Anche quest’anno il ministro si è esibito nella tradizionale scelta dei testi d’esame: comincia a suscitare qualche perplessità il modo in cui l’esame viene gestito dai politici di turno per mettersi in comunicazione con la nazione e diffondere i propri messaggi. Se dobbiamo individuare un segno di discontinuità rispetto al passato, è da rilevare nella marginalizzazione delle donne, relegate a una presenza neanche simbolica, quasi accidentale
Siamo alla terza “prima prova” del ministro Valditara, che anche quest’anno si è esibito nella tradizionale scelta dei testi d’esame. Si tratta di un fenomeno sociale che continua a destare interesse soprattutto per la quantità di persone coinvolte, oltre mezzo milione di studenti e quasi quattordicimila commissioni d’esame, e che finalmente comincia a suscitare qualche perplessità, soprattutto per il modo in cui viene gestito dai politici di turno, che possono decidere di mettersi al servizio della scuola o di ricorrere a questa loro prerogativa per mettersi in comunicazione con la nazione e diffondere i loro messaggi.
Come spiegare altrimenti la scelta di dare tanto rilievo a due dei concetti cardine delle nuove Indicazioni nazionali per la scuola del primo ciclo, “rispetto” e “regole”, a cui sono dedicate ben due delle sette prove assegnate?
Di rispetto si parla in modo diretto e autocelebrativo nella proposta B2, basata sull’analisi di un articolo di giornale che espone (e argomenta assai poco) un progetto di Treccani e del MIM sul concetto di rispetto, adottato come parola dell’anno.
Oggi più che mai, si legge nell’articolo, «è necessario riscoprire il valore del rispetto, educare al rispetto, praticare il rispetto», un lemma che conta novanta occorrenze nelle Indicazioni nazionali, dove si parla espressamente di “etica del rispetto” da sviluppare – sono parole tratte dal documento ministeriale – attraverso «un lungo allenamento all’autogoverno garantito negli anni di frequenza scolastica, e in virtù delle ‘regole’ (regole di comportamento, ma anche regole tratte dai contenuti e dai metodi delle stesse discipline, come, p.e., le regole di grammatica o le regole dei giochi in palestra), l’allievo interiorizza il senso del limite e un’etica del rispetto verso il prossimo, gli anziani, i più deboli, che ha nella solidarietà e nella fraternità due luminosi fari di orientamento».
Borsellino, Pasolini e il Gattopardo
E proprio alle regole e alla legalità è dedicata la proposta C1, che dovrebbe consistere in una riflessione critica su un tema di attualità, stimolata da un breve brano tratto da un articolo postumo di Paolo Borsellino, in cui si legge che «se i giovani oggi cominciano a crescere e a diventare adulti, non trovando naturale dare alla mafia questo consenso e ritenere che con essa si possa vivere, certo non vinceremo tra due-tre anni. Ma credo che, se questo atteggiamento dei giovani viene alimentato e incoraggiato, non sarà possibile per le organizzazioni mafiose, quando saranno questi giovani a regolare la società, trovare quel consenso che purtroppo la mia generazione diede e dà in misura notevolissima». Ed è un lavoro che in effetti molte scuole svolgono attraverso l’educazione alla legalità.
Difficile non pensare che quella stessa scuola che secondo il ministro non deve educare alla sessualità se non con il consenso dei genitori, e non deve educare all’uso consapevole delle tecnologie se non attraverso il loro divieto, deve altresì educare alle regole e attraverso le regole.
Tutt’altro che estranea a quest’idea è la scelta di ricorrere a due brani letterari anestetici: una poesia giovanile e assolutamente marginale di Pier Paolo Pasolini e un breve brano tratto dal Gattopardo di Tomasi di Lampedusa. L’analisi del testo, che si conferma a oggi la prova meno significativa di questo esame di Stato, potrebbe essere rinvigorita da scelte meno temperate e pavide, che guardino con più intraprendenza a una tradizione letteraria straordinaria. Se proprio si deve dare un messaggio alla nazione, perché non farle sapere che la letteratura ha un ruolo fondamentale nella cultura italiana del Novecento e ha ancora qualcosa da dire?
Brendon
Tra i testi argomentativi (tipologia B), oltre al già citato articolo sul rispetto, troviamo un testo storico del britannico Piers Brendon, proposto in traduzione senza la necessaria indicazione del nome del traduttore Corradino Corradi. La traccia, tutt’altro che facile e abbastanza respingente, contiene tuttavia uno spunto degno di nota, laddove chiede di elaborare un testo «centrato sul rapporto tra i leader politici e i cittadini attraverso i mezzi di comunicazione di massa attuali (radio, televisione, testate giornalistiche, social media)». Chissà che qualche studente non abbia dedicato le sue pagine allo stile comunicativo di un ministro che usa quotidianamente la scuola per costruire la sua leadership politica?
Pievani
Un bel brano del filosofo Telmo Pievani apre a una fondamentale riflessione sull’impatto ambientale ed economico della produzione e del consumo costante di oggetti, mentre un brevissimo estratto da un articolo intitolato L’indignazione è il motore dei social di Anna Meldolesi e Chiara Lalli arriva in chiusura del dossier a ricordarci che anche le donne scrivono. Perché se davvero dobbiamo individuare un segno di discontinuità rispetto al passato, è da rilevare nella marginalizzazione delle donne, che dopo essersi appena affacciate, negli scorsi anni, con qualche brano saggistico o articolo di giornale, stavolta – ancora in linea con quanto previsto dalle Indicazioni nazionali – vengono relegate a una presenza neanche simbolica, quasi accidentale.
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