Il ddl Valditara è pronto ad arrivare in aula alla Camera. Prevede che ogni attività di educazione sessuale, affettiva o relazionale debba essere autorizzata dalle famiglie. Senza quel consenso, silenzio. Il testo vieta anche di affrontare questi temi alle scuole medie. A rischiare il blocco sono i percorsi contro il bullismo omotransfobico e i progetti sul contrasto alla violenza di genere: ciò che oggi, nelle classi, salva vite.

La scuola protesta, il governo minimizza. Il ministro dell’Istruzione, Giuseppe Valditara, insiste che si tratta di «tutelare i genitori». Ma le sue giustificazioni, insieme a quelle di altri membri della maggioranza, si reggono spesso su affermazioni distorte. Le abbiamo verificate insieme a Educare alle differenze, rete nazionale di insegnanti ed educatori che da dieci anni lavora per un’educazione inclusiva e rispettosa della realtà: quella in cui gli studenti vivono, e da cui lo Stato non può proteggerli voltandosi dall’altra parte.

educazione civica

In una nota ufficiale, pubblicata il 20 ottobre sul sito del ministero dell’Istruzione, Giuseppe Valditara ha dichiarato: «Le nuove Linee guida sulla educazione civica prevedono come obiettivi di apprendimento, dunque obbligatori, l'educazione alle relazioni e l'educazione al rispetto, verso chiunque e in particolare verso la donna»

Sfogliando le Nuove linee guida per l’Educazione civica, in un trafiletto in effetti si parla di “violenza contro le donne”, continuando a usare un linguaggio binario ed escludente, come fa notare la rete Educare alle differenze: «Le violenze di genere sono presentate senza prendere in considerazione le norme eteropatriarcali che le generano e che le rendono un fenomeno che riguarda tutte le soggettività che non rientrano in tali canoni normativi. In questo documento, lungi dal parlare di misure preventive della violenza di genere attraverso l’educazione, “la violenza contro le donne” viene accostata alla “conciliazione vita-lavoro” e all’imprenditoria femminile. Tutto il documento si caratterizza, d’altronde, per un cambiamento di focus dalla persona studente come cittadina a consumatrice/produttrice, inserita in un sistema economico capitalista».

Nelle linee guida si esplicita inoltre che queste tematiche andrebbero affrontate solo nella scuola secondaria di secondo grado.

costituzione

«Siccome l'articolo 30 della Costituzione attribuisce innanzitutto ai genitori il compito di educare i figli, riteniamo giusto che siano i genitori di minori a decidere se far frequentare ai figli adolescenti lezioni sulla identità di genere dopo aver avuto adeguate informazioni sul contenuto dei corsi».

Eppure l’articolo 33 della Costituzione pone la libertà d’insegnamento come cardine su cui fondare la ricerca e la scuola. La libertà della famiglia ricade nella possibilità di scelta tra sistema d’istruzione pubblico e statale da un lato e privato dall’altro. Nel primato educativo della famiglia si nega così il carattere pubblico dell’educazione e si riconduce tutta la dimensione educativa sotto l’egida del pater familias con il chiaro intento di cancellare il carattere democratico del sistema d’istruzione e di riportare indietro il Paese a un’etica confessionale e di Stato.

«La scuola addestra all’obbedienza e la famiglia educa alla tradizione», commentano gli insegnanti. «Ciò che scompare è la possibilità di educare al pensiero critico, competenza essenziale di ogni cittadinanza consapevole nei regimi democratici. La scuola non è in contrapposizione alla famiglia: la scuola è un’istituzione autonoma dove si compongono le istanze particolari delle tante e diverse soggettività che la attraversano: le famiglie, le persone studenti, docenti, i territori ecc. Dire che la potestà educativa rispetto all’educazione sessuo-affettiva spetta alla famiglia è aumentare le disuguaglianze e rimanere ancorati a una visione della scuola oscurantista in cui il corpo e la sessualità non possono avere spazio di cittadinanza».

