La destra italiana ha sempre nel cuore il modello ungherese, e l’Ungheria a sua volta guarda sempre con interesse in direzione di Roma. Questo giovedì la presidente della repubblica Katalin Novak, fedelissima di Orbán ed ex ministra della Famiglia, ha fatto un tour romano all’insegna della «famiglia tradizionale». Prima c’è stato l’incontro con Bergoglio, dal quale Novak è uscita annunciando agli ungheresi una visita del papa in Ungheria nel 2023, forse in primavera. Poi la presidente è andata alla riunione della Rete internazionale dei legislatori cattolici (Icln), che si tiene ogni anno tra Roma e Frascati e che ha tra i frequentatori assidui proprio Novak e Orbán. Questo tour romano è un nuovo capitolo che aiuta a leggere sia i rapporti con la destra nostrana, che quelli con la Russia di Putin.

La famiglia e Roma

Novak è la campionessa del «modello ungherese sulla famiglia», citato da Salvini in questa campagna elettorale come esempio da seguire. Prima di insediarsi in primavera come presidente della repubblica, Novak era stata ministra della famiglia, con la missione di difendere «la vita, la famiglia tradizionale e i valori cristiani». Ha partecipato al World Congress of Families di Verona, ha tenuto conferenze e intrecciato rapporti con leghisti come Lorenzo Fontana e con think tank legati a Giorgia Meloni.

«Negli ultimi dieci anni in Ungheria i matrimoni sono raddoppiati e gli aborti si sono dimezzati», è il trofeo esibito dal premier ungherese questo mese in Texas, alla CPAC stipata di trumpiani. Per Novak, come raccontava lei stessa in un video da ministra, la massima gioia di una donna è dare la vita. Da paladina della «famiglia cristiana», già lo scorso agosto aveva esibito una foto col pontefice e si era recata all’incontro dei legislatori cattolici, consesso dove politici di ogni provenienza condividono ad esempio le comuni ossessioni antiabortiste. Un’estate fa con lei c’era anche Orbán, che si era poi fatto fotografare con Meloni. Lo scorso aprile, a guerra in Ucraina già iniziata, FdI ha evitato foto e imbarazzi, e lo scatto se l’è preso Salvini.

Il papa e la Russia

Era il 21 aprile, Orbán aveva da poco fatto un bagno di voti alle elezioni, e per la sua prima visita ufficiale da premier rieletto aveva puntato sul Vaticano. Le sue ambiguità sulla Russia, infatti, rendevano indigeribile scegliere la Polonia, come Orbán aveva fatto nel 2018. A Varsavia è stata poi Novak, volto meno imbarazzante per gli storici alleati nella lotta allo stato di diritto.

Questo giovedì mattina la presidente ha avuto un colloquio di quaranta minuti col papa. Come mai tutte queste interlocuzioni tra Budapest e la Santa sede? Una traccia è in fondo al bollettino del Vaticano di questo giovedì. Dopo «questioni di comune interesse come la famiglia e la promozione della cultura della vita», tra i temi del colloquio figurano infatti «la guerra in Ucraina e l’impegno per la pace». Mentre Bergoglio da tempo invoca la pace, il premier ungherese si propone come paciere.

Più che la pace, in realtà, ha da offrire le sue connessioni con il Cremlino, che alimenta imperterrito. A luglio è stato a Mosca il ministro degli Esteri ungherese «per comprare più gas»; e una settimana dopo, in sede di Consiglio Ue, sempre lui, Péter Szijjártó, si è espresso contro i piani energetici di Bruxelles per l’inverno. In questi giorni in Russia è planato in gran segretezza un altro aereo di stato ungherese; la versione ufficiale data poi dal governo è che a bordo ci fosse il ministro per lo Sviluppo economico, e che l’obiettivo fosse comprare più gas.

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