Nell’ultimo mese molte città italiane sono state colpite da una scia di violenze, con modalità sempre più sfacciate. Ci avevano avvertiti che “avrebbero rialzato la testa”. Ora rialzano anche le mani. La democrazia non si difende da sola: per questo giovedì alle 18 ci ritroveremo in Largo Leopardi, davanti al Teatro Brancaccio, dove è avvenuta l’aggressione a Sahebi
Un paio di settimane fa è venuto a trovarmi mio padre a Roma. Prendiamo la metro a Piazza Vittorio e nel vagone insieme a noi c’è un uomo con una croce celtica appesa al collo, una stampata sulla maglietta e un tatuaggio sul braccio muscoloso raffigurante un’aquila bella grossa, con tanto di fascio littorio. Lo fisso, più che altro incuriosita da quell’ostentazione palese. Mio padre è incredulo ma, preoccupato che quello reagisca male, mi dice «non guardare». È stata la prima volta che mi sono resa conto di avere paura per una cosa del genere.
Pochi giorni prima, al Bar Statuto, un gruppo aveva aggredito clienti intonando cori fascisti e danneggiando il locale. Poi il quartiere è stato tappezzato da manifesti abusivi pieni di croci celtiche per commemorare Mario Zicchieri, militante del Fronte della Gioventù ucciso nel 1975.
E ancora, il 25 ottobre l’aggressione davanti al Teatro Brancaccio ai danni di Alessandro Sahebi, colpevole solo di indossare una felpa con scritto “Azione antifascista”. Tutto questo nel raggio di poche centinaia di metri.
Episodi che si inseriscono in una scia di violenze neofasciste che, nell’ultimo mese, hanno colpito Roma e altre città italiane - da Parma a Cesena, da Rieti a Pistoia - con modalità sempre più sfacciate. L’ultima, al liceo Righi occupato: un gruppo dell’ultradestra romana, al grido di «boia chi molla» e «duce, duce», ha distrutto una campana del vetro e lanciato bottiglie contro i cancelli.
L’appuntamento del 6 novembre
Ci avevano avvertiti che “avrebbero rialzato la testa”. Ora rialzano anche le mani, alimentando un clima di paura che minaccia la libertà e la convivenza democratica. Per questo il 6 novembre alle 18 ci ritroveremo in Largo Leopardi, davanti al Teatro Brancaccio, dove è avvenuta l’aggressione a Sahebi. E ci sarà anche lui, insieme alla compagna e attivista Francesca Bubba. In un presidio con associazioni, parlamentari, reti sociali e cittadini vogliamo dire una cosa semplice: non c’è spazio per il fascismo - né nelle strade, né nelle parole, né nelle istituzioni.
E non basta condannare. Chiediamo alle istituzioni di avere un ruolo attivo per ridurre la tensione. Al ministero dell’Interno chiediamo di sgomberare subito le sedi neofasciste, a partire da CasaPound in via Napoleone III. Alle istituzioni locali di applicare con rigore le leggi Scelba e Mancino, rimuovendo affissioni e propaganda neofascista e di istituire un Osservatorio cittadino sulla violenza politica, per raccogliere denunce e promuovere educazione civica. Infine, a prefettura, forze dell’ordine e istituzioni locali di intervenire sulle cause sociali - degrado, spaccio, marginalità - che creano alibi all’estrema destra.
All’Esquilino, dove la convivenza è una sfida e una promessa, vogliamo accendere un faro. Il 6 novembre saremo lì. Perché la democrazia non si difende da sola. E perché l’antifascismo è un presente da proteggere.
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