Nessuno riesce a competere con la solida trama danbrowniana de L’ultimo segreto, Rizzoli, saldamente primo in classifica anche questa settimana, come un’antica cattedrale del profitto editoriale, l’Iliade del complotto, l’Odissea del decifratore.

I competitors? Una strenna natalizia cartotecnica per ragazzi cresciuti fedeli come monaci alla lezione rowlinghiana (e per nuovi seguaci della saga di Hogwarts) al secondo posto per Salani; un noir di Maurizio De Giovanni al terzo per Feltrinelli. Che il torneo abbia inizio.

L’avventura del maghetto si perpetua con questa nuova edizione di Harry Potter e il Calice di Fuoco, ora illustrata a colori e dotata di gadget tattili per esplorare tende, laghi e Marchi Neri, conferma che l’editoria per l’infanzia è il vero laboratorio della nostalgia adulta: siamo noi, i vecchi bambini che continuano a sfogliare la stessa pagina, ora con i pop up.

Un noir politico

Il noir feltrinelliano di De Giovanni, dal titolo talmente furbo da alludere contemporaneamente ad Andrea Camilleri e a Georges Simenon, L’orologiaio di Brest, è un romanzo politico. Parola un tempo vietata nei reparti narrativa di genere, oggi ripescata come un vinile vintage. Tra cronaca nera e orologeria metafisica. Attenzione, questa è un’innovazione.

Non tutte le fiction sono uguali e un noir dalla trama serrata al limite della credibilità può dirci molto sulla violenza della politica nel ventennio di piombo e di trame tra i Settanta e gli Ottanta. Più di tanta sociologia. Il pubblico ama i romanzi di genere e in questo caso il genere racconta delle storie della Storia.

Eppure oggi molta narrativa si è messa l’elmetto morale: invece di immaginare ciò che potrebbe accadere, preferisce predicare ciò che dovrebbe accadere (copy Siti). È la grande conversione etica del romanzo contemporaneo — da laboratorio di dubbi a fabbrica di buone intenzioni. Il risultato è un’ampia, compassionevole insopportabile pletora di storie edificanti: bambini deportati sui treni ma resilienti, migranti osservati solo come vittime, donne finalmente vincitrici dopo un’epica contabilità di ostacoli, gay che scoprono di amarsi e quindi — miracolo editoriale — subito felici.

La narrativa come dispositivo pedagogico: ci insegna non a pensare, ma a comportarci. Mentre il noir, quando funziona come in questo caso, ci costringe a guardare nel buio — e a riconoscere che lì, dentro quella oscurità, batte ancora il cuore torbido della nostra democrazia. «La verità non si insegna, ma la si scopre» ci avverte Umberto Galimberti nel suo nuovissimo Le disavventure della verità, nella collana Idee di Feltrinelli.

In questo romanzo sciasciano di De Giovanni, lettissimo inventore di trame pizzofalconiche, la storia d’Italia è un filo spezzato: un orologio fermo alla stagione del piombo e del sangue. Quanto il passato può continuare a dettare il ritmo del presente? È un’Italia sospesa tra l’illusione del cambiamento e la persistenza dei poteri occulti: il tempo sembra avanzare, ma gli ingranaggi della Storia girano a fatica, quasi fossero arrugginiti. Vera Coen e Andrea Malchiodi sono i protagonisti.

Lei giornalista di un quotidiano locale considera la ricerca della verità una missione. Lui, il professor Andrea Malchiodi, ha incassato le delusioni di una carriera accademica spezzata da uno scandalo, insieme all’amarezza per un matrimonio finito. Ad affliggerlo, il dolore per la malattia della madre che lo ha cresciuto da sola, dopo averlo concepito in una notte nei primi anni Settanta, gli anni della rivolta.

C’è qualcosa che li lega. Un fatto di sangue accaduto quattro decenni prima. Una ferita nel lontano passato di lei che riscrive il passato di lui.

Comincia così un’indagine nelle tenebre più fitte della notte della Repubblica, piste deviate, documenti spariti, testimoni manipolati, a caccia del misterioso uomo degli ingranaggi, l’esperto di armi ed esplosivi, militante di un’organizzazione combattente, primula rossa e custode di segreti inconfessabili. Il nastro si riavvolge fino al principio degli anni Ottanta, sospesi tra gli ultimi fuochi della lotta armata e le prime luci di un’età che si presenta come nuova e invece è dominata dai Gattopardi di sempre. L’orologiaio di Brest è un romanzo di mistero, un viaggio nel cuore della menzogna italiana.

Milano prima città per consumi culturali

La spesa per consumi culturali nella città di Milano è cresciuta nel 2024 dell’1 per cento a 542,2 milioni di euro: si conferma così pari al 13 per cento di quella nazionale. Il dato sarà presentato a Milano il 5 novembre come avvio di BookCity la grande festa diffusa del libro dal 10 al 16 novembre.

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