Dopo la campagna di bombardamenti aerei della Nato contro la Serbia del 1999, la professoressa Hilary Charlesworth, attualmente uno dei giudici della Corte internazionale di giustizia, scrisse un articolo intitolato “International Law: A Discipline of Crisis” (Diritto internazionale: una disciplina di crisi), in cui sottolineava come l’eccessiva attenzione a certe norme internazionali possa portare ad una lettura limitata di avvenimenti storici o dello stesso sistema giuridico internazionale.

Dopo le analisi (compresa quella del sottoscritto), riguardo i trasferimenti di armi all’Ucraina, è bene fare qualche riflessione sul ruolo del diritto in questa crisi.

L’Ucraina sta sicuramente agendo legalmente in autotutela contro la Russia, e la legalità del supporto di paesi terzi tramite l’invio di armi si basa anche su questo, ma ciò non deve distorcere la nostra lettura del diritto internazionale vigente e del sistema giuridico costruito dopo la Seconda guerra mondiale.

La Carta dell’Onu è chiara fin dal suo preambolo nello stabilire che è la pace il fine ultimo di ogni azione, non la violenza, come ricordato anche dall’Assemblea Generale dell’Onu con la sua risoluzione d’emergenza sull’Ucraina del 2 marzo scorso.

L’Assemblea ha infatti esortato gli stati ad usare mezzi pacifici, tra cui il dialogo, negoziazione, o mediazione, per la risoluzione del conflitto. Di fatto, è solo attraverso i mezzi pacifici che il conflitto non viene semplificato, e che esempi positivi russi, tra cui le marce contro la guerra, o i giovani di leva spinti sul fronte ucraino, non verranno dimenticati.

Inoltre, è bene ricordare che il diritto all’autotutela esercitato dall’Ucraina ha dei limiti tipici delle regole eccezionali ed è generalmente considerato ristretto a solamente ciò che è necessario per respingere l’attacco armato illegale, quello della Russia in questo caso. Trasferire armi ad un paese in conflitto può invece avere degli effetti seri e duraturi che vanno al di là del conflitto stesso.

Le armi sono come l’inquinamento, quando rilasciate in circolazione è difficile prevedere dove e quando potranno creare un danno. In questo momento molti paesi, compresa la Ue, stanno inviando missili antiaereo Stinger e anticarro Javelin, ma non si sono pronunciati, almeno nelle dichiarazioni ufficiali, su chi userà quelle armi e come verranno usate.

Non serve andare troppo nel passato per ricordare che gli stinger vennero forniti, ad esempio, agli afgani durante l’invasione sovietica negli anni 80 dagli Stati Uniti. Meno famoso però è il fatto che la Cia non sia riuscita a recuperare tutti gli stinger che aveva mandato, ed alcuni sono vennero poi ritrovati in mano ad altri insorti o negli arsenali di altri paesi. Cosa succederà ai missili mandati in Ucraina? La nostra attenzione su questo conflitto rimarrà abbastanza alta per rintracciare quei missili che stiamo mandando ora?

La questione sociale

Riempire l’Ucraina di armi ha anche importanti ricadute sociali. È difficile criticare i cittadini ucraini che hanno deciso di imbracciare il fucile per difendere la propria nazione, specialmente quando si scrive a chilometri di distanza dal conflitto.

Tuttavia, gli stati che stanno mandando le armi a Kiev devono anche pensare a come si potrà disarmare e demilitarizzare la società ucraina alla fine di questo conflitto, proprio per evitare che, tra le altre cose, i fucili e le mitragliatrici inviati dall’ovest non vengano usati dopo il conflitto oppure venduti al miglior offerente nel mercato nero.

Più in generale, la legalità di crisi non ci deve far dimenticare che la sicurezza internazionale va al di là degli armamenti e che questi, come stabilito all’articolo 26 della Carta dell’Onu, non devono dirottare risorse rivolte allo sviluppo umano.

La pandemia ed il cambiamento climatico ci hanno fatto indirizzare verso lo sviluppo di soluzioni collettive per fronteggiare queste grandi minacce globali alla salute di tutte le persone del pianeta. Sentire che grandi paesi come la Germania, o la Ue, decidono di stanziare fondi per l’acquisto di armamenti ci allontana molto dalle nuove concezioni di sicurezza internazionale.

Certamente queste osservazioni possono sembrare ingenue o troppo idealisti mentre i missili sorvolano i cieli dell’Ucraina, tuttavia, è bene ricordarle perché il diritto internazionale non si basa solamente sulle norme scritte, ma anche sui principi fondativi del sistema delle Nazioni Unite, tra cui la promozione ed il mantenimento della pace internazionale.

© Riproduzione riservata