In Europa la sinistra è nell’angolo. Ci si è messa, e ci si è fatta mettere. Quel cordone sanitario che doveva tenere a distanza la destra estrema da tutto il resto dell’arco politico è ormai collassato: le destre di ogni conio sono sempre più vicine fra loro, più compatte e quindi aggressive. Lo si vede nitidamente con l’alleanza tattica tra il centrodestra popolare europeo e i conservatori di Giorgia Meloni.

Già questo slittamento a destra richiederebbe in sé una reazione lucida e incisiva. Ma c’è di più: è in corso un tentativo di spostare quel cordone artificiale verso e contro la sinistra. La tendenza è su scala europea, ma la Francia anche stavolta è esemplare: lo è stata ai tempi di Jean-Marie Le Pen, facendo barriera contro il Front National, e lo è oggi, nel mostrarci quanto sia logoro quel cordone anti destra. E quanto il muro si sposti verso la sinistra: il tentativo di Emmanuel Macron di demonizzare l’unione di sinistra ecologista mostra bene la nuova dialettica politica.

L’anticipazione europea

Mentre la destra prende spazio, la sinistra finisce emarginata; questa è la dinamica in corso. Apparirà evidente con il voto europeo del 2024, ma è maturata nel corso degli ultimi anni.

Uno degli snodi risale a più di un anno fa. Il 20 e 21 settembre 2021, in un lussuoso hotel di Roma, si tiene un incontro al vertice della famiglia popolare europea. Antonio Tajani di Forza Italia - l’attuale ministro degli Esteri, e all’epoca il capodelegazione italiano del gruppo popolare all’Europarlamento - accoglie in via Vittorio Veneto, all’hotel Westin Excelsior, l’ufficio di presidenza del Ppe. Quel 21 settembre c’è anche la nazionalista maltese Roberta Metsola: sta per diventare la candidata di punta del Ppe alla presidenza dell’Europarlamento, per poi essere eletta, a gennaio 2022.

L’ascesa di Metsola è in sé il simbolo della nuova conformazione dell’arco politico: si fonda sulla alleanza tattica tra popolari e conservatori, tra quello che veniva percepito come il centrodestra tradizionale e le destre più estreme. Con Metsola il cordone sanitario a destra collassa, come lei stessa anticipa a settembre nella hall di quell’hotel di Roma: non è più l’era del cordone sanitario, quel separé immaginario che teneva ben distinti europeisti e non, populisti di destra e non. «Ormai è diventato un cordino», dice.

Quando si tratta di votare, in aula a Strasburgo, i popolari sono già molto spesso in sintonia con i gruppi più a destra - i conservatori di Meloni (Ecr), e Identità e democrazia, dove siedono Lega e Rassemblement National - mentre «è con la sinistra estrema che siamo dalla parte opposta», racconta nell’autunno 2021 la attuale presidente del Parlamento Ue, facendo intendere piuttosto nitidamente dove andrebbe disposto secondo lei un cordone.

Prende forma, nelle sue parole, una demonizzazione della sinistra, connotata appunto come estrema e ai margini, a distanza dal resto dell’arco politico col quale si può dialogare. Quella conversazione informale romana, a margine della riunione del Ppe, si rivela una anticipazione formidabile dello schema di gioco che vedremo in opera anche al voto europeo del 2024.

Nelle elezioni di metà mandato dell’Europarlamento – a gennaio 2022 – va già in scena la alleanza tattica tra i popolari e i conservatori, che eleggono un loro vicepresidente con il supporto di quelle stesse forze sedicenti moderate che ci arringavano contro i pericolosi sovranisti fino a pochi anni prima. I verdi e la sinistra europea, invece, per la prima volta rischiano la sottorappresentanza nel parterre delle vicepresidenze: la progressiva marginalizzazione delle forze progressiste si intravede, mentre appare conclamata la incapacità del gruppo socialista di imporre uno schema alternativo a quello che i popolari stanno imbastendo.

