«Ho deciso di scrivere di donne perché non sono una donna. Perché ho la sensazione di conoscerle sempre poco, anche se vivo con quattro di loro. E perché è più utile scrivere di ciò che vuoi conoscere meglio, invece di ciò che credi di conoscere già». Sto parlando al telefono con Matteo Bussola. Il cui libro è il vero caso della classifica dell’ultima settimana prima di Natale. Ora il suo romanzo Il rosmarino non capisce l’inverno, Einaudi Stile libero, è terzo in classifica. E l’inverno lo capisce benissimo.

Era uscito infatti prima dell’estate il 28 giugno e ora, arrivato a centomila copie, fa il terzo incomodo nella sfida thriller tra Caminito di Maurizio De Giovanni, al primo posto, Einaudi Stile libero, e La casa delle luci di Donato Carrisi, al secondo, da Longanesi.

Scrittore autarchico

Bussola è un autore autarchico, fa tutto da solo, scrive il romanzo, si disegna la copertina perché nasce fumettista, inventa il titolo; l’ideale per Paolo Repetti, il suo editore, publisher di Stile libero, che sta presidiando la classifica.

«Murakami ha detto che lo scrittore è uno che non sa niente, per questo scrive. Sono d’accordo», mi dice. «Non voglio spiegare nulla. La scrittura è il mio modo di conoscere le cose. Scrivere di donne mi consente di osservare il mondo da un punto di vista inedito.»

«A cosa pensa una donna quando, assordata dalle voci di tutti, capisce all'improvviso di aver soffocato la propria? A cosa pensa una donna quando lascia qualcuno? Quando si innamora senza scampo? Quando è triste o felice o arrabbiata o risoluta o crudele? Quando è accudente come una nonna oppure spietata come un nemico? Quando si deve giustificare per la voglia di fare sesso o per quella di non volerlo fare?»

«L’idea del libro è nata dal fastidio nei confronti di certe narrazioni al femminile che dipingono le donne come madri accudenti, amanti appassionate o principesse disperate. Oppure, di contro, le eroine ribelli per statuto o anticonformiste per copione. In mezzo stanno le donne vere. È quello il territorio che mi interessa raccontare. Ferite dalla fine di un amore, da una malattia, dall’incomprensione di una figlia adolescente.  Sono donne fragili e forti, docili e crudeli, inquiete e felici, amano e odiano quasi sempre con tutte sé stesse, perché considerano l’amore l’occasione decisiva. Cadono, come tutti, eppure resistono, come il rosmarino quando sfida il gelo dell’inverno che tenta di abbatterlo, e rinasce in primavera nonostante le cicatrici.»

Bussola allora racconta. Una donna sola che in tarda età scopre l’amore. Una figlia che lotta per riuscire a perdonare sua madre. Una ragazza che invece non vuole figli, perché non sopporterebbe il loro dolore. Una vedova che scrive al marito. Una sedicenne che si innamora della sua amica del cuore. Un’anziana che confida alla badante un terribile segreto. Le eroine di questo libro non hanno nulla di eroico, sono persone comuni,  potremmo essere noi.

Tasmania in classifica

E poi, all’ottavo posto, il romanzo di “auto-non fiction” Tasmania, da Einaudi, da leggere perché scritto da un Paolo Giordano in stato di grazia come nessuno nella scrittura contemporanea, il libro dell’anno secondo la classifica di qualità della Lettura del Corriere.  Dove la letteratura si fa scienza e viceversa. Il protagonista del romanzo si chiama P.G., ha 40 anni, è laureato in Fisica, si occupa della fine del mondo. Gli altri protagonisti sono la bomba atomica, il cambiamento climatico, il terrore degli attentati, le nuvole, i dati scientifici e lo spirito del tempo, le relazioni in crisi, l’opacità dei legami, il nostro esitare tra un desiderio e l’altro, la scelta di un rifugio dopo la catastrofe, dopo qualunque catastrofe. Ognuno troverà la sua Tasmania, nel romanzo di Paolo Giordano, perché ci leggerà qualcosa che lo riguarda.

Nella saggistica la sfida è tra il Mussolini di Bruno Vespa, Mondadori, e il Nerone di Alberto Angela, Harper Collins; le stelle morte e i lutti di Recalcati e il Mussolini di Cazzullo.

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