Il modo in cui un fenomeno (dalla tecnologia alla politica, dalla famiglia al sesso…) viene raccontato nei fumetti, nelle serie televisive, nel cinema commerciale, coincide con quello in cui esso è visto dalla stragrande maggioranza delle persone, cioè come esso entra e rimane nell’immaginario collettivo.

La cultura popolare (“pop”), infatti, è l’insieme di tradizioni, saperi, idee, usanze, che sono tendenza mainstream di un certo contesto e opera contemporaneamente come uno come specchio e come una lampada: riflette le opinioni della gran parte delle persone e, al contempo, le illumina e, così facendo, non solo le rende visibili meglio, ma ne modifica le forme.

Il fenomeno giuridico, nei suoi molteplici aspetti, non ne è certo escluso: il modo in cui il diritto e i suoi operatori – professori universitari, studenti delle facoltà di giurisprudenza, avvocati, magistrati, forze di polizia – sono riflessi e illuminati dall’immaginario collettivo della pop culture coincide, infatti, con il modo in cui essi vengono percepiti dai non addetti ai lavori. E gli addetti ai lavori, dal canto loro, farebbero bene a esserne consapevoli.

Uno dei media pop che meglio si presta a essere applicato al mondo giuridico è quello del fumetto, in quanto interessante, propriamente popolare (anche chi non ha mai letto un comic-book sa chi sono Spiderman e Batman) e che stimola l’immaginazione, per il fatto di occuparsi di cose meravigliose (e non a caso Marvel è il nome di uno dei principali editori del settore).

E il ragionamento giuridico è spesso un’operazione immaginativa. Nel 1954 un dodicenne dell’Arizona scrisse al giudice della Corte suprema statunitense Felix Frankfurter che sognava una carriera nel diritto come professione e chiese quindi consigli su come iniziare a prepararsi mentre era ancora alle scuole medie. Il giudice gli rispose: «Importante per un giurista è la coltivazione delle facoltà immaginative: leggi poesie, guarda grandi dipinti, e ascolta grande musica. Nutri la tua mente con molte buone letture e amplia e approfondisci i tuoi sentimenti, sperimentando il più possibile i meravigliosi misteri dell’universo. Non pensare alla tua carriera futura».

Fumetto e diritto

La ricerca giuridica può occuparsi e sfruttare l’immaginativo pop in diversi modi: utilizzandolo, ad esempio, per insegnare il diritto attraverso elementi familiari per spiegare meccanismi complessi; ne è un caso il fumetto Bound by Law? Tales from the Public Domain edito nel 2008 dalla Duke University Press il quale, attraverso mostri e viaggi nel tempo, spiega ai suoi lettori alcune difficili questioni relative ai diritti di proprietà intellettuale. E il titolo, in quel classico gioco di rimandi e rinvii tipico della pop culture, cita pure un episodio dei Simpson di Matt Groenig.

Ma i fumetti possono anche essere utilizzati per rendere più fruibili, da parte di coloro che non vogliono o non possono comprenderne appieno la portata, alcuni complessi strumenti di regolazione: l’artista grafico Robert Sikoryak, ad esempio, ha disegnato una graphic novel che spiega le condizioni d’uso di iTunes della Apple, rendendo gradevole ciò che la maggior parte di noi non legge, perché noioso. La “Creative contracts” invece elabora contratti a fumetti (The World’s First Comic Contract, appunto), strumenti giuridicamente vincolanti che, attraverso i fumetti, illustrano chiaramente, in particolare alle parti deboli, come i lavoratori di Paesi in via di sviluppo, le condizioni alle quali stanno per sottoporsi.

Diritto e supereroi

Infine, il modo in cui il fenomeno giuridico è fatto oggetto di narrazione pop può essere molto utile agli esperti per comprenderne meglio peculiarità, carattere e limiti, e intervenire di conseguenza.

Uno degli ambiti giuridici, in particolare, che viene letto come lontano dalle persone comuni, ma di cui è fatto fanno largo uso nei comic-book, specie supereroistici, è il diritto internazionale, spesso visto come il “diritto dei diplomatici”, alieno all’uomo della strada. Eppure, contando anche quelle di derivazione Ue, circa i due terzi delle norme che compongono l’ordinamento italiano sono di derivazione internazionalistica.

Ma i fumetti e il cinema supereroistico – in particolare il Marvel Cinematic Universe, l’insieme di film e serie che si svolgono ad esempio nel mondo di Spiderman e degli Avengers – usano spesso elementi e istituti del diritto internazionale, rifratti spesso attraverso un prisma nazionalista.

Il genere supereroistico – di cui, però, va detto esistono declinazioni in praticamente ogni paese, dall’India alla Cina, dalla Russia ai paesi musulmani – è un fenomeno originariamente nordamericano, che, nelle sue forme più tradizionali (si pensi a Captain america o a Iron Man) e dopo l’11 settembre, è stato utilizzato anche con toni propagandistici, egemoni, potremmo dire. Pure certe traduzioni non sono indenni da deformazioni di parte: le versioni dei fumetti Marvel pubblicate in Italia dall’Editoriale Corno negli anni Settanta, ad esempio, erano epurate di tutti i riferimenti originali ai “rossi cattivi”, per evitare di irritare il Pci.

Le storie dei supereroi, peraltro, a volte, sono ambientate, oltre che nel mondo reale – e l’universo Marvel in particolare predilige questo approccio realistico, in cui i supereroi incontrano anche politici reali – anche in stati immaginari, così che la narrazione possa procedere senza riferimento a luoghi che potrebbero mettere in imbarazzo lettori, autori o, soprattutto, l’editore: e così il ricchissimo regno africano di Wakanda governato da Black Panther, la dittatura centroeuropea di Latveria retta da Victor Von Doom, il dottor Destino nemico giurato dei Fantastici quattro, o Attilan, sede degli Inumani, sono stati dotati di una sovranità assoluta.

Poteri sconosciuti

E anche le organizzazioni internazionali, nell’universo Marvel, hanno poteri sconosciuti a quelle del mondo reale: lo S.H.I.E.L.D., comandato dal colonnello Nick Fury (che nasce bianco nei fumetti e diviene di colore al cinema), viene descritto come il braccio armato delle Nazioni unite ed è autorizzato a intervenire con la forza anche all’interno di singoli paesi.

E quando poi si decide che i superumani sono troppo potenti per poter continuare ad agire autonomamente, ben 117 paesi, sotto l’egida delle Nazioni unite, sottoscrivono gli “Accordi di Sokovia”, con i quali i supereroi vengono posti sotto il controllo di un panel Onu.

Insomma, la funzione egemone del diritto internazionale, nei fumetti supereroistici è presente in maniera molto plastica; spessissimo la sovranità degli stati viene vista come assoluta, quasi un feticcio, grazie al quale lo stato e il suo sovrano sono al centro dell’ordinamento internazionale, ignorando così le tendenze reali più recenti, che danno invece grande rilievo agli individui e ai soggetti non statali, come le imprese multinazionali o le Ong.

Il grande assente

Sotto il profilo delle fonti, poi, il grande assente del diritto internazionale dei supereroi è la consuetudine, che nell’ordinamento internazionale è invece fonte primaria: l’unico strumento regolatorio utilizzato, infatti, sono i trattati internazionali.

Ciò dona al diritto internazionale supereroistico non solo un carattere esclusivamente consensuale ma, al contempo, restituisce la percezione dei trattati come l’unica fonte di obblighi internazionali (che è quello che probabilmente pensano in molti), vere e proprie “icone” dell’ordinamento internazionale.

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