Più di 520mila ragazze e ragazzi stanno per affrontare una delle notti più lunghe della loro vita: mercoledì 18 giugno, con la prima prova, inizieranno ufficialmente l’esame di Stato. Ovvero, la “maturità” come si chiamava un tempo, e come tornerà a chiamarsi dal prossimo anno, per volontà del ministro Giuseppe Valditara.

In realtà, come spiega la scienza, la completa maturità neurobiologica si raggiunge un po’ più avanti, intorno ai 25 anni d’età. Ma non c’è dubbio che l’esame continua a rappresentare un rito di passaggio dal forte valore simbolico. Si esce dal nido della scuola, con tutto il comfort (o il peso) della sua quotidianità, e si spiegano le ali verso qualcosa di diverso. Sia esso il mondo del lavoro o l’università.

Proprio per questo, nell’epoca dei social, l’esame è diventato innanzitutto un’esperienza collettiva da condividere. Su TikTok è pieno di contenuti di questo tipo: ragazzi che per la prima volta si rendono conto del peso del tempo che passa, così divisi fra la voglia di vivere il mondo e il timore di non esserne all’altezza. È sempre stato così – come testimoniano libri, film e canzoni – ma ora è normale condividerlo con tutti.

E ci sono anche i podcast, come quello di Est Radio – un collettivo di podcaster di Milano. Uno dei loro prodotti di punta si chiama semplicemente “100 giorni alla maturità”, ed è appunto il racconto della lunga attesa che le ha portate al momento fatidico. È anche un buon modo per avere uno spaccato sulla generazione dei maturandi, con il proprio linguaggio, i sentimenti, le aspirazioni e la voglia di rivalsa. Sempre che si possa trovare dei tratti comuni per un’intera generazione.

Gli scritti

Più della metà dei maturandi di quest’anno proviene dai licei (268.577 candidati), mentre gli altri frequentano istituti tecnici (169.682) o professionali (86.156). Le commissioni d’esame sono composte ciascuna da un presidente esterno e sei commissari (tre interni e tre esterni).

La struttura dell’esame ricalca quella dell’anno scorso: si parte mercoledì 18 giugno alle 8:30 con la prova di italiano. È un compito scritto, identico in tutte le scuole, con alcune tracce scelte dal ministero e di varie tipologie (analisi di un testo letterario; testo argomentativo o tema di attualità). La durata massima è di sei ore.

Il giorno successivo (giovedì 19 giugno alle 8:30) c’è la cosiddetta “materia di indirizzo”. Sul sito del ministero si trova l’elenco completo.

Per fare qualche esempio: latino per il classico, matematica per lo scientifico, lingua straniera per il linguistico, economia aziendale per gli istituti tecnici commerciali e così via. Negli istituti professionali, è una prova integrata, che valuta le competenze in uscita del percorso. Ovvero, quello che uno studente sa fare alla fine del quinquennio, dal punto di vista pratico e professionale (attraverso linee guida date dal ministero e poi adattate dalle singole commissioni).

Infine, in alcune realtà molto specifiche – come alcune regioni autonome o scuole a indirizzo internazionale – è prevista anche una terza prova scritta, in genere sulla lingua di riferimento.

I tototemi

C’è poi un altro fenomeno che si ripete a ogni vigilia: a metà strada fra la cabala e il calcolo statistico. Si cerca di vaticinare quali saranno i temi scelti dal ministero, quali gli autori dei temi letterari e quali invece gli argomenti d’attualità.

Per fare la previsione ci si affida agli anniversari più o meno credibili del 2025; poi si pensa a ciò che potrebbe stare a cuore al ministero, come l’intelligenza artificiale, la pace, persino l’identità nazionale. La verità è che poi le previsioni che si trovano in internet sono così tante che inevitabilmente qualcuno ci azzecca.

Così – sostengono alcune testate specializzate – quest’anno potrebbe essere l’anno di Gabriele D’Annunzio ed Eugenio Montale. Oppure, come si dice ogni anno, potrebbe essere il turno di Dante Alighieri (ricorrono 760 anni dalla nascita nel 2025) e Giosuè Carducci (190 anni dalla nascita).

Tra gli altri papabili di prosa ci sono Italo Svevo e Italo Calvino (per quest’ultimo cade il quarantennale dalla morte), mentre per la poesia si fanno nomi come Giuseppe Ungaretti e Giovanni Pascoli.

Gli anniversari sono tantissimi, se si pensa che sono passati ottant’anni dal 1945, e quindi dalla fine della seconda guerra mondiale, dalla Resistenza, da Hiroshima e Nagasaki.

E poi: sono passati esattamente cinque anni dal Covid. Significa che chi si diplomerà quest’anno, se non è mai stato bocciato, ha iniziato le scuole superiori nel settembre del 2020, nel pieno della pandemia. Ha insomma vissuto appieno la scuola in uno dei suoi momenti più difficili. Non sarebbe un bell’argomento per un esame?

L’orale

Dopo le prove scritte, l’esame entra nel vivo con il colloquio orale, una prova pensata per valorizzare la crescita personale dello studente e la sua capacità di mettere in relazione conoscenze e competenze.

L’orale si apre con uno spunto iniziale scelto dalla commissione – può essere un testo, un documento, un problema, un progetto – da cui prende avvio un dialogo pluridisciplinare. Secondo le linee ministeriali, l’obiettivo non è ripetere nozioni, ma ragionare in modo critico e personale, collegando tra loro saperi diversi e utilizzando anche la lingua straniera.

Parte integrante della prova sono anche l’educazione civica e il racconto dell’esperienza svolta nei Percorsi per le Competenze Trasversali e l’Orientamento (Pcto – per intenderci quella che era l’alternanza scuola-lavoro), che lo studente può presentare con una breve relazione o un elaborato multimediale.

Il colloquio – spiega sempre il ministero – assume così anche una funzione orientativa, aiutando il candidato a riflettere sul proprio percorso e sulle scelte future, sia in ambito universitario sia professionale.

La commissione valuta anche il Curriculum dello studente, tenendo conto delle esperienze scolastiche e non formali. Infine, per chi ha ottenuto sei in condotta, è previsto un approfondimento specifico sulla cittadinanza attiva e solidale, attraverso un elaborato assegnato dal consiglio di classe.

La novità della condotta

La novità di quest’anno è proprio la rilevanza data alla condotta, il primissimo passo di una riforma più ampia immaginata da Valditara e che entrerà in vigore dal prossimo anno.

Non c’è solo l’elaborato aggiuntivo, durante l’orale, per chi ha ottenuto il sei. Chi ha sette o otto non potrà raggiungere il massimo del credito scolastico, riservato agli studenti con almeno 9/10. Ma soprattutto: chi è insufficiente non potrà sostenere l’esame.

Dall’anno prossimo l’esame tornerà ufficialmente a chiamarsi “maturità”. Secondo Valditara, si punterà a valorizzare la crescita personale e le competenze trasversali dello studente. In particolare, l’esame orale diventerà una prova veramente multidisciplinare: «Il colloquio – ha dichiarato il ministro – non dovrà più essere un’esercitazione mnemonica, ma un’occasione per mettere in luce le competenze trasversali, le esperienze di orientamento, l’educazione civica e il curriculum scolastico».

In altre parole, sarà una piccola rivoluzione, che inevitabilmente si porterà dietro diverse critiche e discussioni. Quello che invece rimarrà inevitabilmente invariato è la portata simbolica dell’esame: quel rito che si ripete ogni anno, di fine e inizio insieme, una stagione della vita che si chiude e un’altra che si apre subito dopo.

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