Michela Murgia, si dirà (molti l’hanno detto), lascia un vuoto, e speriamo che qualcuno lo colmi. Murgia, si dovrebbe dire, ha colmato un vuoto creato da molti di noi, e la speranza dovrebbe essere che molti di noi ora riempiano questo vuoto e che il paese sia migliore di quello che ha avuto bisogno delle molte vite che la scrittrice sarda ha vissuto, come ha detto lei stessa. Il fatto è che nessuno dei temi su cui Murgia ha scritto, parlato, sbeffeggiato e spronato la moralità di senso comune di questo paese era solo suo.

E si può dire che molte delle cose che ha detto le avrà anche dette meglio, forse, ma non sempre ha detto cose nuove. E però, nella sua bocca, dalla sua penna, nelle cornici che instancabile ha inventato, quelle cose colpivano, suscitavano discussione e polemica, le attiravano immancabili odi e aggressioni.

Lasciata sola

Il fatto è che, come ha detto Roberto Saviano, lei non ha lasciato soli molti dei suoi compagni, ma molti di noi l’hanno lasciata sola. L’hanno lasciata sola i molti che avrebbero potuto dire parecchie delle cose che lei diceva, con meno arguzia, forse, ma con pari forza testimoniale. In questo paese mancano i lavoratori precari?

Mancano i genitori e i figli d’anima, cioè padri e madri intenzionali di figli non biologici? Mancano le persone che hanno relazioni affettive non ortodosse e vite sentimentali non inquadrate? Mancano le donne che vorrebbero vedersi rappresentate meglio e di più sulle pagine dei quotidiani, nei convegni, nella vita professionale? Mancano gli antifascisti, gli allergici al lento ritorno del fascismo? Non mancano, fortunatamente. Ma spesso non hanno parlato.

Si può dire che a Murgia giovavano cose che tutti questi altri non hanno: la sua visibilità, la sua intelligenza dirompente, il gusto per la provocazione e l’assalto, le capacità letterarie, le connessioni e le relazioni. Ma questo non spiega, né giustifica. Tutti quelli che erano nelle condizioni che Murgia ha difeso avevano dalla loro parte semplicemente loro stessi, la loro potenza testimoniale, come detto.

Se solo l’avessero usata. Non c’è provocazione letteraria, disintermediazione su Instagram, romanzo potente che non possa essere eguagliata, e superata, da molte persone che semplicemente compaiono sulla scena pubblica e dicono: anch’io ho adottato figli non biologici, anch’io penso che certe cose non si facciano e non si dicano, anch’io…

La differenza

Ma se queste persone parlano, e appaiono, c’è un’enorme differenza. La differenza sta nel fatto che Murgia si può attaccare, ridicolizzare, intimidire, inchiodare alle sue contraddizioni, come è accaduto spesso e ancora accade in queste ore, dove si passa dai distinguo (certi lutti viscidi a base di «non sono d’accordo, ma di fronte alla morte…») ai presunti scheletri nell’armadio tirati fuori ad arte (parole di Murgia che si presumono non commendevoli, isolate e buttate in pasto agli odiatori).

Ma come si possono attaccare con violenza verbale tante persone, persone normali, che non sono artisti brillanti, ma sono cittadini, magari elettori di molti partiti diversi, magari elettori anche dei partiti di destra? La forza che a Murgia è mancata ce l’avremmo avuta tutti noi, che l’abbiamo lasciata sola. Peraltro, se le cose fossero andate così, forse sarebbe accaduta anche un’altra cosa che, nonostante tutto, Murgia non è riuscita a fare. Sarebbe successo che i temi dell’influenza di Murgia sarebbero usciti veramente al di fuori, al di là di una cerchia, per quanto ampia, di persone che naturalmente li potevano condividere.

E forse l’incisività di certe provocazioni, di certe messe in discussione, di certi suggerimenti sarebbe aumentata esponenzialmente, tramutando una pur salutare discussione disintermediata, ma ancora nella bolla, in una vera e propria discussione pubblica. 

Il sogno

L’augurio migliore che si può fare dopo il funerale di Murgia non è che qualcuno prenda il suo posto, che ci sia ancora un’altra incarnazione dell’intellettuale solo contro il potere. L’augurio migliore è che questo paese abbia finalmente i cittadini che gli servono e la discussione pubblica che gli è mancata.

Il sogno migliore è simile a quello che chiude Buongiorno, notte di Bellocchio. Là Moro sfugge alla sua morte annunciata, qui Murgia scampa alla malattia, e invecchia vedendo un paese diverso, dove lei può solo scrivere i suoi romanzi, e i temi della sua lotta vengono difesi, agitati, discussi dai suoi concittadini, ognuno a suo modo, ognuno con il suo piccolo contributo. Questa notte è questo che vorremmo sognare.

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