Il 2023 per la scuola è stato l’anno dell’orientamento, il 2024 sarà l’anno dell’orientamento.

L’orientamento è una delle missioni del Pnrr con più di un miliardo di dotazione; è una riforma che deve atterrare nelle classi (primaria, medie, superiori) anche se non si ancora bene cosa dovranno fare tutor e orientatori; è la legge approvata da poco che accorcia gli anni dei professionali da cinque a quattro immaginandone due di formazione in Its; è appunto l’investimento massivo sugli Its, gli istituti tecnici superiori: il ministero di Valditara ha puntato tantissimo sull’orientamento e sul rapporto tra scuola e mondo del lavoro.

Qualche settimana fa siamo andati a Verona a vedere quella che è la fiera più importante di settore, Job&Orienta, che è stata la celebrazione di quest’orizzonte politico.
Come riportano i comunicati stampa, l’edizione di quest’anno è andata molto bene: 45mila visitatori in presenza, 30mila online per le centinaia di eventi organizzati.
Tra questi c’è stato mezzo governo: il ministro Valditara ovviamente, ma anche Lollobrigida, Calderone, Nordio, Abodi, Fitto, e anche Giorgia Meloni, con un tema del salone che quest’anno era persino ridondante “Orientamento made in Italy”.

Tra gli Its  

Stiamo parlando di una politica che non è in discontinuità con i governi precedenti: il nemico è sempre il mismatch, ossia il mancato incontro tra le richieste e offerte del mercato del lavoro. A Job&Orienta è stato persino annunciato un accordo quadro tra Indire e Confindustria, che Giovanni Brugnoli – vicepresidente di Confindustria “per il capitale umano”, riferimento di tutti gli ultimi governi – ha suggellato con la sua convinzione che la chiave per affrontarlo sono Its. E Guido Torrielli, presidente Rete Its Italy, gli ha fatto eco: «Abbiamo a disposizione dal Pnrr risorse per circa un miliardo e mezzo di euro».

A Verona siamo quindi andati anche a vedere come va con gli Its. Nel primo padiglione all’entrata, eri accolto proprio dagli stand degli Its, dai sorrisi degli studenti del secondo anno, o ex studenti, e tutti si dichiaravano entusiasti dell’esperienza che stanno facendo, come se dovessero davvero vendere un’iscrizione.

La qualità del prodotto Its, ci veniva chiarito da questi studenti testimonial, era soprattutto nel loro non essere l’università: sono più veloci dell’università, sono più pratici dell’università, le classi sono più piccole che all’università.

Riempiti stand dopo stand di parole opportunità e potenzialità e di depliant dalle grafiche pastello, ci siamo fermati a prendere un caffè, riflettendo sull’evidenza materiale è che però gli Its sono molti meno che le università.
Il loro modello di studio e formazione lavoro sembra sicuramente molto efficiente e gli indirizzi sparsi in tutta Italia dedicati al design management, al tech food, al turismo e benessere vanno sicuramente incontro alle richieste del mercato, all’innovazione, ma quante persone in Italia possono formarsi in questo modo? Quanti Its possono nascere nei prossimi anni in Italia? Se non vogliamo dire di élite, questo modello è per pochi. E gli altri?

Il business

Proviamo a scoprirlo vagando, e dei tizi molto giovani ci fermano perché vogliono presentarci la loro start-up. Si chiama Dispenso, l’hanno creata da un paio di anni per aiutare chi vuole prepararsi il test a numero chiuso a medicina. Alcuni di loro hanno fatto i test anni fa e invece di andare in reparto, hanno deciso di reinvestire quello che hanno imparato nella preparazione per l’accesso.
Non sono i soli con un’attività del genere.

Anzi, quello dei corsi, del tutoring, delle app di preparazione ai test a numero chiuso è un settore economico in crescita: a Job&Orienta gli stand fioccano.

Ogni mese in Italia nascono nuove start-up, i giovani manager di queste società, Testbusters, Yes Med, Education two, rilasciano interviste su dove andrà un mercato non ancora saturo.
Ci prendiamo un altro caffè e ci domandiamo: ma non è un business parassitario, che fa soldi dall’aver reso  – con il numero chiuso – scarso un bene – l’iscrizione all’università – che prima era accessibile a tutti?

