Al di là degli osanna verso il presidente Mattarella, andiamo al nocciolo delle questioni poste dal suo discorso. Il presidente della Repubblica ha giurato, con formula di rito, fedeltà alla Repubblica e alla Costituzione. Il suo discorso va letto come motivazione del giuramento.

Ci dice che l’orizzonte nel quale si muove il nuovo ciclo del settennato è di medio-lungo periodo, non contingente. Quando dice che in questi giorni c’è stato un travaglio del parlamento, ma anche suo personale, mette in evidenza che non tutto scorre con la normalità che può risultare dall’entusiasmo dei cinquantacinque applausi che ha ricevuto.

Cos’è questo travaglio se non l’emersione di un fenomeno profondo della società e delle istituzioni? Mattarella ha annunciato un programma politico di ricostruzione della passione democratica del paese. Del resto la Costituzione è un programma politico.

Non c’è un presidente della Repubblica che surrettiziamente cerca di trasformare la sua funzione da presidente di una Repubblica parlamentare in presidente di una Repubblica presidenziale. No, la Costituzione è un programma politico, in cui c’è organicità fra i principi fondamentali della prima parte, e la seconda parte che è l’ordinamento della forma repubblicana per l’attuazione della prima parte.

Difesa della costituzione è fedeltà al programma della Costituzione e del suo ordinamento funzionale all’attuazione.

Qui Mattarella entra nel merito della debolezza delle istituzioni. Comincia subito: il parlamento compresso, le forze politiche indebolite perché hanno perso la loro carica di organizzazione democratica della società, la capacità di partecipazione e coinvolgimento. Per questo dice che il governo sta mortificando il parlamento perché comprime la sua necessaria vitalità il tempo per decidere, valutare, esprimere la propria volontà.

Al governo fa anche una critica indiretta. Quando si comprime la volontà di espressione degli organi della democrazia parlamentare si apre la strada all’ingresso, dice, di potentati economici e finanziari che incidono e si intromettono nel processo democratico. Sono norme generali vincolanti per qualsiasi maggioranza di governo che non sia eversiva.

Qui si segna la nuova fase. Non c’è una copertura gratuita, assicurativa, del presidente della Repubblica al governo. Non c’è una coppia di garanzia, come abbiamo detto altre volte, ognuno deve fare ciò che la Costituzione gli assegna.

Quando dunque afferma che la democrazia organizzata dei partiti è fondamentale per il funzionamento delle istituzioni, dice che non c’è spazio per governi a mezzadria fra poteri democratici, espressioni democratiche, e espressioni non nate con il voto popolare.

In Italia, accanto agli organi previsti dalla Costituzione, si è andata creando la casta dei non eletti che pratica un razzismo dei migliori. Questa degenerazione castale non ha precedenti nella storia repubblicana, per lo meno in forma così vistosa e ampia.

Abbiamo avuto organizzazioni politiche che si ritenevano “dei migliori”, lo sono state per un certo periodo i partiti della minoranza laica, il Partito d’azione, quello repubblicano, quello radicale: espressioni elitarie, ma che si immergevano nel mare tempestoso della competizione elettorale. La conseguenza è sulla giustizia.

Questione centrale, che viene posta con i referendum, ai quali Mattarella dà indirettamente una copertura. Uno stato di diritto, dice Mattarella, non ammette la giustizia di parte politica, il correntismo politico nella magistratura è una degenerazione. Siamo al cuore delle garanzie di uno stato democratico.

La dignità

Infine la questione sociale, tutta incardinata intorno al principio della dignità. Ricordo una bella intervista che nel 1963 Jean Daniel fece a Che Guevara: forse il capitalismo riuscirà a risolvere alcuni problemi delle diseguaglianze economiche, disse Guevara, ma non risolverà i problemi della dignità, perché non c’è l’umanesimo capitalistico.

Intorno alla parola dignità c’è tutta l’ispirazione profonda del pensiero democratico. Con questo si dovrà fare i conti per cercare di capire cosa è avvenuto negli ultimi anni del tormentato settennato precedente in cui Mattarella conosce dolori e angosce. Mattarella squaderna dinanzi al paese le difficoltà che determinano la frattura fra istituzioni e popolo, e la decadenza delle istituzioni che apre la strada alle avventure.

E di avventure stavamo per correrne, sicuramente, qualcuna con la elezione di un presidente non espressione di questi profondi sentimenti ma aperto a quelle pressioni di potentati esterni, economici e finanziari, che fanno debole la democrazia e aprono anche la strada alle involuzioni autoritarie.

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