dal sindaco Beppe Sala, il testo dell’intesa potrebbe arrivare in giunta già lunedì 21 luglio per poi essere discusso nei giorni successivi nelle commissioni e in Consiglio.
E proprio sul piano politico si giocherà l’ultima partita. Diversi consiglieri negli scorsi mesi hanno evidenziato perplessità sulla vendita dell’area e ora anche la maggioranza sembra vacillare. A creare malumori è in particolare l’indisponibilità dei club a soddisfare alcune richieste dell’amministrazione per la riqualificazione dell’area. Ancora non ci sono garanzie, ad esempio, sui 40 milioni di oneri di urbanizzazione richiesti dal comune per la riqualificazione del quartiere.
Anche il 50 per cento di verde permeabile (dall’acqua piovana, ndr) sembra irrealizzabile: secondo il piano presentato dai club, l’area sarà verde al 52 per cento, ma solo il 18,5 per cento sarà realmente permeabile. Una situazione che agita la maggioranza, come testimoniano le parole del capogruppo di Europa Verde, Tommaso Gorini, che ha ribadito la contrarietà del suo gruppo, sottolineando che «non siamo gli unici in maggioranza che si sono esposti contro questa operazione, quindi potrebbero esserci sorprese».
Il progetto
E a rendere ancor più complessa una valutazione vi è il fatto che il nuovo stadio di Milan e Inter resta, per ora, un’idea senza volto. Il progetto vero e proprio non c’è e sarà presentato solo dopo la vendita dell’area, che avverrà insomma “a scatola chiusa”.
Nel documento depositato a marzo l’impianto compare come un ovale stilizzato, senza dimensioni né dettagli architettonici, e finora non è stato pubblicato alcun rendering definitivo. Il problema è evidente: senza un progetto concreto, non è possibile sapere quanto lo stadio sarà distante dalle abitazioni, quale sarà l’impatto visivo sull’area e come verrà gestito il rapporto con il quartiere.
Si discute di percentuali di verde e vincoli urbanistici, ma manca l’elemento centrale: sapere davvero cosa si costruirà e dove.
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