La Superlega è stramorta ma il suo cadavere viene agitato come uno spauracchio nella battaglia per ottenere il vero obiettivo di fondo: l’attacco alla posizione di monopolio dell’Uefa e anche della Fifa come enti organizzatori delle competizioni calcistiche ufficiali internazionali.

Le recenti evoluzioni sulle prospettive organizzative della manifestazione (della quale, come raccontato da Domani nei giorni scorsi, si prospetta adesso una versione molto meno elitaria) hanno fatto trasparire che in termini tecnico-agonistici l’architettura della competizione vira verso un downgrading, praticamente una modestia programmata.

Ma al tempo stesso le indiscrezioni portate a conoscenza dal Financial Times il 24 ottobre avvertono che il vero oggetto della contesa è ben altro. L’articolo del quotidiano economico segnala infatti che i tre irriducibili club della Superlega (Barcellona, Juventus e Real Madrid) hanno deciso di attaccare l’Uefa e la Fifa in sede di giurisdizione comunitaria, mettendone in discussione tanto il monopolio politico e organizzativo, quanto una certa promiscuità di profilo istituzionale.

Il caso è complesso e per questo motivo bisogna scindere i due piani della questione: da una parte la prospettiva che il campionato d’élite per club abbia qualche possibilità di essere istituito e organizzato, ciò che a questo punto costituisce un elemento di narrazione giornalistica buono a fare da arma di distrazione di massa; dall’altra l’attacco all’architettura istituzionale del calcio continentale e mondiale, che mette nel mirino il diritto dell’Uefa e della Fifa a organizzare, regolare e sanzionare l’attività agonistica ufficiale dei club (cioè di soggetti di natura privatistica), dunque ciò che possiamo definire “la ciccia”.

La campagna che i reduci della Superlega si accingono a scatenare presso i fori comunitari mira alla ciccia anche se insiste a agitare il cadavere di una competizione continentale per club che nessuno vuole, ma poiché esso continua a essere tema di polemica accesa ha il merito di tenere desta l’audience intorno a questo dossier. E se davvero è questo il senso della battaglia, rimane un interrogativo cui la triade dei club farebbe bene a rispondere: stanno facendo la guerra per sé o per qualcun altro? Quali sono i reali interessi dietro i tre utili kamikaze?

L’attacco al monopolio

Come riferito dal Financial Times, una denuncia è stata depositata presso la Corte di Giustizia Europea da A22, la società con sede in Spagna formata con lo scopo di organizzare la Superlega e esserne la legale rappresentante.

Nella denuncia si fa riferimento al fatto che tanto l’Uefa quanto la Fifa siano al tempo stesso organismi regolatori, poiché organizzano le manifestazioni e hanno il potere di elevare sanzioni, ma presentino anche una natura economica da mercato concorrenziale perché molte delle manifestazioni da esse organizzate (e si fa riferimento specifico alla Champions League, sotto egida Uefa) determinano un elevatissimo impatto economico-finanziario e perciò consentono di manovrare una leva redistributiva dall’esorbitante peso politico.

E relativamente a tale aspetto della questione, poco da eccepire. Il profilo delle due confederazioni è effettivamente promiscuo e si tratta di un nodo giuridico che prima o poi andrà sciolto. Ma intanto che ciò non avviene, ecco che tale promiscuità pone delle situazioni difficili da dirimere in punto di diritto.

Per esempio quella che, dopo il grottesco tentativo di far partire la Superlega azionato lo scorso aprile, è rimasta sul tappeto: l’Uefa ha il diritto di sanzionare i club che hanno aderito a una competizione ufficiale di rango continentale ma non da essa organizzata? Intorno a questo interrogativo gravitano molti elemento del monopolio Uefa (e Fifa). E in questo senso i segnali provenienti dalla giurisprudenza comunitaria non sono incoraggianti per le confederazioni calcistiche internazionali.

