A settembre del 2022, il Covid cominciava a lasciare spazio per altre preoccupazioni e nasceva l’esigenza di riflettere su quell’esperienza appena passata e su quello che aveva cambiato nelle aule scolastiche. Tutti e tutte più felici di ritrovarsi di persona, di avere di nuovo il compagno o la compagna di banco, di prendere un caffè insieme in corridoio. Ma, un evento che lascia una cicatrice, fa anche nascere domande di senso su quello che si fa. Vale la pena fare come si è sempre fatto o si può approfittare di una cesura, di una discontinuità per provare a pensare un’alternativa? Forse è stato questo a innescare la discussione nella mia scuola, il Liceo Rocci di Fara Sabina, sulle pratiche didattiche: come recuperare, motivare, attivare gli studenti e le studentesse? Anche se forse era un problema che già qualcuno si poneva prima. In qualsiasi caso, per promuovere un cambiamento, bisogna percepire un problema e averne consapevolezza.

La scoperta di Dewey

Da qui, insieme ad altre colleghe – all’inizio eravamo un gruppetto di donne – abbiamo cercato di capire cosa si potesse fare e se ci fosse chi in altre scuole avesse tentato un percorso in cui rimettere al centro il processo di insegnamento-apprendimento in un’ottica trasformativa e democratica. Così abbiamo scoperto l’esperienza dei Licei di Roma Morgagni e Aristofane, a cui poi si sono affiancati altri istituti, oltre che di singoli docenti che portavano avanti un percorso di autoformazione, sperimentazione, scambio e disseminazione tra pari. C’è stato un crescendo di esperienze in cui abbiamo riscoperto o scoperto persone che si sono occupate e che si occupano di educazione, che ci hanno affascinato, risvegliato degli interrogativi, spinto a trasformare il nostro modo di fare scuola. Tra questi il pedagogista americano John Dewey, padre dell’attivismo.

Learning by Deweing

Lo scorso 20 ottobre, nel corso della terza edizione del Learning by Deweing (il convegno organizzato ogni anno a Roma Tre sul tema della valutazione), è stato chiaro che le scuole che adottano la valutazione che educa non sono più casi isolati, come si poteva pensare all’inizio. Al contrario, c’è un movimento dal basso, diffuso a macchia di leopardo sul territorio italiano, che sta proponendo nelle università e negli istituti di ogni ordine e grado una ricerca-azione sulla didattica e sulla valutazione e che riflette sulle esperienze di insegnamento apprendimento promosse: l’esperienza senza riflessione resta solo attività, come diceva proprio Dewey.

Il 20 ottobre ricorre il compleanno di J. Dewey: quale momento più adatto per riconoscersi nei principi del Documento comune per la Valutazione educativa, condiviso da docenti, famiglie, studenti del Coordinamento per la Valutazione Educativa, Cve che ormai conta oltre al nucleo originario di Roma tanti gruppi diffusi sul territorio, a Chieti e Pescara, Fara Sabina, Ivrea, Latina, Massa e Carrara, Verona e molti altri. Anche quest’anno, nella sala Volpi della Facoltà di Scienze della Formazione di Roma Tre, si sono riuniti dirigenti scolastici, docenti universitari, insegnanti della scuola primaria e secondaria con diverse provenienze geografiche, alcune famiglie e studenti che hanno portato, ciascuno dal proprio punto di vista, il proprio apporto nei gruppi di lavoro.

Il bello sta nella discussione aperta, trasversale, democratica che cerca di rispondere alle domande che appartengono a chi pratica la valutazione educativa e a chi ci si avvicina per la prima volta: è preferibile un consiglio di classe omogeneo o con singole esperienze dei docenti; qual è il punto di vista di chi apprende sulla valutazione; quali sono i vantaggi e gli svantaggi nell’uso delle rubriche; come trasformare la valutazione dell’apprendimento in valutazione come apprendimento; come iniziare tra speranze e frustrazioni. La cornice del confronto rimane quella della valutazione che educa, generando benessere negli studenti e nelle studentesse e incidendo positivamente sullo sviluppo degli apprendimenti.

Altre iniziative 

Il Learning by Deweing rimane un appuntamento annuale importante, punto di incontro, confronto, crescita, ricerca. Ma non è il solo. I Cve promuovono formazione, supervisione con le università, approfondimenti di letteratura scientifica, disseminazione di buone pratiche, anche attraverso i social. È anche possibile formarsi presso la Facoltà di Scienze della formazione di Roma Tre con il Master in Valutazione educativa e formativa per il miglioramento dei processi di insegnamento e apprendimento di I e II livello, di cui è titolare il professor Cristiano Corsini.

Bell Hooks, scrittrice, educatrice e attivista, musa ispiratrice di uno dei Cve, quello della Sabina, ha scritto: «Tutti noi che facciamo parte dell’accademia e del mondo della cultura in generale, siamo chiamati a rinnovarci interiormente se vogliamo trasformare le istituzioni educative - e la società - così che il modo in cui viviamo, insegniamo e lavoriamo possa riflettere la nostra gioia per la diversità culturale, la nostra passione per la giustizia e il nostro amore per la libertà» (Insegnare a trasgredire. l’educazione come pratica della libertà, Meltemi 2020).

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