I demoni francesi

In Francia i socialisti sono già allo stremo, ma qualcun altro riorganizza il campo a sinistra. È proprio a Parigi che il cordone sanitario cambia vistosamente collocazione, nell’estate del 2022. Durante le elezioni legislative, Macron prova infatti a proiettarlo contro l’unione della sinistra ecologista e contro il suo leader, Jean-Luc Mélenchon. È la diabolisation - ovvero la demonizzazione - della sinistra. Anche in Francia, come a livello europeo, le due tendenze vanno insieme: mentre l’estrema destra viene metabolizzata nelle istituzioni, nel frattempo il cordone slitta a sinistra.

Sono passati più di vent’anni, da quelle presidenziali del 2002 in cui i socialisti guidati da Lionel Jospin hanno proiettato i loro voti su Jacques Chirac al secondo turno per fare insieme barriera contro l’avanzata di Jean-Marie Le Pen. Quella era l’epoca del fronte repubblicano, come argine al Front National. Dal 2017 l’attuale presidente francese ha scompaginato profondamente l’asse politico, con la sua politica attrape-tout - “acchiappa-tutto” - concepita per attirare su di sé e fagocitare le componenti centriste, da destra come da sinistra.

Alle sue prime presidenziali, Macron si presenta come la figura che sarà in grado di mettere nell’angolo Marine Le Pen e i nazionalismi. Ma cinque anni dopo, diventa evidente che il mandato macroniano non ha affatto tolto vitalità al Rassemblement National: semmai il contrario. Spostando sempre più a destra la sua retorica e le sue politiche, Macron ha contribuito a erodere il cordone sanitario verso Le Pen, e anche in termini elettorali le distanze si sono assottigliate. La candidatura dello xenofobo Éric Zemmour ha collaborato alla normalizzazione di Le Pen, mentre la destra tradizionale dei Républicains è uscita dalle presidenziali asfaltata.

Ma è con le ultime legislative francesi che lo slittamento del cordone arriva a maturazione. L’ingresso massiccio del Rassemblement all’assemblea nazionale racconta fino a che punto sia collassato ogni argine a destra, mentre la demonizzazione di Mélenchon in campagna elettorale mostra lo spostamento della barriera verso sinistra.

Se la sinistra fa paura

Macron identifica nella Nupes un progetto estremista al pari di quello del Rassemblement: la prima fase dell’operazione di demonizzazione è anzitutto semantica e narrativa. Poi c’è la pratica politica vera e propria. Le elezioni legislative francesi si svolgono in due turni, e nei duelli del secondo turno tra sinistra ecologista e estrema destra, invece di far blocco contro la destra tanti macroniani si sono astenuti.

Il presidente ci racconta una sinistra temibile perché la teme. Fino all’ultimo, Macron ha tentato di impedire l’accordo che ha poi dato vita alla Nupes. A quel punto ha usato la radicalità di Mélenchon come leva per emarginarlo: durante la campagna per le legislative, il leader di sinistra è diventato il nuovo demone macroniano, dopo Le Pen. I confini dell’accettabile, l’estensione del fronte repubblicano, la compatibilità con il sistema, variano a seconda del punto di vista e della fase storica. Ai tempi del cordone contro Le Pen padre, sarebbe stato inconcepibile considerare i socialisti come una forza da tenere ai margini; ma è ciò che finisce per fare Macron quando si scaglia contro l’unione di sinistra.

Alle europee 2024 la dicotomia tra sovranisti ed europeisti sarà del tutto deflagrata, ed è probabile che questa destra di nuova generazione – un’alleanza senza inibizioni tra moderati ed estremi – proietti sul campo progressista l’opera di demonizzazione. Non vale solo per i partiti, ma anche per i movimenti. Basti pensare alla demonizzazione dei movimenti ambientalisti. Se la sinistra non sarà in grado di reagire a questa operazione, sarà l’intero spazio democratico a risentirne.

Questo brano è tratto dal saggio “Il cordone sanitario intorno alla sinistra” contenuto nell’ultimo numero (1/23) della Rivista il Mulino dal titolo: “Che ne è della sinistra?”

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