Le università 

Anche gli stand delle università estere sono molti, riempiono quasi un’ala intera della fiera: università asiatiche o università italiane ed europee che propongono scambi in Cina, a Dubai o in qualche altro paese che promette futuro.
In allegato, a pochi metri di distanza, troviamo altri stand di start-up che ti assicurano di darti una mano con la burocrazia, se vuoi fare l’università all’estero: offrono modulistica, traduzioni, consulenza. Sono società che formalizzano e vendono un servizio di mediazione che prima avveniva per passaparola e ora sembra richiedere una expertise.
Altro caffè, altra meditazione: ma non è anche questo un business parassitario che lucra sull’aumento dell’inaccessibilità alle università?

In divisa

Torniamo all’ingresso, nella parte dove i corridoi di stand si diradano, e la fiera somiglia più a un luna park. Proprio all’ingresso principale, la prima cosa che s’incontra sono due pulmini della marina militare con curiose grafiche da call of duty stampate sull’intera facciata, dietro di loro sono schierati una dozzina di mezzi pesanti ricolmi di studenti.

Entriamo anche noi: stringiamo la mano al militare e ascoltiamo una spiegazione su come funzionano l’accensione, l’installazione delle armi, i sistemi informatici integrati “come quelli americani”. Intanto in uno spazio davanti ai mezzi un altro gruppo di un centinaio di persone segue la dimostrazione di un intervento con i cani antiaggressore e antidroga.

Sono tutti sull’attenti, ma l’atmosfera è leggera: «Qualche coraggioso volontario vuole farsi annusare?» e ammicca «Magari una ragazza». Appena finito, il numero viene riproposto, altro centinaio di spettatori: e i cani militari diventano le star del salone.

Del resto l’orientamento alla carriera in divisa va forte anche fuori da Job&Orienta: si moltiplicano i Pcto in convenzione con le forze dell’ordine; e AssOrienta, la principale associazione di orientatori professionisti in Italia, propone sul suo sito un banner «Vuoi intraprendere una carriera in divisa?» stagliato su una portaerei sullo sfondo (fa parte del Consiglio tecnico scientifico di AssOrienta anche Patrizia Nissolino, fondatrice della Nissolino Academy, un’altra “academy” di preparazione ai test per entrare nelle forze armate).

Per attrarre gli studenti non si parla di violenza o di disciplina ferrea, ma di servizio alla collettività, di salario sicuro e di veri e propri percorsi di “formAZIONE”, come recita l’enorme cartellone sopra lo stand del ministero della Difesa.

Testimonial 

Gli stand istituzionali anche sono pieni di giovani sorridenti. Ci fermiamo a quello del Mim, ex Miur, che è ovviamente il più grande. Chiediamo informazioni sul Pnsd, il Piano nazionale scuola digitale (c’è una grande scritta colorata che campeggia): ci dicono che è finito. Chiediamo in che senso?, Sembra come se dicessero che siamo arrivati tardi, e le patatine se le sono mangiate tutte.

No, è finito, ci ribadiscono, nel 2023, e per il futuro non si sa che cosa accadrà. Sono carini e spaesati anche i ragazzi allo stand del Mim che fanno parte di un progetto per un internet consapevole Generazioni Connesse: hanno tra i 14 e i 18 e stanno qui tutta la settimana tutto il giorno. Vi pagano?, chiediamo. No, il ministero ha fatto un accordo con il Giffoni film festival e ci manda in giro in tutta Italia. Sono stanchini, ma continuano a sorridere.

Fare da testimonial è una specie di lavoro non pagato, ragioniamo. Chissà se è pagata la ragazza entusiasta che presidia lo stand della Lidl, dietro di lei un grosso cartonato con un’altra ragazza stampata che esclama: «Assistant manager… in soli due anni!»

In che senso?, chiediamo. Ci viene spiegato che è una specie di contratto di tirocinio e dopo due anni si diventa responsabili di uno dei 730 punti vendita Lidl in Italia. Due anni di formazione e di lavoro per fare un quinto o quarto livello del contratto del commercio? Ma che ne pensano i sindacati di questa roba?

Ci verrebbe da chiederlo proprio ai sindacati. Anche gli stand di quelli confederali sono presenti in fiera, pure se solo da un paio d’anni. Cercano di attirare i ragazzi anche loro, propongono quiz sui diritti del lavoro, test di autovalutazione e questionari sui Pcto svolti. Sfigurano vicino a stand patinati e immersivi con simulatori e maxischermi.

Sullo sfondo dello stand della Cisl un tentativo di hashtag milaniano: “#Wecare”. Pochi studenti si fermano. Anche il sindacato sembra aver fatto un po’ il suo tempo.
E ci viene da pensare che tutti questi modelli alternativi di formazione hanno un nemico comune che non è tanto il mismatch, ma l’università di massa con la sua idea di emancipazione collettiva, l’idea stessa di educazione e di lavoro novecentesca, in fondo noi.

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