Il giorno dopo l’oceanica marea delle manifestazioni di Non una di meno, il tema della violenza maschile contro le donne si divide a metà. Da una parte ci sono le organizzatrici del corteo nazionale di Roma, e la loro dimostrazione di forza di mobilitazione di ragazze e ragazzi a prescindere se non contro ogni organizzazione politica; e radicalmente contro le politiche della premier Giorgia Meloni. Dall’altra ci sono le polemiche della destra.

Partiamo dalle organizzatrici: fanno sapere che andranno avanti. Ieri mattina si sono date appuntamento al centro antiviolenza di Roma Lucha y Siesta per fare un bilancio sul corteo, un successo a cui hanno molto lavorato ma le cui dimensioni hanno colto di sorpresa anche loro. Si è trattato, spiega Isabella Borrelli, attivista di Nudm, «di un lavoro di organizzazione orizzontale, costruita con le pratiche femministe e molta molta cura. È stato il momento culminante di otto anni di lotta. Ora inizia una nuova fase».

La nuova fase della marea

La nuova fase dovrà necessariamente fare i conti con la sovraesposizione. Anche se è tutto da verificare se dopo i giorni della fiammata mediatica dovuta all’emozione per la morte di Giulia Cecchettin, a cui erano dedicate le manifestazioni di sabato, l’attenzione resterà così alta. E se una parte della politica riuscirà a tradurre le manifestazioni in atti concreti, innanzitutto rafforzare gli scarsi finanziamenti ai centri antiviolenza, come ha chiesto la piazza, o introdurre l’educazione affettiva nelle scuole. La segretaria del Pd Elly Schlein, praticamente l’unica politica in piazza – anche perché frequentatrice dei cortei del 25 novembre da quando esistono – ha proposto alla premier una collaborazione sulla prevenzione della violenza: risorse sulla formazione di operatrici e operatori delle forze dell'ordine, delle pubbliche amministrazioni, della giustizia, già nella prossima manovra di bilancio.

Ieri intanto hanno cominciato a prendere forma le future tappe della mobilitazione. La prossima sarà il 16 dicembre, nelle città in cui ci sono i «nodi» – i collettivi territoriali – di Nudm, nuove mobilitazioni «contro la violenza patriarcale e machista». Ma il lavoro delle attiviste dei «nodi» è quotidiano, del resto la violenza maschile non rispetta nessun cessate il fuoco: ieri, accanto alle cronache dei cortei nelle città, c’erano le notizie di un’aggressione di una ventitreenne a Reggio Emilia da parte di un 55enne «incensurato» e di una denuncia di stupro di branco a Genova da parte di una 17enne nel corso di una festa fra presunti amici (il fattaccio si è svolto nello scorso marzo).

Primo impegno però per Nudm è già oggi: per oggi è fissata l’udienza contro Rachele Damiani, residente dell'Associazione Casa delle donne Lucha y Siesta, denunciata per occupazione abusiva di immobile. Sabato, durante il corteo, il sindaco di Roma Roberto Gualtieri ha annunciato la rinuncia alla richiesta di risarcimento da parte Atac, che è l’ex proprietario dell’immobile, nel frattempo acquistato dalla regione Lazio di Nicola Zingaretti. Ora la regione è passata in mano alla destra, che vuole chiudere il centro, ristrutturarlo e mettere a bando il servizio, cancellando l’esperienza e il lavoro che già lì dentro si svolge.

Polemiche e molotov

Dall’altra parte invece sono arrivate le polemiche del giorno dopo. La prima ha a che vedere con la questione mediorientale. In piazza, affogati nella moltitudine di cartelli e vessilli fucsia, c’era anche qualche bandiera palestinese; e nella piattaforma della mobilitazione c’era la solidarietà con il popolo palestinese senza nessuna citazione degli stupri e delle violenze di Hamas contro le donne israeliane, oltreché contro oltre mille civili. Una «deriva ideologica» e un «errore politico» anche per l’autorevole filosofa femminista Adriana Cavarero, intervistata dal Corriere della sera. Una critica condivisa anche all’interno del Pd: ma la segretaria ha spiegato di non essere andata in piazza aderendo a tutti i punti della piattaforma Nudm. A utilizzare le ragioni di Cavarero è anche la ministra per la Famiglia Eugenia Roccella: anche per lei la manifestazione è «una grande occasione sprecata per motivi ideologici», «inquinata da ideologia e troppa partigianeria». Nudm ha già risposto in piazza, in una conferenza stampa prima della partenza del corteo, e ieri lo ha ribadito: «Siamo al fianco di tutte le donne che subiscono violenza.

Lo stupro è un’arma di guerra, di tutte le guerre, e colpisce in primo luogo le donne. Siamo state al fianco delle donne iraniane e delle kurde, la prospettiva del fondamentalismo religioso non ci appartiene mai», spiega Borrelli, «Bisogna uscire dalle polarizzazioni semplificatorie e dannose. In Palestina si sta compiendo un massacro nei termini della vendetta contro un popolo inerme. Siamo con le donne e gli uomini che anche in Israele stanno manifestando contro il massacro a Gaza e per il cessate il fuoco, contro l’apartheid e l’occupazione, contro il governo Netanyahu».

L’altro fronte della polemica riguarda le tensioni avvenutte quando la coda del corteo è sfilata davanti alla sede dell’associazione ProVita&Famiglia, in viale Manzoni. Alcune attiviste hanno fatto scritte sulle serrande e per questo, denuncia Nudm sui social, «sono state picchiate brutalmente» dalle forze dell’ordine. Molti esponenti della destra alzano i decibel sull’episodio definito «violento e criminale», tentando di farlo risultare emblematico di tutta pratica della marea manifestante. Senza grande successo, per ora. A dar loro una mano è arrivata la denuncia da parte dei pro-life del rinvenimento di «un piccolo ordigno esplosivo nei nostri uffici», un «vero e proprio atto terroristico». Non è chiaro come l’ordignetto, fortunatamente rimasto inerte, sarebbe stato introdotto nella sede attraverso le serrande chiuse che si vedono nei filmati. La polizia scientifica indaga.

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