Care lettrici, cari lettori

la newsletter arriva in tempo per augurare a tutte e tutti un felice Natale. In questa settimana prima della fine dell’anno si sono sentiti molti scossoni nel settore giustizia.

Il ministro della Difesa, Guido Crosetto, è tornato alla Camera per spiegare cosa intendesse per «opposizione giudiziaria» ed è stato approvato il cosiddetto “emendamento Costa” che punta a impedire la divulgazione delle ordinanze di custodia cautelare, sollevando non pochi dubbi in materia di libertà di stampa.

Su questo interviene con un commento il professore di diritto penale alla Sapienza, Glauco Giostra, mettendo in luce le criticità del testo.

Infine, il caso Palamara torna ad aleggiare sulla Consulta e sul Csm, su cui trovate un approfondimento.

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L’emendamento Costa

La maggioranza, spinta soprattutto da Forza Italia, ha appoggiato l’emendamento proposto da Enrico Costa di Azione, che modifica l'articolo 114 del codice di procedura penale e vieta di pubblicare in forma «integrale o per estratto» il testo dell’ordinanza di custodia cautelare fino al termine dell’udienza preliminare, quindi fino al momento in cui inizierà il contraddittorio tra le parti.

L’emendamento alla legge di delegazione europea, che modifica la normativa sulla divulgazione degli atti processuali, è passato con 160 voti favorevoli alla Camera e – una volta approvato in via definitiva – sarà un bavaglio alla possibilità per i giornalisti di conoscere gli atti del processo, anche se non più coperti da segreto perchè conosciuti anche dalle parti.

Qui propongo un approfondimento pubblicato da Domani nel corso della settimana, per capire le possibili conseguenze.

Costa contro i magistrati

L’emendamento è stato l’occasione per Costa di puntualizzare anche la sua posizione rispetto ai magistrati. Nei giorni successivi, infatti, ha scritto su X: «E' un fiorire di interviste di magistrati o ex contro il divieto di pubblicare le centinaia di pagine delle ordinanze cautelari. Ieri i due pm di Genova, oggi Cantone, Zaccaro, Bruti Liberati. Chiediamoci perché sono così interessati alla diffusione degli atti processuali».

A seguire, sono intervenute anche altre voci autorevoli della magistratura. Il procuratore di Perugia Raffaele Cantone, per esempio, ha detto che «La norma non mi piace, ma non credo che l'allarme sia giustificato. Perché di fatto si tornerà alla situazione precedente al 2017, quando le ordinanze non potevano essere riportate integralmente». Tuttavia «La norma del 2017 è stata un grande passo avanti all'insegna della trasparenza, soprattutto perché consentiva al giornalista un'informazione molto più chiara e precisa. Non so quale sia l'obiettivo di Costa. Non sono d'accordo che la norma produca il 'buio' sulle indagini, però credo che sia un rilevante arretramento culturale né necessario né opportuno».

La Corte costituzionale contro Zanon

La Consulta è intervenuta con un duro comunicato per correggere i contenuti delle dichiarazioni dell’ex giudice costituzionale Nicolò Zanon sul caso Palamara, chiarendo che «i riferimenti alla discussione in camera di consiglio hanno ingenerato una rappresentazione distorta» delle motivazioni della sentenza sulle chat dell’ex magistrato.

Tutto è nato dalle parole di Zanon che, alla presentazione del libro La gogna di Alessandro Barbano sui fatti dell’hotel Champagne, aveva rivelato cosa era avvenuto durante la camera di consiglio di discussione per emettere la sentenza costituzionale sull’utilizzabilità delle chat di Palamara. «Qual è il non detto della sentenza? Che se diamo ragione alla Camera e le intercettazioni non sono più valide, a catena i processi disciplinari contro i cinque dell'Hotel Champagne finiscono in nulla».

«Tutte le sue sentenze possono essere criticate. Tuttavia, esse devono essere valutate non in ragione di asseriti “non detti”, bensì per la maggiore o minore persuasività delle loro motivazioni», si legge nel comunicato stampa della Consulta (in questo approfondimento c’è l’integrale).

Rispetto invece al fatto che la corte si sarebbe espressa in modo incoerente in due casi simili, «va evidenziata la netta differenza tra le due questioni: la sentenza n. 157 (sul caso Ferri ndr) riguardava i limiti della garanzia costituzionale dei parlamentari rispetto alle intercettazioni; la sentenza n. 170 (sul caso Renzi ndr) concerneva, invece, il sequestro di corrispondenza scritta (via whatsapp e e-mail) con un parlamentare».

La Camera nega le intercettazioni di Ferri

A partire da questo caso, è interessante segnalare che la Camera a deciso nuovamente – dopo la sentenza della Consulta criticata da Zanon – sull’utilizzabilità delle intercettazioni di Cosimo Ferri nel suo procedimento disciplinare, acquisite attraverso i trojan del cellulare di Palamara.

