È morta a 94 anni l’attrice degli autori, da Pasolini a Visconti. Libera da ogni malsana idea di divismo, aveva un approccio al lavoro artigianale, fatto di un esercizio continuo che non abbandonò mai e che alimento il suo naturale talento e che fu la fortuna di tutti suoi spettatori, a teatro come al cinema
Bernardo Bertolucci di Adriana Asti ricordava tra le altre cose le imbarazzanti e scomposte – quanto estremamente divertenti – chiamate notturne sotto casa, a Roma, quando insieme a Laura Betti, Bertolucci veniva invitato a uscire, a passare la notte insieme.
Lui aveva poco più di 18 anni e quelle serate sarebbero state per lui solo l’inizio, il gustoso anticipo di quella che anni dopo avrebbe definito coma la propria personale università. Un corso di studio fatti di eros, cinema e letteratura vissuto in prima persona in compagnia tra gli altri di Pier Paolo Pasolini, Elsa Morante e Alberto Moravia.
Adriana Asti è stata l’attrice degli autori, da Luchino Visconti a Pier Paolo Pasolini e ovviamente è stata una delle prime attrici di Bernardo Bertolucci. Per lui interpreterà il ruolo della seducente e malinconica Gina, la zia e l’amante del nipote Fabrizio (interpretato da Francesco Barilli) in Prima della rivoluzione.
La pellicola fu accolta con freddezza da critica e pubblico, ma insieme a I pugni in tasca di Marco Bellocchio (dell’anno dopo) anticipò il movimento del Sessantotto e ad oggi è considerata come l’esempio migliore della Nouvelle Vague italiana. Prima della rivoluzione è il primo vero film di Bertolucci che segue sì La comare secca di due anni prima, ma che contiene per la prima volta quell’universo sognante fatto di provincia e desiderio che sarà sempre la firma del grande regista parmense. Un desiderio che assume le forme conturbanti di Adriana Asti, personaggio feticcio di tutta la poetica di Bertolucci.
L’esordio
Adriana Asti esordisce giovanissima con Dino Risi nel 1948, non ancora maggiorenne, in Buio in sala, uno di quei corti che piacevano moltissimo a Michelangelo Antonioni invece molto perplesso del Risi della commedia all’italiana. Una perplessità che frutterà un forte raffreddamento nella loro amicizia con conseguente presa in giro del regista ferrarese ne Il sorpasso.
Asti poi diviene da subito un riferimento del cinema e del teatro italiano nel mondo, il suo corpo esile, il suo viso profondamente espressivo, erano in grado di restituire una varietà infinità di figure e personaggi. Una capacità di vestire i ruoli più svariati, ma al tempo stesso uno stare a distanza da tutto quello che poteva essere definito divismo. Il suo era un cinema colto e militante, incapace ad ogni forma di compromesso, ma consapevole dell’importanza del pubblico e del rapporto con esso.
Il suo esordio a teatro è fulminante, nel 1952 per la regia di Giorgio Strehler, in Elisabetta d’Inghilterra di Ferdinand Bruckner al Piccolo Teatro di Milano. Seguiranno le regie di Harold Pinter, Mario Missiroli, Vittorio Gassman e Robert Wilson. Ultimo compagno di Adriana Asti è stato Giorgio Ferrara, scomparso due anni fa con cui ha condiviso la passione e il lavoro per il teatro e proprio negli ultimi anni a pesare più dell’età sono le scomparse a volte repentine e improvvise di alcuni dei suoi più grandi amici.
Leggerezza
È stata anche musa e amica di Susan Sontag nell’inquietante e morboso Una tarantola dalla pelle calda del 1969. Un film in cui Adriana Asti nel ruolo di una sedotta e seduttrice studentessa e assistente di un intellettuale nella Stoccolma della guerra fredda, rivela una capacità erotica intensa.
All’interno del soffocante grigiore borghese fatto di un’impotenza tutta ideologica, ma così tremendamente povera di capacità rivoluzionaria prende forma un gioco di manipolazioni psicologiche che riduce infine ogni ambizione intellettuale allo sterile rito del tradimento di coppia. Un film estremamente potente, faticoso, ma che ancora oggi è in grado di sondare le contraddizioni del nostro stesso contemporaneo e in cui Adriana Asti offre una delle sue migliori interpretazioni.
Tuttavia non si potrebbero pienamente inquadrare le infinite sfaccettature di cui era capace Asti se si escludesse il dono della leggerezza che contraddistingueva l’attrice milanese che in questo era del tutto simile proprio a Mariangela Melato: un’ironia che sfociava in una risata aperta e in una sempre totale assenza di spocchia e snobismo.
Adriana Asti si è dedicata infatti anche al mestiere del doppiaggio e lo fece con estrema professionalità, cura e attenzione, dando la propria stupenda voce a Claudia Cardinale e a Catherine Spaak (prima che i registi si accorgessero anche delle loro voci) e poi tra le altre a Romy Schneider e a Emmanuelle Riva.
Si è concessa la commedia e i film polari, come Zorro di Duccio Tessari al fianco di Alain Delon e anche il formidabile Il petomane di Pasquale Festa Campanile insieme a Ugo Tognazzi. È stata dunque un’interprete totale che senza nessuna inutile ipocrisia ha saputo dare forma al proprio mestiere con l’umiltà tipica delle più grandi interpreti. Libera da ogni malsana idea di divismo, Asti aveva un approccio al lavoro dell’attrice artigianale, fatto di un esercizio continuo che non ha abbandonato mai e che ha alimentato il suo naturale talento e che è stata la fortuna di tutti suoi spettatori, a teatro come al cinema. E anche in televisione.
Chiudere un cerchio
E proprio per la televisione ha interpretato il ruolo di madre ne La meglio gioventù di Marco Tullio Giordana. In quell’occasione era Adriana Carati, madre di Matteo (Alessio Boni) e Nicola (Luigi Lo Cascio). Madre e insegnante di quei figli del Sessantotto di cui era stata lei stessa protagonista.
E anche in qualche modo madre di una generazione di nuovi attori che proprio con La meglio gioventù avrebbero vissuto il loro primo successo, da Luigi Lo Cascio a Fabrizio Gifuni, da Sonia Bergamasco a Maya Sansa e poi Jasmine Trinca, Claudio Gioè, Valentina Carnelutti e Camilla Filippi.
Con La meglio gioventù si andava cosi a chiudere un cerchio aperto con Prima della rivoluzione, un ampio raggio che conteneva dentro di sé un Novecento italiano fatto di libri, film e molta politica. Un mare in tempesta, quello del secolo breve che Adriana Asti ha saputo domare e restituire al proprio pubblico con la grazia e la misura precisa di una grande attrice.
E il destino infine ha voluto, nella sua terribile e splendida volontà, offrirle attraverso Abel Ferrara anche il ruolo della madre di Pier Paolo Pasolini di cui fu profondamente amica. Un incrocio del destino in cui arte ed esistenza si sono trovate a fare i conti l’una con l’altra, rivelandosi e scoprendosi a vicenda attraverso il corpo e l’interpretazione di Adriana Asti.
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