Un blocco di potenze regionali unite all’Europa può spingere ad un rinnovato ruolo dell’Onu per riaffermare i principi universali della Carta delle Nazioni: si può fermare chi intende riportare indietro le lancette dell’orologio del mondo
Meglio insieme: oltre 80 anni per la pace, lo sviluppo e i diritti umani»: è il tema ambizioso con cui si è aperta la sessione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite, proprio in concomitanza dell’ottantesimo anniversario della loro costituzione.
Lo scetticismo e le perplessità su quanto possa dirsi realistica questa prospettiva sono scontati: la provocazione dei droni russi – per gli analisti si tratterebbe di uno stress test volto a sondare le capacità di resilienza, anche politica, dell’Europa – la ripresa degli attacchi terroristici di Hamas o dei suoi emuli, l’attacco di Israele a Gaza e l’attentato omicida del giovane ideologo trumpiano Charlie Kirk sono solo le ultime pericolose derive del caos che non fa più destare perplessità nemmeno a fronte delle ultime intemerate di Donald Trump.
Certo, sono dunque più che ragionevoli le riserve sul fatto che dal Palazzo di vetro possa iniziare un nuovo corso. Da decenni si attende una radicale riforma dell’Onu che ne riaffermi il ruolo di organismo preposto a mantenere la pace e la sicurezza internazionale, ma manca la spinta di un blocco di Stati che la promuova con forza per superare le logiche del potere di veto al Consiglio di sicurezza e garantire una maggiore rappresentatività degli Stati.
Eppure la comunità internazionale non dovrebbe sottrarsi proprio ora alla sfida che è chiamata ad affrontare: porre rimedio al nuovo clima di accettazione delle guerre, che è il vero vulnus del sistema delle relazioni internazionali.
Fermi restando i disegni egemonici e neo-imperiali di Russia e Cina, e pure considerando l’ipocrisia delle varie amministrazioni Usa, è proprio Trump ad avere pericolosamente intrapreso la deriva da quei principi dell’addio alle guerre: sta facendo ridiventare normale tollerare e minacciare ancora la guerra, intraprendere conquiste territoriali e costringere gli Stati a fare concessioni agli aggressori. Per questo Trump non si pronuncia sull’illegittimità delle pretese di Putin, e di quelle di Netanyahu sui territori palestinesi: la forza prevale sul diritto.
Così, oltre a minacciare proprie conquiste (Panama, Groenlandia, Canada, persino Gaza...), il tycoon rifiuta ora di difendere il diritto degli Stati a non essere conquistati: l’esempio dell’Ucraina è emblematico. Lo scenario è delineato: se crolla il divieto sull’uso della forza, Putin, Trump e Xi Jinping si divideranno il mondo in sfere di influenza, con tutto ciò che ne consegue per la libertà e il progresso negli Stati vassalli.
Rimedi? C’è la strada intrapresa nel 2022, quando 142 paesi si sono uniti nel sostenere la Risoluzione dell’Assemblea generale Onu che ha condannato l’intento di annettere territori ucraini da parte della Russia. E oggi possiamo anche sottolineare la straordinarietà dell’ultima Risoluzione su Gaza che sempre con 142 voti ha ribadito la soluzione dei “due Stati” spingendosi fino a reclamare la nascita dello Stato di Palestina. In sostanza,
Nazioni responsabili possono unire le forze per riaffermare il divieto di conquista e il diritto internazionale, anche senza fare affidamento sugli Stati Uniti. L’Europa non può prendere il posto degli Usa come gendarme del mondo, ma può puntare – purché sia coesa – sui suoi valori, sulla sua geopolitica basata sulla cooperazione e sul libero scambio, e ricercare quindi alleanze nel Global South.
Un blocco di potenze regionali unite all’Europa può spingere ad un rinnovato ruolo dell’Onu e riaffermare i principi universali della Carta delle Nazioni e del diritto internazionale. Indugiare sulle critiche al modello europeo non basta: meglio dibattere nei parlamenti, nelle università e sui media – su come l’ Unione nata dai trattati di Roma rappresenti ancora una conquista di civiltà contro gli orrori delle guerre.
Sarebbe il caso che le diplomazie europee si adoperassero per iniziare a promuovere un dibattito compiuto su come fermare le guerre in questa 80esima Assemblea generale dell’Onu: una proposta immediata e ragionevole sta nel ricondurre in termini vincolanti il deferimento delle crisi internazionali ad un organismo dell’Onu strutturato e permanente per la mediazione e la risoluzione delle controversie con mezzi pacifici, la funzione essenziale delle Nazioni Unite.
Si tratta niente altro che tornare ai fondamentali del diritto internazionale per renderli stavolta validi e operanti: altrimenti la catastrofe delle guerre sarà inesorabile per le sorti dell’umanità.
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