Il probabile futuro sindaco di Palermo Roberto Lagalla ha sempre detto che non vuole i voti della mafia. Il problema vero però sembra un altro: è la mafia che vuole dare i suoi voti allo schieramento del probabile futuro sindaco di Palermo Roberto Lagalla.

Sarà forse solo per una vaga simpatia verso qualche candidato, o forse per via di quegli sponsor eccellenti che si chiamano Totò Cuffaro e Marcello Dell’Utri così esposti a sostenere l'ex magnifico rettore nella corsa che deciderà il successore di Leoluca Orlando, chissà perché o per come ma di certo è che, a cinque giorni dal voto, Palermo si è svegliata con una notizia brutale: arrestato per scambio elettorale politico-mafioso Piero Polizzi, uno dei candidati di Forza Italia al consiglio comunale.

L’accusano di avere stretto un patto con uno dei Sansone dell’Uditore, alta mafia, per capirci i padroni della villa dove soggiornava Totò Riina negli ultimi mesi della sua lunghissima latitanza. Intercettato nel suo comitato elettorale, Polizzi diceva ai suoi amici: «Se sono potente io, siete potenti voialtri». Chiaro, chiarissimo.

Aria cupa su Palermo

Ora qualcuno, vista l'imminente appuntamento del voto, tirerà fuori la solita storia della “giustizia a orologeria”, in questo caso sarebbe più giusto e corretto parlare di "mafia a orologeria”. Puntuale, perfetta, implacabile.

L’intercettazione che abbiamo citato appena sopra è di un mese fa, esattamente del 10 maggio 2022, proprio nella settimana in cui esplodeva la polemica sull'appoggio che due condannati per reati di mafia - Cuffaro e Dell'Utri - offrivano a Lagalla.

Naturalmente solo coincidenze, è piuttosto l'aria che si respira a Palermo a far paura. Sulla città è calata una cappa soffocante, la campagna elettorale ha trascinato Palermo verso un passato che sembrava sepolto per sempre, la vicenda di Polizzi è significativa anche per dove quel patto è stata stipulato: in un comitato elettorale, come usava quaranta o cinquant'anni fa, il mafioso che ancora oggi non teme di farsi vedere lì dentro, tutto alla luce del sole. Sono segni che annunciano niente di buono per la Sicilia.

E abbiamo l’impressione che l’ex magnifico rettore Roberto Lagalla - anche se vincerà, anche se sarà il nuovo sindaco di Palermo - si sia infilato in un vicolo cieco, come si dice in siciliano “in una strada che non spunta”. Subito dopo l'arresto di Piero Polizzi ha ribadito Lagalla: «La mafia stia lontano dalla mia porta». Poi «un plauso alla procura della repubblica per la celerità delle indagini, segno di un impegno attento a tutela della libertà del voto».

Ma Roberto Lagalla è proprio sicuro che bastino solo queste parole per marcare, e senza ombra di dubbio, una distanza fra la sua rispettabile figura e quel mondo? È proprio sicuro che sia sufficiente affermare che non vuole i voti di mafia, o sarebbe più opportuno affermare che non vuole i voti - proprio quei voti - che gli porteranno due condannati per reati di mafia come Cuffaro e Dell’Utri?

Un sindaco già prigioniero

È il passo che l'ex magnifico rettore non ha mai fatto e probabilmente non farà mai. Ecco perché, se sarà sindaco di Palermo, sarà un sindaco prigioniero. Al di là di quello che dichiara, sui social o in giro per i quartieri della città, nelle interviste o nei comunicati a favore della procura della repubblica.

Un risultato l’ex magnifico rettore l’ha comunque già ottenuto e non è affatto bello: ha contribuito e rimettere in circolo un'immagine di Palermo nelle mani della mafia. L'ultimo “ritratto” è del quotidiano La Vanguardia di Barcellona, qualche giorno fa in prima pagina. Non capitava da anni e anni. Ma è tutto sottosopra in questa fine di primavera 2022, dopo la sbornia ipocrita delle celebrazioni del trentennale dell’uccisione del giudice Giovanni Falcone. E non riguarda solo Roberto Lagalla.

In autunno si vota anche per la regione. Ci sono grandi manovre, accordi più o meno sotterranei, incontri. Uno al Grand Hotel et des Palmes, nel centro di Palermo. Dove l’attuale governatore Nello Musumeci ha chiesto udienza, ai primi di maggio, per parlare con il senatore Marcello Dell'Utri. Visto che se l'è dimenticato, a Musumeci vogliamo ricordare che, per andare contro la mafia, quarantadue anni fa il presidente della Regione Piersanti Mattarella fu ucciso.

Non è una bella scena, quarantadue anni dopo, vedere un suo successore venire benevolmente accolto da un condannato per concorso esterno. Anche al governatore Musumeci, come all’ex rettore Lagalla, “la mafia fa schifo”. Ma per favore, ogni tanto, fate qualche nome. E, se vi riesce, provate a schivare personaggi poco presentabili.

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