Questa è la campagna più difficile per il Partito democratico: affrontato dagli altri tre poli, si gioca la sua sopravvivenza come forza centrale della politica italiana. Da sempre la destra gli contende il potere; da almeno due legislature i Cinque stelle lo sfidano dal lato del consenso a sinistra, il terzo polo cerca ora di sottrargli il ruolo di partito governista e della stabilità. E’ evidente che il terzo polo cerchi di affermarsi utilizzando il metodo della rissa personalistica, trappola nella quale il Pd non cade al costo di sembrare poco incisivo o reattivo. Tuttavia non è l’unico duello di queste elezioni.

Ci sono altre sfide a due, in particolare quella tra Fratelli d’Italia e Lega, come si vede con la polemica su guerra in Ucraina e sanzioni.

Tale scontro mette un’ipoteca sulla tenuta del futuro governo – nel caso di vittoria delle destre - e sta avvantaggiando il Movimento Cinque stelle, il partito più dichiaratamente a favore della pace.

Il problema America

La leader di Fratelli d’Italia ha dichiarato Giorgia Meloni che l’Italia non può diventare l’anello debole della Nato ma dovrà chiarire (e chiarirsi) se tale posizione assomigli a quella trumpiana (assai anti-Nato in verità) o dell’attuale amministrazione Biden. Donald Trump sta dicendo da mesi ai suoi elettori che se lui fosse alla Casa Bianca non ci sarebbe conflitto in Ucraina.

Questo è un problema per tutta la nostra classe dirigente: con un America così divisa, cosa deve fare l’Italia (e l’Europa)? Inutile ascrivere alla sinistra una posizione filo-russa che non esiste, né a pezzi della destra.

La stragrande maggioranza degli italiani è  vicina agli ucraini aggrediti ma non capisce le prospettiva della guerra ed è contraria a renderla perenne. Ecco perché le confusioni ed incertezze americane non aiutano.

C’è quindi da aspettarsi che a destra si attenderanno i risultati delle mid term di novembre prima di assumere una posizione definitiva su tale vitale questione.

Anche altri duelli in corso sono significativi, come l’annuncio fatto dal terzo polo di aver superato Forza Italia: su tale versante ci sarà da vedere se l’aver accolto tra le proprie fila importanti figure ex forziste gioverà al terzo polo oppure lo appesantirà, offrendo un’immagine passatista e raffazzonata.

I potenziali sostenitori del terzo polo cercano qualcosa di nuovo ma le sue liste non hanno incluso particolari novità.

Dal duello Forza Italia-terzo polo ovviamente si avvantaggia non tanto la Lega ma Fratelli d’Italia, anche se resta da vedere come sarà possibile ottenere il pieno controllo della coalizione con soltanto il 24-25 per cento.

Più passano gli anni e più l’elettorato si frammenta e il primo partito italiano diviene piccolo: una volta chi era in testa non aveva meno del 30-35 per cento.

Il duello M5s-Pd 

Infine c’è il duello a sinistra tra M5s e Pd. Anche in questo caso se ne potrebbe avvantaggiare il terzo polo e, in piccola parte, la lista verdi/sinistra italiana.

Il fatto che in molti mirino a rubare elettori al Pd additandolo come il partito dell’immobilismo e dell’irresolutezza, dimostra la forza politica dei democratici ma soprattutto la loro centralità sociale: se non della nazione, il Pd incarna il partito dello Stato cioè dell’establishment consolidato. Prova ne è che si tratta dell’unico partito non personale né personalistico.

Per ora il Pd, più che favorire attorno a sé un’area di appoggio e simpatia dando spazio ad altre esperienze, si preoccupa di non perdere la sua posizione istituzionale: una scelta che si può capire ma che lo rende troppo isolato e più facile da attaccare. Ciò che il terzo polo cerca di fare è strappargli almeno una parte del suo “monopolio istituzionale” (o governista).

Tuttavia per ottenere tale risultato il terzo polo dovrebbe dimostrare un alto tasso di credibilità che troppi cambi di direzione non assicurano, almeno per il momento.

Il problema per il Pd è come dimostrare agli italiani che il paese ha assolutamente bisogno della sua “forza tranquilla”, forse un po’ grigia ma certamente aliena da avventurismi populisti, tecnocratici, sovranisti o nazionalistici che siano.

Se ieri la paura creata ad arte dall’allarme sociale manipolato dalle destre su stranieri, migranti o euroburocrati ha funzionato, oggi occorre chiedere agli italiani di uscire dal sonnambulismo in un momento così grave di guerra e cambiamento geopolitico globale.

Forse l’argomento decisivo può essere quello della preservazione e protezione del paese nel grande mare della post-globalizzazione, in cui l’Italia ha bisogno di più amici e non di solitudine, di più cooperazione e non di autarchia, di miglior collaborazione europea e non di meno. Isolarsi non conviene mai a nessuno, tanto meno oggi.

Ci vuole una proposta per affrontare il domani cioè una duplice strategia di riduzione del danno provocato dalla guerra e di ricostruzione del convivere in Europa.

Non è vero che qualunque governo può assicurarci tali obiettivi: non può farlo né chi propone soluzioni tecnocratiche (tutte già fallite), né chi suggerisce un ritorno al passato, apparentemente orgoglioso ma in realtà spaventato.

Senza una visione coraggiosa di futuro gli italiani resterebbero soli con i loro debiti. 

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