“Soggetto socialmente pericoloso”, dunque meritevole di “misure di sorveglianza speciale”. 

Non è un mafioso, sebbene quelle misure siano previste dal Decreto legislativo 159 del 2011, che ha proprio questo titolo: Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione.

Non è il capo di un’impresa criminale: caso mai è, suo malgrado, un esponente di un’impresa criminalizzata.

È Simone Ficicchia, attivista di Ultima generazione. La sua “impresa” e quella di tante altre e tanti altri, è quella di ricordare, con proteste eclatanti e di grande impatto, che il nostro pianeta è sconvolto dalla crisi climatica e ambientale, dal crescere delle disuguaglianze e delle discriminazioni che ne conseguono: insomma da un disastro incombente soprattutto sulla generazione di Simone e su quelle successive.

Come ricordato recentemente dalle attiviste e dagli attivisti di Ultima generazione, erano stati proprio alcuni automobilisti infuriati a sollecitarli a «prendersela col potere». Detto e fatto. Pochi giorni fa, Davide, Alessandro e Laura hanno gettato vernice rossa su un palazzo del potere, quello del Senato della Repubblica, del tutto vuoto.

La risposta del potere è stata peggiore di quella degli automobilisti. 

La presunta profanazione

Quella vernice rossa, lavabile e delebile, è stata considerata una vera e propria profanazione delle istituzioni e verrebbe da chiedersi quali parole coloro che hanno condannato quell’azione abbiano riservato a quei gruppi estremisti che, appena due giorni fa, hanno devastato i palazzi dei Tre poteri di Brasilia.  

Ficicchia ha fatto collezione di denunce, negli ultimi mesi, per aver svolto azioni dirette in occasione di grandi eventi, come la prima della Scala di Milano, o per aver temporaneamente bloccato la circolazione stradale.

Martedì il tribunale di Milano esaminerà la richiesta fatta dalla questura di Pavia di imporgli la misura della sorveglianza speciale: una misura chiaramente non adottata né prevista per casi come il suo, evidentemente sproporzionata.

Una decisione del genere sarebbe la conferma di un’idea che si sta diffondendo rapidamente: che fogli di via, multe, misure antimafia, processi e condanne - dunque politiche di criminalizzazione, repressione e intimidazione - siano le risposte giuste e adeguate all’ansia crescente che riguarda il futuro che ci attende. 

Nessuna meraviglia, del resto. Chi continua a proporre in Italia come altrove soluzioni fasulle, come ad esempio nuove infrastrutture per importare e consumare sempre più combustibili fossili, ha tutto l’interesse a non affrontare davvero problemi sempre più urgenti e a zittire coloro che sollecitano soluzioni urgenti ed efficaci esercitando il diritto fondamentale di protesta pacifica.

Mentre Ficicchia attende il suo destino, noi intanto passeggiamo su spiagge assolate e contiamo felici, in maglietta, le ore in cui abbiamo finora tenuto spento il riscaldamento confidando dunque in bollette miti quanto il clima di gennaio. 

A fine giornata discutiamo placidamente se sia più rilevante il metodo o il merito, per poi - giunti al secondo aperitivo - arrivare alla conclusione che, sì, in fondo, il metodo squalifica il merito. Leggermente infastiditi da un pizzico di zanzara, “che siamo a gennaio e già ci sono”.

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