L’impostazione del Bilancio europeo proposta dalla presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, va rigettata, non solo per la distribuzione delle risorse, che penalizza fortemente la Pac, ma anche per il principio di rinazionalizzazione delle risorse comunitarie che lucidamente persegue.

La proposta di bilancio europeo 2028-2034 e in particolare le scelte sulla Politica agricola comune e sul fondo unico, rischiano di compromettere la sovranità alimentare europea, in un momento dove tutti i principali attori globali investono per la sicurezza degli approvvigionamenti alimentari.

L’Europa va in direzione opposta e propone un taglio di oltre il 20 per cento delle risorse destinate al sostegno degli agricoltori, del cibo sano, di qualità, distintivo, andando così a colpire i cittadini europei. Un bilancio che, peraltro, cresce a 2mila miliardi di euro e vede l’agricoltura ricevere solo il 14 per cento delle risorse, contro il 30/35 per cento delle ultime due programmazioni.

La proposta

Inoltre, la proposta di revisione del regolamento sul Fondo unico avanzata da von der Leyen in queste ore è anch’essa completamente fuori strada.

La revisione del regolamento sul fondo unico con cui la presidente tenta di rispondere alle critiche ricevute da Parlamento europeo, diversi governi e moltissime rappresentanze delle parti economiche e sociali, appare completamente inadeguata. Non coglie la sostanza delle critiche, al contrario gli dà fiato.

La proposta contiene un subdolo contentino, dato dall’assegnazione di un budget ulteriore alla Pac. Le risorse rese disponibili restano insufficienti, ma più grave è che sono solo nominalmente nel capitolo agricoltura. Sono, infatti, esplicitamente destinate alla realizzazione di piani integrati territoriali, dove viene ulteriormente ravvivata una competizione tra settori e iniziative che invece andrebbe scongiurata.

Non sono soldi per l’agricoltura e gli agricoltori, ma destinati ad altro. Lascia perplessi, va sottolineato con forza, la sordità della Commissione rispetto al tema, assolutamente centrale, della rinazionalizzazione delle risorse europee. Insistere su questa strada significherebbe aprire le porte all’eliminazione della Politica agricola comune che ci ha accompagnato, con successo, dalla nascita dell’Europa fino ad oggi, garantendo l’accesso dei nostri cittadini al cibo più sicuro e sostenibile al mondo: quello prodotto in Europa.

L’Ue si riduce a distribuire risorse e a stabilire regole di funzionamento dei mercati, disattivando nei fatti il suo ruolo di promotore di politiche. La proposta della presidente Von der Leyen lascia trasparire nella sua pienezza il lucido intento di de-settorializzare e de-specializzare l’intervento dell’Unione europea, esaltando la logica del fondo o dei fondi unici.

Alla de-specializzazione si accompagna evidentemente una sorta di deresponsabilizzare della Commissione e dell’Ue. Persino la necessità di rendere l’uso delle risorse più flessibile – che condividiamo visti i tempi che viviamo – viene ribaltata sugli stati membri, ignorando che l’Ue continua ad affrontare questi tempi con un rigido e intoccabile bilancio che ci accompagna per sette anni.

Correttivi necessari

Servono quindi correttivi urgentissimi, primo fra tutti quello di colmare il taglio delle risorse per gli agricoltori, chiedendo quindi la restituzione dei fondi per il sostegno alle imprese agricole e non per l’attivazione di piani e misure non identificati. Per salvare e assicurare continuità ad una storia di successo che ha assicurato agli agricoltori e ai cittadini europei cibo, pace e prosperità.

Confidiamo che le parole combattive di queste settimane, con le quali il Parlamento europeo, fin qui estromesso dal processo decisionale, ha deciso di unirsi nella battaglia contro il folle disegno di von der Leyen, non si spengano a fronte di questa ulteriore mossa della Commissione, che va in direzione esattamente opposta alle richieste fatte sinora.

Confidiamo anche che i capi di governo e il consiglio tutto possa respingere questo folle tentativo di ridurre l’Unione europea ad una baracca di tecnocrati incapace di guardare al presente e al futuro. Un’Europa che sposta i problemi in casa dei paesi membri con il nefasto e subdolo strumento della flessibilità non è un’Europa sana, non è l’Europa che vogliamo. Ha solo l’obiettivo di far esplodere nelle nostre case i problemi anziché gestirli a Bruxelles. Il classico comportamento di un’autocrazia che ha il solo obiettivo di preservare se stessa.

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