Poco meno di un anno fa, dicembre 2020, la medesima Corte di Giustizia dell’Ue cui si è rivolta A22 ha dichiarato illegittime le sanzioni elevate dall’International Skating Union (Isu), la federazione internazionale degli sport sul ghiaccio, nei confronti delle atlete e degli atleti che hanno partecipato a competizioni internazionali organizzate al di fuori della sua egida. E il testo della sentenza è molto chiaro: una federazione internazionale, nella sua natura di ente regolatore, non può anche proteggere i propri interessi concorrenziali impedendo a soggetti sottoposti alla sua regolazione la partecipazione a manifestazioni organizzate da enti terzi e concorrenti.

Tanto più che atlete e atleti sono a loro volta soggetti privati nonché portatori di diritti e libertà personali non conculcabili. Dunque esiste un recente esito giudiziale che in sede comunitaria stabilisce e sanziona una posizione di monopolio e ostacolo della libera concorrenza da parte di una federazione sportiva internazionale. E questo precedente fa da alimento per la battaglia giuridica che A22 e i sostenitori della Superlega calcistica europea stanno conducendo nei confronti dell’Uefa e della Fifa.

Una battaglia politica

Dunque sul piano del diritto comunitario la battaglia prende una direzione che potrebbe non essere favorevole alle confederazioni calcistiche europee e mondiali. E riguardo a quest’ultima, la Fifa, c’è da sottolineare che l’attacco al suo monopolio (fin qui non di particolare interesse per i club secessionisti) potrebbe spalancare scenari inediti.

Nei mesi successivi al fallito tentativo di inaugurare la Superlega sono state fatte molte ipotesi dietrologiche. Fra queste, parecchio si è chiacchierato sul ruolo che dietro le quinte potrebbe essere stato giocato dal presidente della Fifa, Gianni Infantino, interessato a indebolire il potere dell’Uefa guidata dall’avvocato sloveno Aleksander Ćeferin per esercitare un potere assoluto sul calcio mondiale. Quanto di vero vi sia dietro questa ipotesi, non è ancora dato sapere. Ma adesso l’attacco sferrato da A22 a Uefa e Fifa, accomunate nel rango di organizzazioni detentrici di una posizione monopolistica e anticoncorrenziale, cambia lo scenario. Significherà mica che i soggetti interessati a radere al suolo l’edificio istituzionale del calcio siano interessati anche a mettere le mani sulle competizioni internazionali riservate alle rappresentative nazionali?

Vista la taglia degli attori economici che potrebbero essere coinvolti nell’operazione (non va dimenticato che a fare da grande regista del fallito tentativo di Superlega è stata la banca d’affari Jp Morgan) è lecito aspettarsi di tutto. Anche che lo scontro diventi politico, oltrepassando i confini calcistici e economici. Va esattamente in quella direzione l’intervento di 15 governi nazionali dell’Unione Europea, fra i quali quello italiano, che nei giorni scorsi hanno firmato un appello rivolto alla Corte di Giustizia europea per comunicare una posizione contraria al progetto e ai principi della Superlega.

Nell’appello, di cui per prima ha dato riferimento la testata Politico, viene anche sottolineato che un campionato continentale d’élite per club sarebbe contrario al modello sportivo europeo, individuato dai documenti strategici comunitari di fine Anni Novanta come tipico dello sport continentale perché basato su caratteristiche nettamente distinte rispetto a altri modelli come quello dello sport professionistico nordamericano (cui invece tenderebbe la Superlega calcistica): organizzazione piramidale, attuazione di principi di solidarietà, meccanismo promozione-retrocessione come garanzia di ricambio e assenza di privilegio.

L’intervento dei governi nazionali è un segnale forte riguardo a una partita che si sposta sul terreno politico. Ciò che potrebbe avere l’effetto di influenzare il giudizio della Corte di Giustizia europea. Di ciò gli architetti della Superlega sono ben consapevoli e per questo danno segni di nervosismo. Hanno voluto la guerra ai massimi livelli, l’hanno avuta più di quanto auspicassero. Chiamasi principio di azione e reazione, ma per chi conosce solo il principio di azione e obbedienza si tratta di cosa aliena.

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