Non basta condannare le leggi razziali fasciste e nominare il prefetto Giuseppe Pecoraro Coordinatore nazionale per la lotta contro l’antisemitismo, per affermare una precisa e completa condanna del fascismo. Occorre ben altro.

Esiste una vasta documentazione sul ventennio e il tempo della Repubblica di Salò, ma basta leggere l’ultimo libro di Aldo Cazzullo Mussolini il capobanda per avere una chiara e completa visione di cosa è stato il fasciamo.

Il fascismo ha torturato e ucciso migliaia di oppositori del regime, a cominciare da Giacomo Matteotti e i fratelli Rosselli, tanto per citare i più noti.

Ha piegato la cultura, la scuola, la ricerca ai miseri obiettivi del regime, costringendo scienziati come Fermi, Segre e Pontecorvo a lasciare l’Italia.

Ha privato 44 milioni di italiani del diritto di espressione, di associazione e di movimento in Italia e all’estero.

Nelle guerre coloniali di Etiopia e Libia, in barba a ogni legge internazionale, ha commesso crimini molto vicini al genocidio.

Ha sostenuto un dittatore feroce come Francisco Franco in Spagna e alla fine, contro il volere della maggioranza degli italiani, ha portato l’Italia in guerra provocando milioni di morti. Molta gente ha pianto leggendo la storia della campagna di Russia.

Dopo la guerra, il 22 giugno 1946 entrò in vigore in Italia il “Decreto presidenziale di amnistia e indulto per reati comuni, politici e militari” avvenuti durante il periodo dell'occupazione nazifascista.

La legge fu proposta e varata dal ministro di Grazia e Giustizia del primo governo De Gasperi, Palmiro Togliatti, segretario del Pci.

Non ci fu quindi epurazione, come in parte ci fu in Germania, e la maggioranza dei funzionari della pubblica amministrazione del periodo fascista entrò nei ranghi della neonata repubblica, compresi i membri dell’Ovra, i servizi segreti fascisti che ebbero un ruolo importante nelle stragi fasciste del dopoguerra, come dimostra la storia di Gianadelio Maletti.

Per questi fu naturale riconoscersi nel Movimento sociale italiano fondato nel 1946 dai reduci della Repubblica Sociale Italiana, come Giorgio Almirante, Pino Romualdi e altri esponenti del regime fascista.

Da questo partito nasce la storia che ha portato ad Alleanza nazionale nel 1994 e infine a Fratelli d’Italia, fondato nel 2012 da Ignazio la Russa, Guido Crosetto e Giorgia Meloni.

Non ci stancheremo mai di ricordare che la seconda carica dello stato, Ignazio Benito La Russa, la cui storia politica affonda nel Movimento sociale italiano, ha ancora in casa sua un busto di Benito Mussolini.

Nel simbolo di FdI spicca ancora quella fiammella della bandiera italiana che fu del Movimento Sociale Italiano fondato da ex fascisti. Infine dà fastidio che Fratelli d’Italia sia anche l’incipit del nostro inno nazionale legato alle guerre condotte per l’indipendenza del nostro paese a metà dell’Ottocento.

La presidente Meloni, negli ultimi tempi lei si è presentata come il leader di un partito conservatore di stampo britannico ed europeista.

Nel giorno della memoria dovrebbe fare un passo decisivo in avanti, esprima senza riserve una chiara condanna del fascismo, tolga la fiammella dal simbolo di FdI e magari cambiare leggermente il nome del suo partito per non legarlo all’inno nazionale. Faccia questa rivoluzione. Il tempo le darà ragione.

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