90%

«II 90 per cento delle scuole ha attivato corsi di educazione alle relazioni e al rispetto, nella stragrande maggioranza curricolari».

Non è disponibile al pubblico un report dettagliato con metodologia del questionario a cui fa riferimento il ministro: campione, tasso di risposta, definizione precisa dei “corsi di educazione alle relazioni e al rispetto”. Senza questi dettagli, la dichiarazione del 90 per cento resta un numero dichiarato ma non verificabile. L’affermazione parla inoltre genericamente di “corsi” attivati; non si specifica la durata, la qualità, se siano “corsi” strutturati o interventi sporadici, né se tutti gli alunni delle scuole coinvolte abbiano partecipato.

Per la rete nazionale di insegnanti e formatori è «Falso. Così come resta lettera morta la Convenzione firmata da Valditara con la Fondazione Cecchettin a cui non è seguita alcuna azione nelle scuole (nemmeno la formazione docenti a carico di Indire tanto sbandierata) e nessuno stanziamento di fondi da parte del Mim. Dopo la circolare di Valditara sull’educazione al rispetto, infatti, dal ministero non sono pervenute ulteriori indicazioni né tanto meno fondi e iniziative. Le iniziative che hanno costruito le scuole sono state del tutto autonome, sciolte e su base volontaria. Il dato del 90 per cento andrebbe perciò innanzitutto verificato e contestualizzato in un panorama in cui tutto e niente può dirsi educazione al rispetto e alle relazioni, mancando linee guida chiare per tutte le scuole».

femminicidi in nord europa

«I femminicidi non si combattono con l'educazione sessuale: l'educazione sessuale si fa da decenni nei paesi del nord Europa che però nel mondo occidentale sono in cima alla lista per femminicidi e violenze sessuali, con tassi di molto superiori all'Italia».

Un dato smentito dalla ricerca scientifica che ha da tempo dimostrato che l’educazione sessuo-affettiva olistica e continuativa è un efficace metodo di prevenzione delle violenze di genere. Anche l’Unesco e l’Oms da anni la raccomandano, con linee guida in cui l’educazione sessuo-affettiva inizia dai primissimi anni di età. Ma proprio quegli emendamenti che chiedevano che che l’educazione sessuale avesse fondamento scientifico e che rispettasse le linee dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, sono stati bocciati, come raccontato da Domani. «Rispetto ai paesi nordici, bisogna capire diverse questioni», commentano da gli insegnanti «i quali paesi nordici parliamo e quali dati stiamo citando. Che tipo di educazione sessuo-affettiva viene fatta: un’educazione meramente biologica come la vorrebbe Valditara, o un’educazione olistica, che prevede parlare di consenso, di piacere, di emozioni?».

«fermo restando»

Per Valditara: «È falso affermare che il ddl sul consenso informato abbia eliminato l'educazione sessuale. Al contrario, il testo precisa proprio: Fermo restando quanto previsto dalle Indicazioni nazionali».

Le Nuove indicazioni nazionali non sono ancora in vigore. Dovrebbero diventare effettive dall’a.s 26/27. Resta sospeso il parere del Consiglio di Stato. Nel frattempo a scuola vige sempre la legge Bassanini sull’autonomia e pertanto ciò che fa fede per le persone docenti è il curricolo d’istituto della propria scuola (che fa parte del Piano triennale dell’offerta formativa – Ptof). L’autonomia scolastica rende le scuole istituzioni autonome ed è per queste che si chiamano “indicazioni” e non programmi perché ogni comunità educante elabora il proprio progetto educativo con il curricolo d’istituto contenuto nel Ptof.

Come spiega in questa nota il ministro: «Nelle nuove Indicazioni, nel corso di scienze è previsto fra l'altro lo studio delle differenze sessuali fra maschio e femmina, della evoluzione sessuale del corpo, della riproduzione, del concepimento e della procreazione, delle caratteristiche della pubertà, dei rischi derivanti dalle malattie sessualmente trasmesse». 

