Dopo ogni disastro, in Italia, si pone il problema della ricostruzione, e ogni volta si comincia da capo con regole diverse.

Oggi, per la prima volta nella storia italiana, il governo sta lavorando a un Codice della ricostruzione.

Si tratta di un grande passo, che però porta con sé alcune scelte delicate.

Percorso complesso

Ricostruire non significa rimettere i mattoni delle case assieme per poterci tornare a vivere. Ricostruire un territorio è un percorso complesso, che riguarda la possibilità o meno di rinsaldare i legami sociali tra i cittadini, il senso di appartenenza al territorio, il sistema economico.

Negli ultimi 25 anni, dal terremoto nelle Marche e in Umbria del 1997 al terremoto nel Centro Italia del 2016-2017, abbiamo avuto diverse esperienze di ricostruzione, ma ognuna è stata trattata a modo suo.

Ogni ricostruzione ha inventato un modo di approcciare la questione, scrivendo da zero le procedure, le regole, le catene di comando, senza imparare dagli errori e dalle intuizioni felici delle esperienze precedenti.

Inoltre, in alcuni territori, come ad esempio alcuni comuni dell’Abruzzo, sono in corso due ricostruzioni contemporaneamente (L’Aquila e terremoto nel Centro Italia), con procedimenti differenti che rendono pressoché impossibile districarsi tra le burocrazie.

Obiettivi, metodi e ruoli

Il governo ha deciso di interrompere questa coazione a ripetere, provando a costruire un sistema legislativo adeguato, che fissi una volta per tutte gli obiettivi, i metodi e i ruoli da adottare dopo un disastro.
Il 21 gennaio il governo ha approvato una legge delega con cui assegna il compito di produrre un Codice per la ricostruzione.

I principali attori che si stanno confrontando con questa stesura sono: Elisa Grande, capo del dipartimento Casa Italia; Fabrizio Curcio, capo del dipartimento di Protezione Civile; Giovanni Legnini, Commissario straordinario per la ricostruzione 2016. A loro si aggiunge la deputata del Pd Stefania Pezzopane, redattrice di un disegno di legge sugli stessi temi.

L’occasione è di rilevanza storica: avere delle regole precise e un modello con cui confrontarsi permetterà di procedere rapidamente e in maniera ordinata nelle future ricostruzioni.

Con un regolamento preciso sarà più semplice imparare dalle esperienze precedenti e migliorare le norme di volta in volta. Come ogni occasione storica però è anche di estrema delicatezza: i temi su cui legiferare sono molti e una sbavatura nella costruzione della norma potrebbe causare gravi distorsioni nel momento della sua applicazione.

Tra le altre, ci sono in particolare tre questioni su cui gli autori dovranno scrivere con saggezza: chi deve progettare la ricostruzione? Come si ricostruiscono le economie locali? Come evitare che aumentino le disuguaglianze?

Sono temi su cui spesso le ricostruzioni falliscono, e un Codice della ricostruzione deve prendersi carico di queste questioni come obiettivi su cui misurare la propria efficacia.

Coinvolgere la popolazione

La prima questione riguarda il ruolo della cittadinanza colpita. La letteratura e gli studi sulle esperienze post disastro affermano unanimemente che la popolazione colpita va trattata come soggetto da riportare all’autonomia, e non come oggetto da aggiustare.

Una ricostruzione può essere occasione per migliorare il territorio ripensando gli spazi pubblici e privati meno adeguati.

La legge dovrà decidere come coinvolgere la popolazione nei processi decisionali, non solo nominando la partecipazione ma descrivendo ruoli e obiettivi di questa.

Spesso le ricostruzioni guardano a recuperare il passato, le economie precedenti a un disastro però non sono più ripristinabili, e la ricostruzione, per non essere una condanna all’abbandono, deve pensare a modelli produttivi innovativi, che anticipino la domanda futura.

Sarà necessario che la legge dia piena capacità ai territori di riposizionarsi sul mercato e di tendere all’innovazione senza perdere le proprie specificità.

I disastri e le ricostruzioni aumentano le disuguaglianze, sia sociali che di genere. La legge, per corrispondere ai suoi obiettivi, dovrà descrivere precisamente come procedere per evitare questo secondo disastro a danno dei soggetti più fragili, sviluppando strumenti e finanziamenti dedicati a ridurre le disparità anziché aumentarle.

Il Codice fisserà un punto di partenza, e comunque vada avremo uno strumento che mancava. La speranza è che questa stesura sia accompagnata da un accalorato dibattito pubblico, che sappia suggerire attenzioni e intuizioni ai soggetti incaricati di questo compito.

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