A volte quando un rapporto non funziona – anche in politica – va così: si chiede una pausa di riflessione, si verificano le alternative e infine si liquida l’ex per messaggio. È quel che ha fatto il leader dei popolari europei Manfred Weber con Silvio Berlusconi, che è diventato il partner più ingestibile da quando Viktor Orbán ha divorziato dal Ppe.

Le dichiarazioni del leader di Forza Italia contro Volodymyr Zelensky hanno scatenato un moto di indignazione tra le delegazioni del gruppo popolare, e il leader Weber – che aveva chiesto un po’ di tempo per sciogliere gli indugi – ha sparato il suo verdetto definitivo questo venerdì dalla conferenza di Monaco: non soltanto Berlusconi è da stigmatizzare, ma pure il summit del partito previsto per giugno a Napoli è cancellato.

Un equilibrio fragilissimo

Che l’equilibrio in casa popolare fosse fragile si era capito, anche perché si basava sul presupposto assai incerto che a giugno, in Campania, il leader di Forza Italia non si facesse vedere.

Poi l’incalzare dei messaggi irritati delle delegazioni dell’Est del Ppe, misto ai confronti che Weber ha avuto più di recente durante la conferenza sulla sicurezza in Baviera, lo hanno spinto infine alla rottura: «A seguito delle dichiarazioni di Berlusconi sull’Ucraina abbiamo deciso di cancellare le nostre giornate di studio a Napoli. Il sostegno a Kiev non è opzionale. Antonio Tajani e Forza Italia nel gruppo hanno il nostro pieno supporto. Continuiamo a cooperare col governo italiano».

Il segnale di Weber è piombato via Twitter proprio durante la visita romana di Roberta Metsola, che è la sua pupilla, e soprattutto la figura simbolo della liaison tra il leader del Ppe e la nostra premier: con l’alleanza tattica tra Ppe e conservatori, lei a inizio 2022 è stata eletta presidente dell’Europarlamento, ed è proiettata verso la guida della Commissione Ue dopo il voto alle europee del 2024.

Quando Weber si è espresso pubblicamente contro Berlusconi, Metsola si trovava a piazza Venezia per il tour romano, anche se un tour dimezzato visto che Meloni era malata. E insomma la presidente dell’Europarlamento, popolare anche lei, era seduta proprio al fianco di Antonio Tajani, il quale ora fa ciò che è inevitabile: difende il suo mentore, dice che «Forza Italia è Berlusconi e Berlusconi è Forza Italia; non condivido la decisione su Napoli».

Va detto che se Weber ora va giù duro è anche perché ha già proiettato il gruppo verso Meloni.

La escalation dentro il Ppe

Come si è arrivati a una rottura simile con Berlusconi?

Fino a questo venerdì, i fatti avevano dato ragione all’eurodeputata liberale olandese Sophie in’t Veld, che a Domani aveva raccontato «il Ppe come una tribù, che difende i suoi membri a dispetto di tutto perché segue logiche di potere».

Ci sono voluti in effetti anni e anni, ai popolari, per rompere con Orbán. E che dire dello stesso Berlusconi? Il suo partito fa parte del Ppe dal 1998, e da allora lui genera impunemente imbarazzi. Vent’anni fa, quando a cercare credibilità internazionale non era Meloni ma l’allora vicepremier Gianfranco Fini, Berlusconi aveva dato del «kapò» al socialista tedesco Martin Schulz. Più di recente, in piena guerra, ha rivendicato con orgoglio le bottiglie di vodka ricevute da Putin.

«Lo avevo già invitato a restituirle», aveva raccontato spazientito a Domani il capodelegazione polacco Andrzej Halicki, vicepresidente del partito popolare, prima di entrare nella riunione dei capidelegazione martedì. A inizio settimana Weber aveva taciuto sul caso, garantendo a Forza Italia di non infierire durante le regionali. Ma «non può non dire nulla; Berlusconi vada a riposarsi, FI cambi leader», ha detto Halicki, e in riunione la situazione è deflagrata: almeno nove le delegazioni infuriate, tra baltici, est Europa e non solo.

Se c’è un argomento che Weber ha ribadito per rassicurarle, è che Meloni – la sua partner politica de facto – sull’Ucraina invece è inoppugnabile. Dal canto loro, gli eurodeputati provenienti dalle file di Forza Italia hanno portato ad argomento i voti sempre in linea con il gruppo sull’Ucraina; «ho ricordato che abbiamo appena avuto successo alle regionali e ho detto, ora basta!», ha raccontato a Domani Alessandra Mussolini.

Davanti alla minaccia delle delegazioni ribelli di boicottare Napoli, il gruppo ha stigmatizzato le parole di Berlusconi. Poi si è tentato il “patto di Napoli”: l’accordo tacito era quello di mantenere il summit, ma sperando che Berlusconi si desse malato. Patto che però partiva già fragilissimo: interrogati su questa ipotesi, ancora mercoledì gli eurodeputati di FI come Mussolini ribadivano a Domani che il leader sarebbe andato.

Il colpo ai berlusconiani

Nessuno dei polacchi, dei baltici, e degli altri gruppi inferociti intende però far arrivare alle opinioni pubbliche in patria, duramente anti-Putin, una foto o altro che li associ al leader nostrano.

Durante la pausa di riflessione di Weber i segnali e i messaggi anti-Berlusconi non hanno fatto che aumentare, con le delegazioni del tutto in fibrillazione. Anche alla conferenza sulla sicurezza di Monaco, terra di provenienza del leader popolare, la consapevolezza di lui a riguardo è maturata.

Così questo venerdì, proprio da Monaco, Manfred Weber ha lanciato un’altra frecciata simbolica a Silvio Berlusconi – che comunque pare resti per ora nel gruppo assieme al suo partito – e ha silurato l’evento di Napoli.

Nulla in confronto a un’espulsione, ovviamente; ma comunque un danno – sia di immagine, che di indotti per hotel e altre strutture del napoletano – inferto proprio nella Campania del capodelegazione in Ue di Forza Italia, che è Fulvio Martusciello, e della compagna di Silvio Berlusconi, che è Marta Fascina.

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