Qui, all’hotel Quirinale, si erano dati appuntamento dopo la vittoria di Giorgia Meloni. E sempre qui, ma stavolta con le europee all’orizzonte, si incontrano di nuovo venerdì e sabato. Meloniani, orbaniani, sprazzi di sovranismi e destre estreme d’ogni continente, si ritrovano sotto il cappello di fondazioni e think tank: è l’alibi perfetto per discutere del voto di giugno, e degli equilibri che ne seguiranno.

Gli aggregatori

“Italian Conservatism – The Future of Europe” è il titolo della due giorni che porta il simbolo, oltre che di European Conservative, di Nazione futura e Fondazione Tatarella, e perciò il marchio di Francesco Giubilei.

Biografo di Giorgia Meloni, tra i principali autori del maquillage “ecologista” e conservatore dell’estrema destra italiana, Giubilei è stato consulente del ministro della Cultura meloniano Gennaro Sangiuliano; si è poi dimesso a seguito delle polemiche sui fondi che la sua fondazione riceve dal ministero stesso. Ciò incide poco: il vero ruolo di Giubilei non è tanto nell’esposizione governativa quanto nell’attività di aggregatore dietro le quinte.

È frequentatore assiduo dei think tank orbaniani, dal Danube Institute all’MCC, per il quale farà «un ciclo di lezioni sull’Italia a novembre a Debrecen», dice. Ha stabilito cooperazioni anche con altre costellazioni della galassia di estrema destra, Polonia alleata di Meloni compresa: il Collegium Intermarium è tra i partner, a sua volta legato agli oltranzisti di Ordo Iuris.

Pure quando, da premier, Meloni aveva dovuto rinunciare ai selfie ostentati col filorusso Viktor Orbán, da lei reincontrato di recente, i think tank che fanno riferimento alla premier hanno continuato a coltivare relazioni.

Balázs Orbán – che non è parente del premier ungherese, ma è sua emanazione – era all’hotel Quirinale nell’autunno 2022, con Meloni appena eletta, e se la prendeva con le sanzioni alla Russia mentre si preparavano a salire sul palco l’attuale presidente della Camera, Lorenzo Fontana, e il ministro degli Affari europei, Raffaele Fitto. Un leghista amato a Budapest e un meloniano rispettato nel Ppe, insieme all’estrema destra di ogni sorta.

Orizzonte 2024

Venerdì, Balázs Orbán avrà in dote il keynote speech. E soprattutto, battezzerà l’edizione italiana del suo La sfida ungherese, portato in Italia guarda caso dalla casa editrice di Giubilei.

Gli Orbán – sia Balázs sia Viktor – ambiscono a trovar casa europea a Fidesz, dopo la rottura col Ppe. Il possibile ingresso nei conservatori era stato congelato con la guerra. Dopo giugno, il dossier si potrebbe scongelare – anche per questo Meloni è tornata a Budapest – magari contemplando soluzioni creative. Giubilei spiega che «l’Alleanza per l’unione dei romeni, partito al quale ho fatto in passato lezione di conservatorismo, cresce nei sondaggi ma è antitetica a Fidesz», quindi «l’una potrebbe finire in Ecr, l’altro tra i sovranisti (e leghisti) di Id, o chissà».

Cambia lo schema di gioco, ma non l’orizzonte: «Il punto è cambiare maggioranza in Europa», dice Giubilei. Ecco perché anche stavolta tra gli invitati c’è pure la Lega – un anno fa Fontana, ora il capogruppo di Identità e democrazia Marco Zanni e la sua collega di partito leghista Susanna Ceccardi. Matteo Salvini ha a sua volta annunciato, dal palco di Pontida, un evento futuro «contro le sinistre», che poi altro non è che il rovescio della sua ossessione: l’unione delle destre.

Per ora arriveranno all’hotel Quirinale, insieme a leghisti, orbaniani, e destre di ogni foggia, pure Nicola Procaccini e Carlo Fidanza, il capogruppo dei conservatori e il capodelegazione di FdI. Perché partiti, ministri, premier, devono vedersela con dinamiche complesse, a cominciare dalla gestione dei rapporti col Ppe. Ma ciò non vale per i think tank.

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