La variante Delta spaventa, ma i buchi della campagna vaccinale ancora di più. Mentre quella che in origine veniva chiamata variante indiana del Covid-19 mette in ginocchio il Regno Unito e continua la sua espansione negli altri paesi europei, il governo si prepara a convocare una nuova cabina di regia per farsi trovare pronto in caso di riacutizzarsi dell’emergenza. Quella che si è appena conclusa, del resto, è stata una settimana che ha visto un nuovo aumento dei contagi (+5 per cento) dopo quasi quattro mesi di discesa continua. Anche se, al momento, gli ospedali non ne stanno risentendo. 

Rallenta pericolosamente invece, tra forniture in ritardo e cittadini che rifiutano la somministrazione, la campagna vaccinale. «Il problema non è la variante Delta: ma i circa 2,3 milioni di over 60 che non sono stati ancora vaccinati», fa notare il presidente della fondazione Gimbe, Nino Cartabellotta. Un’urgenza, quella di mettere in sicurezza la parte di popolazione non ancora protetta dal vaccino, sottolineata anche dall’Istituto superiore di sanità. Il monitoraggio settimanale realizzato con il ministero della Salute, infatti, conferma che la maggior parte dei nuovi contagi negli ultimi 14 giorni hanno riguardato soggetti non vaccinati o che hanno ricevuto solo la prima dose.

La protezione del vaccino

L’Iss stima che «la completa vaccinazione, secondo le dosi previste, è efficace circa all’80 per cento nel proteggere dall’infezione e fino al 100 per cento dagli effetti più gravi della malattia, per tutte le fasce di età». Andando più nel dettaglio, per i ricoveri ordinari l’efficacia varia dal 91 al 97,4 per cento, con il valore più alto nella fascia 40-59 anni. Per i ricoveri in terapia intensiva l’efficacia è del 100 per cento nelle due fasce più giovani e scende al 96,9 per cento negli over 80. 

Al 30 giugno, il 57,1 per cento della popolazione ha ricevuto almeno una dose di vaccino e il 31,1 per cento ha completato il ciclo vaccinale. Restano ancora “in frigo”, da somministrare, 4.294.989 milioni di dosi.

Over 60 a rischio

Gli over 60 a rischio di malattia grave, privi di adeguata copertura contro la variante Delta, sono in realtà oltre 7 milioni. Un numero che si raggiunge sommando i 2,29 milioni che non hanno ancora ricevuto nemmeno una dose di vaccino – con ampie differenze regionali, tra il 22,6 per cento della Sicilia e il 7,7 per cento della Puglia – agli oltre 4,6 milioni che devono completare il ciclo dopo la prima dose: 3.154.159 con AstraZeneca, 1.286.101 con Pfizer-BioNTech e 208.255 con Moderna. Tra le persone a rischio, segnala Gimbe nel monitoraggio riferito al periodo 30 giugno-6 luglio, ci sono anche circa 500mila over 80 non totalmente coperti dal vaccino.

Gli ospedali

La risalita dei positivi al Covid-19 non ha ancora nessun impatto sulla pressione ospedaliera. Anzi, tutti gli indicatori sono in deciso calo: -24,2 per cento i ricoveri, -30,7 per cento le terapie intensive occupate, -26,4 per cento i decessi.

Consegne in ritardo

La Fondazione Gimbe punta inoltre l’obiettivo sulle forniture di vaccino, facendo un confronto tra quelle stimate nel piano vaccinale e quelle effettivamente registrate finora. Rispetto alle previsioni del governo, rimarrebbero da consegnare circa 20,9 milioni di dosi, il 27,4 per cento di quelle originariamente previste. «Rispetto alle forniture stimate nel Piano vaccinale - dice Cartabellotta – nel secondo trimestre sono state consegnate 15.234.673 dosi in meno rispetto al previsto, sia per la mancata autorizzazione di CureVac (48 per cento delle dosi mancanti), sia per le consegne inferiori all’atteso da parte di AstraZeneca (15,6 per cento del totale) e Johnson & Johnson (33,2 per cento)».

Gli obiettivi prioritari

Considerando i dati e pur non conoscendo al momento l’esatta prevalenza della variante Delta in Italia – che l’Iss stima al 22,7 per cento – secondo Gimbe «la documentata limitata efficacia di una singola dose di vaccino» e la sua maggiore contagiosità richiedono una revisione delle strategie vaccinali. Gli obiettivi prioritari sono due: da un lato raggiungere il maggior numero possibile di over 60 che non hanno ancora ricevuto nemmeno una dose di vaccino, dall’altro anticipare quanto possibile la somministrazione della seconda dose in questa fascia anagrafica.

Tuttavia, se per i vaccini a mRNA l’intervallo minimo tra le due dosi può essere riportato a quello originale (21 giorni per Pfizer-BioNTech e 28 giorni per Moderna), diverso è il caso di AstraZeneca. Sebbene infatti il richiamo sia formalmente permesso dalle indicazioni del foglietto illustrativo a partire dalla quarta settimana successiva alla prima somministrazione, la circolare ministeriale n. 5079 del 9 febbraio 2021 raccomanda un intervallo ottimale di 10-12 settimane per garantire una maggiore efficacia del vaccino.

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