Dal 2014 al 2021 la politica ha in molteplici occasioni chiamato alla soluzione violenta della lunga crisi in Venezuela e a un intervento militare straniero. Le differenze coi suoi predecessori
La venezuelana María Corina Machado è la settima premio Nobel per la Pace latinoamericana, ma ha un profilo nettamente diverso dagli altri sei. In tre casi, Saavedra Lamas nel 1936, Oscar Arias nell’87 e Juan Manuel Santos nel 2016, si premiò la risoluzione di conflitti armati. In altri due, Adolfo Pérez Esquivel e Rigoberta Menchú, toccò a insigni difensori dei diritti umani. In uno, il diplomatico messicano Alfonso García Robles, alla lotta all’Olocausto nucleare. Oggi tocca a una politica che, in particolare dal 2014 al 2021, ha in molteplici occasioni chiamato alla soluzione violenta della lunga crisi in Venezuela e a un intervento militare straniero.
María Corina Machado (Caracas, 1967) è la maggiore di quattro figlie di Corina Parisca, psicologa e di Henrique Machado, grosso industriale siderurgico. Studia sia ingegneria che finanza tra Venezuela e Stati Uniti. Fin dal 2000 si fa notare nella parte più radicale dell’opposizione contro Hugo Chávez. È tra i leader di Súmate, una Ong dell’opposizione che denuncia la trasparenza delle elezioni venezuelane in anni nei quali il chavismo era forte di un consenso di massa.
Nell’aprile 2002 è tra quanti entrano al Palazzo di Miraflores nell’effimero colpo di Stato. Nel 2011 è deputata nell’Assemblea nazionale sull’onda di un grosso successo personale nei municipi Baruta, Chacao, El Hatillo; la zona di Caracas di classe più alta che media.
In parlamento è espressione della destra radicale con l’ultimo Hugo Chávez, che muore il 5 marzo del 2013. Se la legittimità e la popolarità di questo era difficile da questionare, le cose cambiano con Nicolás Maduro anche se lei ottiene appena il 3,8 per cento dei voti nelle primarie dell’opposizione.
Troppo estremista per i più. Non si arrende e, in particolare dal 2014 al 2019, la neo-premio Nobel per la Pace prende molteplici volte posizione a favore del rovesciamento violento del governo, anche con l’appoggio di un intervento militare straniero. Nelle proteste del 2014 parla ancora di necessità di un «intervento umanitario».
Poi col passare del tempo continua a radicalizzarsi e, il 23 febbraio del 2019, all’inizio della crisi dovuta alla nomina a presidente a interim di Juan Guaidó, parla esplicitamente di necessità dell’uso della forza. Pochi giorni dopo, in un’intervista alla CNN, rifacendosi a Donald Trump, che con Marco Rubio diviene una sorta di suo mentore, parla esplicitamente di opzione militare. Successivamente chiede una coalizione internazionale che appoggi le Forze Armate venezuelane in un eventuale colpo di Stato per soffocare la prevedibile Resistenza chavista.
È solo dal 2021, quando la presidenza Guaidó si palesò come inconsistente in patria, che Machado capisce che evocare un’invasione militare straniera non sia un’opzione desiderabile neanche per i suoi. Così, pur mantenendo toni altissimi, smette di parlarne. Del resto, è ripetutamente sotto l’attacco di altri leader dell’opposizione a Maduro.
Più volte Henrique Capriles (battuto da Chávez nel 2012 e, di misura, da Maduro nel 2013) critica María Corina Machado. Parla di velleitarismo e di estremismo e invita al negoziato col governo e a cancellare qualunque ipotesi di guerra per liberarsi dell’odiato Maduro. Anche Julio Borges è a lei che si riferisce quando invita a non mettere a rischio la sovranità del paese pur di cacciare Maduro.
Ma sia Capriles che Borges sono leader in discesa, mentre lei è in ascesa, in particolare negli anni dell’iperinflazione. Così nel 2023 è il suo turno di stravincere le primarie dell’opposizione col 90 per cento delle preferenze. Avrebbe il vento in poppa, ma il governo Maduro trova il modo di inabilitarla in base ad accuse che la collegavano ad attività legate a Juan Guaidó e all’appoggio alle sanzioni internazionali contro il paese.
Così Machado designa come candidato l’anziano diplomatico Edmundo González Urrutia che, il 28 luglio 2024, viene derubato della vittoria contro Maduro. Lei, che di nuovo proclama la necessità di trovare un’opzione di forza per uscire dal regime, vive l’ultimo anno in semiclandestinità e, in un caso, denuncia un breve arresto, per essere poi rilasciata.
È una leader combattiva e coraggiosa, senza dubbio, e l’esprit du temps soffia con lei. Ma con la Pace, cosa c’entra?
© Riproduzione riservata