«Il rimando alle Indicazioni nazionali è terribile. Le nuove indicazioni nazionali hanno spazzato totalmente via ogni riferimento al genere (già scarso nelle precedenti, in realtà), per tornare a una concezione di differenza sessuale dicotomica e binaria. Nella parte introduttiva, si parla infatti di complementarietà dei sessi: si essenzializzano così le differenze, rendendo impossibile pensare di costruire un cambiamento culturale. Inoltre, ridurre l’educazione sessuale al mero dato biologico e riproduttivo, significa continuare a ignorare che la complessità della sessualità, delle identità e dei corpi; significa escludere e mettere a tacere sistematicamente delle tematiche che vengono relegate al sotterraneo, all’educazione informale che troppo spesso si fa attraverso fonti inadeguate che rischiano di creare immaginari pericolosi e sessisti, come molta pornografia mainstream, a cui le persone studenti accedono già dalla scuola primaria».

«insegnare la masturbazione»

L’educazione - sessuo affettiva per il deputato della Lega, Rossano Sasso, è un'idea «degradante» perché il rischio, denuncia il leghista, è «invitare i bambini di 6 anni a masturbarsi, come vorrebbe l'Oms».

Falso. Il documento dell’OMS per l’Europa “Standards for sexual health services” e altri relativi all’educazione sessuale riconoscono che i bambini, nelle primissime fasi della vita (ad esempio 2-3 anni), possono esplorare il proprio corpo, ma non prevedono istruzioni né promuovono la masturbazione attiva nei bambini in età elementare (6 anni) come parte di un programma educativo scolastico. In altre parole: l’Oms non ha mai raccomandato che bambini di 6 anni debbano essere insegnati a masturbarsi o utilizzino sex toys nelle scuole, come suggerisce l’onorevole Sasso. Ma cosa significa educazione sessuale per i bambini, rispondono da Educare alle Differenze: «L’educazione sessuo-affettiva per persone di sei anni significa mettere al centro il loro corpo, educarli all’ascolto di quello che provano, di quello che gli piace e di quello che non gli piace, alla scoperta dei propri confini e di quelli degli altri. Significa prevenire anche le molestie e gli abusi, insegnando a riconoscerli Significa anche costruire immaginari liberi da stereotipi che permettano di pensarsi senza condizionamenti legati alle espressioni di genere più consolidate, che sono poi quelle su cui si incardina la cultura dello stupro, allenarli a riconoscere il dissenso e a rispettarlo, ad avere uno sguardo attento sui propri desideri per crescere come persone adulte capaci di autodeterminarsi e rispettose delle scelte altrui».

teorie gender

«La legge sul consenso informato ha piuttosto lo scopo di non creare confusione nei bambini insegnando le cosiddette teorie gender, cioè teorie secondo cui accanto ad un genere maschile e femminile ci sarebbero altre identità di genere che non sono né maschili né femminili».

La “teoria gender” non esiste. È un’etichetta polemica, inventata negli anni ’90 dal Vaticano, per delegittimare studi e battaglie che mettono in discussione i ruoli sessuali e denunciano discriminazioni contro donne e persone Lgbtq. La destra europea ne ha fatto un’arma politica: insieme da altre come “la sostituzione etnica” e la difesa della “famiglia naturale”. Nelle scuole italiane non si insegna alcuna “ideologia gender”. Esistono invece percorsi consolidati di educazione alle differenze e al rispetto, spesso realizzati con associazioni anti-discriminazione. Progetti riconosciuti dalle istituzioni: nel 2011 il presidente Napolitano premiò con una medaglia “A scuola per conoscerci”, attivo da anni in Friuli-Venezia Giulia contro il bullismo omotransfobico. Un lavoro serio, che ha dato risultati. E che il governo Meloni cerca di fermare. 

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