La Camera ha respinto a maggioranza la richiesta avanzata dal Csm, con il voto contrario di tutti i partiti del centrodestra, più Azione e Italia viva.

La vicenda è molto complicata (qui tutti i link per ripercorrerla): comincia con il procedimento disciplinare a Ferri, prosegue con il conflitto tra Camera e Csm (Ferri era parlamentare e gode delle guarentigie connesse) e poi con la sentenza della Consulta.

L’intervento di Crosetto

Dopo essere stato ascoltato anche dal procuratore di Roma Francesco Lo Voi, il ministro della difesa Guido Crosetto è di nuovo intervenuto in aula alla Camera in una informativa per spiegare il senso delle parole usate in una intervista in cui parlava di «opposizione giudiziaria».

Nel suo intervento è tornato a ribadire che le sue sono state «preoccupazioni e riflessioni riguardo alcune tendenze che vedo emergere nelle discussioni dei magistrati», poi ha letto alcune delle parole che erano state pubblicamente pronunciate al congresso di Palermo del gruppo associativo progressista di Area. In particolare, il ministro ha citato il passaggio in cui si evocava «una evidente insofferenza nei confronti della magistratura, nella sua costituzionale e fisiologica funzione antimaggioritaria» e quello in cui un magistrato diceva che «nella mediocrità di una politica impegnata ad assecondare gli istinti della folla, prigioniera delle sue pulsioni da social, dobbiamo assumerci la responsabilità della saggezza» e «la magistratura deve essere consapevole della posta in gioco».

Secondo il ragionamento di Crosetto, il senso dell’espressione «funzione antimaggioritaria» sarebbe stato che i magistrati della corrente progressista si sentirebbero politicamente opposti alla maggioranza di governo. In realtà, la locuzione di «funzione antimaggioritaria» è spesso utilizzata nella dottrina per riferirsi alla funzione degli organi di garanzia – primo tra tutti la Corte costituzionale – che non possiedono legittimazione elettorale ma sono istituzioni indipendenti con il compito di controbilanciare le altre a tutela del pluralismo.

L’esito finale non è stato quello di chiudere con lo scontro. I toni si sono immediatamente alzati nel dibattito d’aula, soprattutto con gli interventi della Lega e di Fratelli d’Italia, con anche la sponda di Azione con Enrico Costa, secondo cui «la magistratura tenta da anni di condizionare il parlamento».

La prescrizione slitta

La riforma della prescrizione, che era calendarizzata per questa settimana, slitta invece al 9 gennaio. Si tratta dell’ennesima riforma, che cancella la prescrizione processuale introdotta con la riforma Cartabia per tornare alla prescrizione sostanziale. Sul tema si erano espressi con una lettera anche i 26 capi delle Corti d’Appello, chiedendo che fosse introdotta almeno una norma transitoria per l’entrata in vigore, perchè la riforma aprirebbe al rischio del caos negli uffici con la riquantificazione dei tempi della nuova prescrizione. 

La Cassazione sull’assegno di divorzio

La Corte di cassazione ha stabilito che il periodo di convivenza prematrimoniale avrà un peso nell'assegno di divorzio, nel conteggio del mantenimento deve rientrare anche la vita assieme prima delle nozze.

Con la sentenza 35385, le Sezioni Unite hanno stabilito che per la quantificazione dell'assegno si deve tener conto anche della convivenza quando ha «i connotati di stabilità e continuità, in ragione di un progetto di vita comune», e vanno considerati anche i sacrifici e le rinunce lavorative o professionali compiute nel periodo precedente al matrimonio dal coniuge economicamente più debole. 

Il magistrato-poeta si dimette

Il magistrato del tribunale di sorveglianza di Perugia, Ernesto Anastasio, si è dimesso. Il suo caso è diventato famoso come quello del magistrato-poeta, che aveva accumulato un arretrato record di 858 fascicoli. Già sospeso dalle funzioni e dallo stipendio dalla Sezione disciplinare del Csm a settembre, rischiava la dispensa dal servizio ma ha preferito fermare la procedura presentando le dimissioni irrevocabili dalla magistratura.

Nell'ordinanza di sospensione, il Csm lo aveva definito «un magistrato che sostanzialmente rifiuta il lavoro» e lui stesso aveva detto che i suoi interessi erano orientati ad altri campi.

Cnf e Ucpi a Regina Coeli

Il Consiglio nazionale forense insieme a una rappresentanza dell'Unione camere penali italiane ha fatto una visita istituzionale al Carcere di Regina Coeli, a Roma, con l'obiettivo di approfondire la conoscenza delle condizioni detentive e instaurare un dialogo costruttivo con le autorità penitenziarie.

In virtù della funzione rieducativa della pena il Consiglio Nazionale Forense ha portato in dono 10 computer, che saranno messi a disposizione dei detenuti nella Biblioteca del carcere. 


 

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