Il Leone d’oro di Venezia 79 c’è, e ha un titolo criptico, The Banshees of Inisherin. In Italia uscirà il 3 febbraio col titolo Gli spiriti dell’isola, ed è il caso di prendere nota.

Martin McDonagh è più un drammaturgo (molto apprezzato e molto rappresentato) che un regista di cinema, ma da regista e sceneggiatore ha firmato nel 2008 un successo di critica come In Bruges, e soprattutto nel 2017 quel capolavoro di Tre manifesti a Ebbing, Missouri, che meritava l’Oscar per il miglior film ma ha conquistato “solo” le statuette per Frances McDormand e Sam Rockwell.

Un microcosmo isolato

©20th Century Studios. All Rights Reserved.

La coppia irlandese doc di In Bruges, Colin Farrell e Brendan Gleeson, si riunisce per uno di quei rari film – sempre più rari – che agganciano cuore e cervello. Cuore e cervello volano immediatamente alla scrittura picaresca di John Steinbeck e di Cannery Row, coi suoi perditempo emarginati e filosofi.

È un microcosmo, quello raccontato da McDonagh. Siamo negli anni Venti, in piena guerra civile irlandese del secolo scorso, e nella piatta, pastorale isoletta della costa, dove si vive di capre, asini, mucche e sbronze al pub, Padraic (Farrell) e Colm (Gleeson, uno dei più grandi attori viventi, capace di trasformare in oro qualsiasi script) stanno per vivere una discesa all’inferno senza ragioni apparenti.

Rottura improvvisa

Brendan Gleeson and Colin Farrell in the film THE BANSHEES OF INISHERIN. Photo by Jonathan Hession. Courtesy of Searchlight Pictures. © 2022 20th Century Studios All Rights Reserved.

Compagni inseparabili di bevute, praticamente inscindibili per il villaggio, un bel giorno non sono più coppia. Colm, l’anziano, l’artista, il violinista eremita della comunità, decide che Padraic  «non gli piace più». È un divorzio senza liti, oggetto di esilaranti confronti per l’oste e i frequentatori del pub. Forse è la vecchiaia che incalza, il poco tempo da vivere e da non sprecare in chiacchiere inutili con un ingenuo capace di intrattenerti per un paio d’ore sulle feci del suo cavallo.

Lontano, sulla terraferma, rimbombano gli echi degli scontri, ma quel conflitto, sull’isola, non tocca nessuno. Colm sfugge l’amico di sempre come la peste. E per Padraic, che vive con la sorella in una casupola da cui solo l’energia di lei tiene fuori l’asina domestica e i suoi animali consociati, è la fine del mondo. In un villaggio di poche anime, significa solitudine, affetti violati. Non ha colpe, non ha fatto né detto niente di male, a detta di tutti è “un pezzo di pane”, espressione che un tempo apprezzava e che oggi gli suona come il peggiore degli insulti.

Simbolismi

©20th Century Studios. All Rights Reserved.

Senza pistolotti ideologici, McDonagh ritaglia ruoli simbolici. La sorella Siobhan ( Kerry Condon, che aveva già un piccolo ruolo in Tre Manifesti a Ebbing) è l’unica vera saggia e intellettuale della situazione: legge libri, per l’orrore della popolazione maschile. Lo scemo del villaggio, più naif ancora di Padraic, ma suo nuovo partner in pectoris dopo la defezione di Colm, è un giovane attore in supersonico decollo come Barry Keogan, tra i protagonisti de Il Sacrificio del Cervo Sacro di Yorgos Lanthimos e di Dunkirk di Christopher Nolan. Suo padre è il poliziotto del paese, la prepotenza incarnata, uno che picchia a sangue e violenta il figlio, nell’omertà dei vicini. Il prete (ovviamente cattolico) non è in grado di fornire aiuto.

Così l’inimicizia tra i due ex amici, precipita, non senza tentativi di chiarimento, situazione che suona universale. Cosa lascia più tracce nella memoria? Cosa segna la storia degli uomini? È la gentilezza o l’arte, la musica? La memoria breve dell’uomo semplice non gli restituisce Mozart e Beethoven (nome che Padraic, comprensibilmente, storpia) ma suo padre, sua madre, sua sorella: persone gentili da ricordare.

Teatro dell’assurdo

Colin Farrell in the film THE BANSHEES OF INISHERIN. Photo by Jonathan Hession. Courtesy of Searchlight Pictures. © 2022 20th Century Studios All Rights Reserved.

Colm ha il sentimento della vecchiaia, del poco tempo che resta: meglio impiegarlo per pensare e comporre che a chiacchierare con un individuo “noioso”. Ma il dissidio precipita, perché l’amico difende, come tutti noi su questa terra, il poco che ha: una compagnia.

C’è un elemento che irrompe nel film, ed è il teatro dell’assurdo di Beckett. Colm minaccia di automutilarsi ogni volta che non verrà lasciato in pace, e una ad una si taglia le cinque dita della sinistra, quelle degli accordi sul violino, recapitandole a domicilio a Padraic. Il "crescendo” è inarrestabile: macinerà l’asina-pet dell’uomo, un cucciolo più fedele del cane di Colm, farà incendiare per rappresaglia la casa del violinista, salvando il cane, perché la gentilezza, dopotutto, è un valore che supera l’arte. La saggia Siobhan, che ha assistito impotente al precipizio, è emigrata sulla terraferma, prega il fratello di raggiungerla. Ma c’è una logica – prettamente maschile – che fatalmente trascina alla perdizione. Lo “scemo+scemo” del villaggio ne sarà l’ultima vittima innocente.

Il precipizio del mondo

©20th Century Studios. All Rights Reserved.

C’è un mondo arcaico, in The Banshees of Inisherin, fatto di lugubri anziane che preconizzano lutti, di fuochi di torba e meste ballate irlandesi, di violini e dell’unico pub di ritrovo, di consuetudine intima con gli animali che ti sostentano, che parla al passato.

Ma c’è una potenza letteraria che è ardimentoso rinverdire da Steinbeck, fatta di dialoghi paradossali e credibili, elementari quanto esilaranti, perché il pub di allora è il nostro bar di quartiere, e i dibattiti sull’intimità e i pettegolezzi non sono affatto diversi.

Cannery Row è un romanzo del 1945, da noi è uscito nel 1946, ma è ancora irresistibile. Sono outcast i suoi protagonisti, come nel film di McDonagh, sono disoccupati a vita e lavoratori occasionali, comunitari per opportunità e sfruttatori per comodo, più propensi a guadagnare per soccorrere un cane che per provvedere al loro stesso sostentamento. Sono osservatori a distanza delle vicende politiche.

Allo stesso modo, The Banshees of Inisherin descrive gli indifferenti ai grandi conflitti della Storia, ma su minima scala fotografa con esattezza il precipizio del mondo, lo scannamento insensato tra due contendenti che sta trascinando il pianeta nella sua voragine. È misteriosa la via per cui un film in costume, sulla periferia apparentemente indenne del pianeta, riesce a parlare al nostro presente. Eppure questo grande film di grande scrittura, di grandi attori che non aspirano al rango di star di richiamo, lo fa. Moralmente, è il Leone d’oro. Se la giuria non saprà cogliere la portata dell’opera, sarà un suo problema.

© Riproduzione riservata