L’Europarlamento questo giovedì ha compiuto un miracolo di maquillage politico approvando la sua risoluzione non vincolante su Israele e Gaza. Apparentemente si mostra unito, fugando l’impressione di un’Unione europea spaesata offerto in queste settimane dalle istituzioni europee. Sotto l’ombrello di una amplissima maggioranza e sotto la parvenza di una grande capacità di compromesso, si cela però un marasma di divisioni interne.

Tra i conservatori, i meloniani che fanno la maggioranza costruttiva mentre i polacchi del Pis vanno per conto loro. Tra i socialisti, i tedeschi oltranzisti assieme a un pugno di piddini e la scelta del «voto secondo coscienza». Le destre salviniani compresi che invocano più azioni a favore di Israele, mentre a Gaza i civili sono sotto scacco.

Con il voto unitario inoltre «il parlamento ha respinto le richieste di cessate il fuoco», per dirla con il leader dei popolari europei Manfred Weber. Mentre «la parte sana della società israeliana» – così la definisce Haaretz – mette in discussione con franchezza le responsabilità e le scelte di Benjamin Netanyahu, l’Europarlamento si inclina verso le posizioni schierate di Ursula von der Leyen e delle destre, anche se condisce il tutto con riferimenti a «pause umanitarie» e «diritto internazionale».

Divisioni sotto superficie

Per capire dove si sono concentrate le divisioni politiche bisogna guardare, prima che al testo finale, a due emendamenti.

L’emendamento 71 proposto dalla sinistra europea «sollecita l’alto rappresentante Ue, la Commissione e il Consiglio a unirsi al segretario Onu nella richiesta di un immediato cessate il fuoco, di accesso senza restrizioni all’aiuto umanitario» e sottolinea «che la popolazione civile non può essere usata come una pedina in questa guerra».

L’emendamento 37 proposto dai Verdi europei fa anch’esso riferimento al «cessate il fuoco immediato». Fonti interne al gruppo socialdemocratico riferiscono che la delegazione tedesca – l’Spd di Olaf Scholz – oltre che quella romena erano duramente contrarie al cessate il fuoco, maggioritario nel resto del gruppo. Le destre erano contrarie dunque, e il gruppo dei socialisti invece avrebbe optato per il «free vote», una sorta di voto secondo coscienza.

Le coscienze sarebbero poi andate ognuna dove riteneva, anche dentro il partito democratico, dove si sarebbe fatta notare qualche figura – per così dire – più affine alla posizione tedesca, come la vicepresidente dell’Europarlamento Pina Picierno. Che non a caso dopo il voto di questo giovedì ha ribadito il suo messaggio senza condizioni «univoco in solidarietà a Israele».

Pausa di riflessione

Ha tolto dall’imbarazzo delle divisioni interne la mossa di Hilde Vautmans, eurodeputata liberale belga nonché coordinatrice Affari esteri per Renew. Per garantire unità all’aula in giorni nei quali l’Ue è apparsa più che mai scordinata, anzitutto per le mosse scomposte della presidente della Commissione europea, l’eurodeputata Vautmans è intervenuta al momento di votare l’emendamento 37 dei Verdi europei – ritenuto già più moderato rispetto alla versione della sinistra – e lo ha ulteriormente ibridato. La soluzione di compromesso vede il cessate il fuoco sostituito con una «pausa umanitaria».

Abbiamo chiesto a Riccardo Noury di Amnesty cosa ciò comporti. «Il cessate il fuoco è una misura più forte – spiega – perché prevede un minimo di formalizzazione fra le parti. Immagino che con la “pausa umanitaria” gli eurodeputati vogliano rivolgere un appello a una delle due parti perché astenendosi dai bombardamenti dia un momentaneo sollievo». Un cessate il fuoco richiede il lavoro negoziale di una terza parte, ruolo in casi precedenti svolto dall’Egitto. Ed è l’ipotesi caldeggiata dalle Nazioni Unite, il cui segretario generale Antonio Guterres ha chiesto «l’immediato cessate il fuoco umanitario a Gaza».

Quando Vautmans ha proposto il suo «emendamento orale» che ibridava l’emendamento 37, i conservatori europei hanno chiesto una pausa per valutare.

Scomposizioni interne

E su questa mossa si vedono le dinamiche interne alle destre: Carlo Fidanza, capodelegazione di Fratelli d’Italia, e Nicola Procaccini, il meloniano capogruppo dei conservatori, hanno chiesto la pausa proprio per convincere la delegazione a non far saltare la mossa dei liberali. Che in effetti è andata in porto.

E i meloniani si intestano di aver persuaso anche Vox. Un’operazione per mettere in salvo la mediazione che mette in luce anche come si sta muovendo la delegazione di Giorgia Meloni in Ue: già in una logica cooperativa. Resta agli atti dei voti nominali la scomposizione dei conservatori, con i polacchi del Pis tra i significativi contrari.

Le contraddizioni interne deflagrano ulteriormente se si fa lo stress test dell’emendamento 71, versione sinistra europea. Pietro Bartolo del Pd ha votato a favore «perché io – dice a Domani – sono dal primo momento per il cessate il fuoco, a maggior ragione in una guerra dove stanno perdendo la vita i civili da entrambe le parti».

A favore anche Massimiliano Smeriglio, e qui finisce la lista di italiani dentro ai 14 socialisti che hanno votato a favore. Il capodelegazione Brando Benifei non c’era a questo voto «per motivi personali». La stragrande maggioranza dell’aula ha votato contro, con reazione indignata della capogruppo della sinistra, Manon Aubry: «Serve una pausa umanitaria ma deve passare per un cessate il fuoco, che è codificato nel diritto internazionale!».

Su altri voti nominali anche la sinistra europea si è internamente divisa. Insomma dietro la parvenza di unità e compattezza offerta dalla quasi totalità di voti favorevoli (solo una cinquantina di eurodeputati contrari o astenuti) si cela una dinamica politica tutt’altro che priva di tensioni.

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