Le tracce della prima prova dell’esame di stato indicano il grado di maturità di questo governo, mostrando quale sia l’ideologia del suo progetto pedagogico: un paternalismo insistito che ha come chiave di lettura dei processi sociali un’etica da anni Cinquanta.

Alla sua prima prova di maturità, questo governo regola i suoi conti nel dibattito sui modelli educativi attuali, tornando di fatto a un ideale da primo Novecento: tema retorico, laudatio temporis acti, maschilismo nemmeno troppo celato (nelle sette tracce di tre tipologie vengono citati una quindicina di autori, la maggior parte sconosciuta agli studenti: tutti maschi, con l’eccezione di una donna – Oriana Fallaci).

Una brutta poesia

Le prime due tracce, la tipologia A, ossia l’analisi del testo, riprendono due brani di autori – Salvatore Quasimodo e Alberto Moravia – che a scuola non si affrontano praticamente mai e che possono essere vagamente familiari solo a chi ha frequentato i licei, mentre chiaramente queste prove sono dirette a tutti gli indirizzi delle superiori.

La poesia di Quasimodo da analizzare e commentare è Alla nuova luna. La possiamo riportare per intero: In principio Dio creò il cielo / e la terra, poi nel suo giorno / esatto mise i luminari in cielo / e al settimo giorno si riposò / Dopo miliardi di anni l’uomo, / fatto a sua immagine e somiglianza, / senza mai riposare, con la sua / intelligenza laica, / senza timore, nel cielo sereno / d’una notte d’ottobre, / mise altri luminari uguali / a quelli che giravano / dalla creazione del mondo. Amen.

È una poesia di un’evidente bruttezza, in cui gli elementi letterari prosastici sono funzionali a commentare senza nessuna originalità il lancio dello Sputnik nello spazio del 1957. Il testo si potrebbe rivelare una fonte piuttosto paradigmatica del pregiudizio antiscientifico di un canone culturale italiano nella linea Croce-Gentile, della relazione problematica tra cattolicesimo e scienza prima del concilio Vaticano secondo, e del mancato confronto tra cultura umanistica e cultura scientifica in molti modelli pedagogici – Le due culture di Charles Snow è un testo del 1959.

Ma nessuno spunto per queste o altre riflessioni nei paratesti disponibili per lo studente, che quindi è chiamato a commentare un brutto componimento poetico, cronachistico, difficilmente contestualizzabile, ideologicamente regressivo, datato nel senso peggiore del termine.

Le tracce storiche

Ma sono le due tracce che affrontano tematiche storiche a essere particolarmente disarmanti. La prima della tipologia B, il testo argomentativo, parte da un brano del testo più celebre di Federico Chabod, L’idea di nazione, del 1960; la terza della tipologia B, parte da un brano di Intervista sulla storia di Oriana Fallaci, del 1977.

I testi di Chabod e di Fallaci possono essere interessanti per i temi che introducono: il primo la nascita dell’idea di nazione nel Risorgimento italiano, il secondo il rapporto tra dimensione individuale e collettiva nella storia.

Ma il modo in cui i testi vengono presentati – senza altri testi da cui partire, con richieste di analisi che confondono fonti primarie e secondarie – fa sì che sembrino ritagliati appositamente per chiedere agli studenti di focalizzarsi sugli aspetti più retorici e meno riflessivi.

La propaganda

Monica Galfrè, storica della scuola, su Repubblica ha commentato: «Si usa il testo di un grandissimo, Chabod appunto, ma non si rimanda al contesto. E si isola il caso italiano. Quella raccolta di lezioni, non facile di suo, è stata pubblicata nel 1961. Stupisce che, contrariamente alla storiografia degli ultimi decenni, nella maturità di quest’anno non ci sia alcun accenno alla nazione come costruzione che segue lo stato e non solo che lo precede».

L’eccellente lavoro svolto dalla commissione coordinata da Serianni nella riformulazione della prima prova della maturità viene completamente trascurato o stravolto da queste tracce. In un’intervista del 2018, Massimo Palermo, uno dei membri di quella commissione, chiariva come «nella traccia dovranno essere richiamate caratteristiche e procedimenti propri dell’argomentare. Del resto, ricordano le indicazioni, come viene auspicato nei documenti europei, l’educazione all’argomentare prepara all’esercizio di una cittadinanza consapevole».

Quasi tutto in queste tracce fa venire in mente il contrario. Dopo averle lette, Palermo oggi commenta, in riferimento a quelle letterarie: «C’è un problema ricorrente, queste tracce parlano pochissimo ai 19enni di oggi, escludono una platea studentesca non liceale, i testi citati spesso non sono autonomi, e le indicazioni sulla produzione sono chiuse e conformative».

Il testo scritto della maturità dovrebbe chiamare al dibattito e alla riflessione personale. Molti studenti si sono trovati in un’impasse: non so che scrivere per non essere banale. Ossia per non ribadire con una buona retorica la tesi spesso ovvia del testo. Persino quelle di Piero Angela o di Marco Belpoliti invitavano a un’adesione più che a un confronto.

Sarebbe giusto non sprecare nemmeno una riga per commentare l’idea non solo inopportuna ma sgradevole oltre qualunque criterio educativo della traccia sulla lettera all’ex ministro Bianchi. È come se in questo pezzo mi mettessi a polemizzare sui miei colleghi o ex colleghi di Domani e chiedessi un parere al lettore. Ma quella che chiamano controegemonia è anche questo: un regolamento di conti di basso livello. Che sia la storia o la dad, tutto è buono per fare propaganda, sulla pelle degli studenti.

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