A ottocento anni dalla stesura del Cantico delle Creature, probabilmente il testo poetico più antico della letteratura italiana, Giovanni Guidi, musicista e compositore, ha presentato recentemente all’Auditorium Parco della Musica e all’Abbazia di Fossanova per il Roma Jazz Festival, un progetto speciale che trasforma la parola francescana in un viaggio musicale capace di parlare al presente. Al centro, la figura di san Francesco d’Assisi: poeta, rivoluzionario, testimone di una visione del mondo fondata su povertà, rispetto del creato e fraternità universale.

Sul palco insieme a Guidi oltre alla Priverno Jazz Orchestra, diretta dal maestro Mario Corvini, un ospite d’eccezione, l’attore Stefano Fresi.

Incontriamo Giovanni Guidi, ideatore del progetto, per capire perché un musicista jazz senta l’urgenza di confrontarsi con san Francesco, un personaggio apparentemente distante, ma capace di interrogare con forza il presente.

Cosa la colpisce di più della figura di san Francesco?

Sono cresciuto, e vivo tuttora, nelle terre di san Francesco, in Umbria. Fino a pochi mesi fa abitavo a Rivotorto, in via del Sacro Tugurio, dove è nato il rifugio dei primi seguaci del santo. La sua storia mi ha sempre affascinato: un giovane nobile, ricco, sempre in cerca di divertimento, che improvvisamente compie una trasfigurazione. Cambiano i suoi interessi, gli obiettivi, il senso stesso della vita. San Francesco sceglie le condizioni più estreme della povertà per stare più vicino agli ultimi, diventando uno di loro, condividendone fino in fondo le condizioni.

Nel Cantico, che è il suo testo più emblematico, il santo pone l’accento sull’intero creato. Il sole, la luna, le stelle, l’acqua, il fuoco sono le prime cose che vediamo appena nati, le più semplici, le più naturali, ma che hanno una potenza straordinaria e che meriterebbero più rispetto e amore. Ispirandomi a ciascuno di questi elementi, ho scritto una serie di brani che suonerò con una big band, la Priverno Jazz Orchestra. È la prima volta che suono la mia musica con una formazione così grande, il suono cambia radicalmente, si apre, si espande. E questa volta, sul palco dell’Auditorium Parco della Musica di Roma ci sarà una novità, Stefano Fresi.

La presenza dell’attore aggiunge una dimensione narrativa e teatrale al progetto. Come avete costruito il dialogo tra parola e musica?

È la prima volta che lavoro con Stefano e per me è un onore. La sua presenza è centrale e costante durante tutto lo spettacolo: sarà lui a dare voce al Cantico e ad altri testi di e su san Francesco, scelti da lui. In alcuni momenti resterà solo la voce recitante, in altri sarà accompagnato dal pianoforte o dall’orchestra. Quello che mi interessa creare è uno spazio emotivo, in cui la musica è capace di far risuonare la parola e viceversa.

Il mondo della musica jazz è molto lontano dalla dimensione religiosa di san Francesco, come ha provato ad accorciare le distanze?

Penso che il mondo di san Francesco sia anche molto lontano dalla chiesa di oggi, parlo dei vertici, del sistema chiesa. Questo papa non lo conosco ancora, ma papa Francesco di certo, già dalla scelta del nome, si era avvicinato molto. Non so se sono riuscito ad accorciare questa distanza, ma sicuramente mi sono appassionato e ispirato a questa figura rivoluzionaria.

Non è la prima volta che mi accade: in passato sono stato affascinato da un altro personaggio chiave della nostra storia, Pier Paolo Pasolini, a cui ho dedicato un concerto: Cento comizi d’amore. Tra l’altro c’è una connessione anche con san Francesco: Pasolini dormì una notte alla Pro Civitate Christiana di Assisi, un luogo di passaggio di tanti artisti e politici, lì fece il suo primo concerto Guccini nel 1968. Nella sua stanza Pasolini trovò un vangelo e da quell’incontro nacque l’idea del film Il vangelo secondo Matteo.

Il Cantico delle Creature nasce come preghiera, ma oggi risuona come un gesto politico? Perché?

Forse perché la preghiera, in fondo, è sempre politica, così come la politica ha qualcosa della preghiera: sono modi diversi di prendersi cura del mondo, delle persone, del creato. I temi umani, cristiani e universali di san Francesco, come la pace, la fratellanza, il rispetto per la Terra, sono esattamente quelli che la politica dovrebbe affrontare oggi.

E invece, troppo spesso, va in direzione ostinata e contraria. Siamo molto lontani da ciò che san Francesco avrebbe immaginato per il futuro: non preserviamo il Pianeta, ci allontaniamo sempre più dalla pace, e la fratellanza è praticamente assente dall’agenda politica globale. Per questo il Cantico non è solo un testo spirituale, ma una presa di posizione forte sul presente.

Cosa spera che il pubblico porti con sé dopo aver ascoltato Il Cantico delle Creature?

Spero sempre che un concerto possa essere anche un momento di trasformazione. Che ognuno esca, anche solo in una misura infinitesimale, un po’ diverso: migliore, peggiore, non importa. Ma con qualche domanda in più, con una riflessione aperta. In uno spettacolo come questo il discorso vale ancora di più, perché si lavora su un testo di straordinaria importanza, che è anche uno dei fondamenti della nostra letteratura, e che veicola messaggi profondissimi. Non credo che la musica possa cambiare direttamente le persone, ma può aiutarle a riflettere, a far emergere emozioni che spesso restano nascoste. E questo, già, è un atto potente.

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