Da quando Paride Vitale è tornato vincitore con Victoria Cabello dal programma Pechino Express, nulla per gli amici di sempre è cambiato. Avrà pure guadagnato 40 mila follower su Instagram ma una volta al mese continua a organizzare tornei per la solita combriccola di indemoniati del Burraco, da Geppi Cucciari a Camila Raznovich, da Rosa Cracco a Umberta Beretta e Nina Zilli, per non parlare di Maurizio Cattelan che l'anno scorso sono stata estratta a sorte come sua compagna di squadra, e il pensiero più amorevole che ha avuto nei miei confronti (sono scarsa, lo ammetto) è stato quello di vedere comparire al mio posto Marina Abramovic in una delle sue performance lunghe due giorni.

Insomma, l’altra sera Paride ha chiesto a Pui Ling di abbassare le saracinesche del suo ristorante cinese Lon Fon, dove noi del quartiere Porta Venezia siamo di casa almeno una sera a settimana, e ha dato ai quaranta assatanati delle carte appuntamento alle sette e trenta. Io non giocavo, ero l’addetta ai premi. Un modo consolatorio di dirmi: «Ti vogliamo con noi ma se non ci capiti in squadra è meglio».

Ero sicura che, come accade per l’aperitivo, dici sette e mezza e sai che prima delle otto non arrivano tutti. E invece no, alle sette e trentacinque l'esercito delle Pinelle era lì seduto ad alzare carte, sussurrare frasi in codice e guardare sprezzante l’avversario.

Dopo quattro turni di gioco, tra involtini primavera e spaghetti di soia, ho visto alcuni andarsene indispettiti senza salutare, altri bisbigliare frasi contro qualcuno, Maurizio Cattelan sperare almeno in un premio di consolazione.

Terzi sono arrivati Elisa Albanese col marito Giancarlo Pesce (lui è un genio dei numeri, ricercatore di epidemiologia e statistica medica), secondi, a sorpresa, la coppia inedita formata da Pier Mario Simula, marito di Diego Passoni, assente per lavoro, in coppia con la talent scout dei cantanti Sara Potente, compagna di Peter Gomez, che odia le carte. Sono risultate vincitrici le due new entry esperte d’arte Michela Moro e Kristina Gavazzi, per la prima volta coinvolte nel torneo da Paride. Chissà se le vedremo di nuovo.

Dimmi dove vai

Questa settimana, tra i luoghi di Milano che ho sentito più nominare c’è il Ronin. «Vieni al Ronin che facciamo una serata di Stand up comedy?», ha proposto l’ufficio stampa Claudia Scuderi. «Non vengo alla festa di Tananai, una mia amica organizza un karaoke al Ronin», ha comunicato lapidaria la mia amica regista Carolina Stamerra Grassi.

«La prossima settimana organizziamo una cena al Ronin? Però non lasciamo la lista degli inviti in mano solo a Giovanni», ha cercato garanzie l’amico Gianluca. Giovanni è Giovanni Corrado, manager d’affari che pensa solo al business, dedito per metà al calcio (il Pisa Calcio, per l’esattezza) e metà al cinema.

Il fiuto non gli manca visto che ha creduto e investito per primo nell’ultimo film di Luca Guadagnino Bones and All. Sempre così impegnato a lavorare, che quando il regista gli ha mandato la prima bozza di copione da leggere e ha messo un timer che scadeva a un'ora dall'invio, Giovanni non l'aveva ancora aperto.

L’altra sera, Corrado, mi ha invitato ad accompagnarlo da N°51 Gallery, un basement in via Caldara dove il dj Simone De Kunovich, tra prosecco veneto e orecchiette alle cime di rapa, raccontava film di nicchia Anni 60, 70 e 80 - da Play Time a Midnight Express - attraverso le loro colonne sonore. E così a un certo punto, è partita la italo disco di Giorgio Moroder, e da lì in poi ricordo molto poco.

Per un attimo mi sembrava di essere tornata a Bushwick, quartiere di Brooklyn, a quando gli appartamenti costavano ancora poco e ogni sera qualche artista di buona volontà ci invitava a feste che non finivano mai.

«Una volta al mese il cineforum lo faccio nel privè del Ronin, al quarto piano», mi ha detto il dj dopo esserci presentati. Rieccolo il Ronin. «Ma l’altra sera c’era la stand up comedy e siamo venuti qui». Bushwick batte Ronin, torniamo in galleria.

Rave e open bar

Se c’è una festa, c’è di sicuro un’area privè. Anche ai rave party. Per il lancio del suo disco Tananai, al secolo Alberto Cotta Ramusino, ha scelto l’ex saponificio di via Boncompagni, alla periferia sud di Milano. Ispirato dal nome dell’album, Rave, Eclissi ne ha simulato uno. A differenza di quelli veri - ora banditi - il palazzo è stato concesso con buona pace del proprietario, e si entrava solo se presenti nella lista degli invitati. Una volta all'interno tutto ricordava un rave, a parte l’open bar senza fila (non succede mai) e volti noti incontrati al guardaroba.

Io ero accompagnata dall’amica Lavinia Fuksas, appena tornata da New York, che a un certo punto, forse guidata da un istinto primordiale, afferra la mia mano, e dalla sala grande in cui stavo ballando, mi trascina al primo piano. In un attimo ci troviamo dentro un’area riservata di cui ignoravo l’esistenza.

Dietro di noi entrano Chiara Ferragni, la sorella di Chiara Ferragni, e le amiche di Chiara Ferragni. E Fedez, una sorta di padrino di Tananai.

Da quel momento lo spazio si popola, si crea la calca all’entrata, nessuno può entrare più. Il tempismo è tutto.                                   

Intanto di fianco a me Lavinia conversa con un ragazzo che, out of the blue, tenta un approccio. Proprio in quell'istante passa Tananai: «Ma non eri sposato?», chiede a lui. Informazione di cui lei era ovviamente ignara. Il tempismo è proprio tutto.

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