Anche a scuola, ormai, non c’è più religione? Sono saliti a oltre un milione, per l’esattezza 1.164.000 nel 2023-2024, gli studenti e le studentesse che scelgono di non avvalersi dell’insegnamento della religione cattolica.

A renderlo noto è l’Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti, sulla base di dati richiesti al Ministero dell’Istruzione e del Merito e delle province autonome di Trento e Bolzano con un accesso civico generalizzato. I dati, infatti, non sono disponibili nel sito ministeriale, perciò Uaar ha dovuto utilizzare la normativa conosciuta a livello internazionale come Freedom of Information Act, per garantire ai cittadini il diritto di ottenere le informazioni in possesso delle pubbliche amministrazioni.

È emerso, così, che «nelle scuole statali italiane le scelte di non frequentare l’insegnamento della religione cattolica crescono a un ritmo di cinquantamila l’anno, nonostante il calo demografico comporti contestualmente una diminuzione annua della popolazione studentesca di centomila unità», secondo Roberto Grendene, segretario nazionale di Uaar. «La disaffezione per l’ora di religione – precisa Grendene, alla luce dei dati raccolti – si diffonde in tutto il paese, ma con accelerazioni di entità diversa che provocano divisioni tra Nord e Sud e tra città e provincia».

È possibile verificare i dati direttamente online, provincia per provincia, città per città, scuola per scuola. Così, balza agli occhi, tra i capoluoghi di regione, la situazione di Firenze, dove il 51,51 per cento ha scelto la laicità.

Seguono i comuni di Bologna (47.29 per cento), Aosta (43,58 per cento), Biella (40,62 per cento), Mantova (40,54 per cento), Brescia (38,6 per cento), Trieste (37.94 per cento) e Torino (37,67 per cento). In fondo alla classifica Taranto, Benevento e Barletta, con percentuali inferiori al 3 v.

Dato che Uaar ha sottolineato questa disparità, Orazio Ruscica, segretario dello Snadir, il primo sindacato dei docenti di religione cattolica, ha accusato l’Unione di «strisciante e spiacevole razzismo territoriale», per il «marcato distinguo tra Nord e Sud», definito dallo Snadir «retrogrado e degradante».

Nord e sud

Insomma, per Ruscica è razzista chi evidenzia una netta differenza tra Nord e Sud nella scelta di frequentare l’ora di religione cattolica. Varrebbe la pena però di interrogarsi sulla principale evidenza, cioè l’emorragia di presenze durante le lezioni confessionali.

L’ora di religione fu introdotta nel 1929, quale «fondamento e coronamento dell’istruzione pubblica», con il Concordato inserito nei Patti Lateranensi. L’obbligatorietà dell’insegnamento venne meno solo con il Concordato del 1984. Fino al primo concorso pubblico, bandito nel 2004, tutti i docenti erano nominati su segnalazione della curia diocesana al dirigente scolastico che normalmente confermava la nomina. Il contratto era annuale e non esisteva uno statuto giuridico di ruolo, al contrario dei docenti delle altre materie.

Ora servono dei titoli per insegnare la religione cattolica nelle scuole statali di ogni ordine e grado, ai sensi dell’Intesa del 28 giugno 2012, come licenze in Teologia, Scienze Bibliche, Sacra Scrittura, Missiologia; lauree magistrali in Scienze Religiose e Scienze dell’Educazione con specializzazione in Pedagogia e didattica della religione e in Catechetica e Pastorale giovanile. Nelle scuole dell'infanzia e nelle scuole primarie l’insegnamento della religione cattolica può essere impartito anche da sacerdoti, diaconi o religiosi in possesso di qualificazione riconosciuta dalla Conferenza episcopale italiana.

Idoneità diocesana

Il problema è che gli insegnanti di religione cattolica, anche quelli vincitori di concorso, devono presentare la lettera di “idoneità diocesana” rilasciata a insindacabile giudizio del vescovo, tramite un suo delegato, responsabile dell’Ufficio diocesano competente. Nessun altro concorso pubblico lo prevede. Questo crea forme di assoggettamento di dipendenti statali italiani non solo a un soggetto privato terzo ma addirittura a un governo straniero, il Vaticano.

Infine, c’è il problema dei contenuti: non è un’ora di storia delle religioni, ma, secondo quanto si apprende dalle Indicazioni nazionali, l’insegnamento della religione cattolica è incentrata sul «messaggio cristiano», per quanto «aperto all’esercizio della giustizia e della solidarietà in un contesto multiculturale»; sull’«incidenza del cristianesimo nella storia e nella cultura» e sulle «fonti autentiche della fede cristiana, interpretandone correttamente i contenuti, secondo la tradizione della Chiesa», per quanto «nel confronto aperto ai contributi di altre discipline e tradizioni storico-culturali».

Nonostante Uaar sottolinei la progressiva diminuzione di chi si avvale dell’insegnamento della religione cattolica, ancora circa l’84 per cento degli studenti italiani sceglie l’ora di religione cattolica.

E nel resto d’Europa? Il quadro è complesso, ma in generale la laicità assoluta è prevista solo in tre paesi europei, dove la religione non si insegna a scuola: Francia, Ungheria e Slovenia. Per il resto, l’ora di religione cattolica o è obbligatoria ma con possibilità di esonero, come in Austria e Germania, o facoltativa, come in Irlanda.

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