Può non sembrare, ma il 2027 è alle porte. Specie la primavera, quando si dovrebbero tenere le elezioni politiche. La campagna elettorale comincerà di fatto l’anno prossimo e allora non c’è molto tempo per prepararsi.

È il succo della riflessione che, tra gli altri, sta facendo Carlo Calenda. Il leader di Azione vuole rimanere testardamente terzo rispetto agli schieramenti, in mezzo tra destra e sinistra, anche a costo di non entrare in parlamento. Però, insomma, se ci entrasse sarebbe meglio, è il suo ragionamento. E allora sono iniziate «le grandi manovre al centro», espressione ormai usata indistintamente per qualsiasi movimento o iniziativa dentro una generica area centrista.

Giovedì scorso l’ex ministro ha presentato, insieme a Luigi Marattin, fuoriuscito da Italia viva un anno fa e fondatore del Partito liberal democratico, alcune proposte per la legge di Bilancio: ceto medio, difesa, giovani, sanità, lavoro, i temi in questione. Un contributo che dicono essere disinteressato, per il bene del paese, senza occhieggiare a destra o ambire a sostenere la maggioranza in maniera strutturata.

Proposte che in partenza non sembrano avere grandi chance di essere inserite dal governo nella manovra, ma sono il gancio perfetto per lanciare un altro messaggio, forse ciò che più premeva ai diretti interessati. Iniziare un percorso insieme che possa portare al 2027.

L’alternativa al bipolarismo

«È importante dire agli italiani che c’è un’alternativa alla destra sovranista e c’è un’alternativa alla sinistra populista perché questo paese ha bisogno di un’area liberale, riformista e popolare», ha detto Calenda da Montecitorio, sfoderando i suoi leitmotiv che si susseguono ormai da anni, senza particolari fortune alle urne. Gli ha fatto eco Marattin: «Non vogliamo fare progetti elettorali, ma progetti politici per i prossimi vent’anni». Vaste programme. «Per il momento abbiamo lavorato benissimo insieme sulla legge di bilancio. È un ottimo inizio», ha proseguito il segretario del Pld. E da qualche parte bisogna pure iniziare.

Azione nei sondaggi viene data tra il 2 e il 4 per cento. I liberal democratici di Marattin sono appena entrati nei rilevamenti con un 1 per cento che sa molto di una pacca di incoraggiamento. A ogni modo il percorso comune proseguirà. Se sfocerà in una fusione, in un nuovo partito, contenitore o quantomeno scatoletta è ancora presto per dirlo. Intanto, i cantieri sono aperti, per usare un’altra espressione stereotipata utile in questi casi.

Nella testa dei protagonisti l’obiettivo è rompere il bipolarismo italiano e trovare queste “praterie” al centro di cui si parla da anni senza vederne l’ombra. Tanto più che ora l’altro storico interessato all’area, Matteo Renzi, si è definitivamente schierato a sinistra con la sua nuova Casa riformista. L’esperienza di Italia viva è da considerarsi a tutti gli effetti fallita, Renzi si è convinto a rientrare nel campo largo, pur ingoiando bocconi pentastellati amari e strette di mano con Giuseppe Conte, fino all’anno scorso disprezzato. Obiettivo: provare ad aggregare le forze centriste nel campo largo, cercando di attrarre riformisti del Pd, sindaci e liste civiche. E poi, sì, anche quello di rientrare in parlamento.

Chi dei centristi guarda più a destra, invece, è quasi del tutto inglobato in Forza Italia che da tempo si definisce «il vero centro italiano». Noi moderati di Maurizio Lupi prova a sgomitare, con qualche piccolo dissapore con i forzisti, ma rimane comunque ben inglobato nel centrodestra. E allora, di fatto, sono rimasti solo loro, Calenda e Marattin a voler perseguire una strada alternativa ai blocchi, con il leader di Azione che ha provato anche una timida interlocuzione con Riccardo Magi di +Europa. Difficile sia perché arrivata tramite social, quasi pubblicamente, sia perché è difficile staccare +Europa dal campo largo.

Ora e Drin Drin

Piccole sigle e vecchi partiti decaduti, dai socialisti ai repubblicani, capiranno da qui al 2027 se schierarsi, come sembra, con Renzi o migrare altrove. Ma intanto a Calenda si potrebbero affiancare anche nuove formazioni. Come quella nata questo weekend, 11 e 12 ottobre, ad Abano Terme, denominata “Ora!”. Un qualcosa che nasce dal particolare movimento Drin Drin di Michele Boldrin e Alberto Forchielli, il primo economista e già protagonista dell’esperienza fallimentare di Fare per fermare il declino di Oscar Giannino, il secondo imprenditore.

Così sembra una boutade ma i due, nel giro di un anno - da un’idea del tutto casuale - hanno tirato su un’associazione liberale che mira a non apparentarsi né con destra né con sinistra, con circa 15mila iscritti, in particolare under 35 e residenti nel Nord Italia. Un’iniziativa che era stata presentata ufficialmente alla Camera dei deputati lo scorso marzo, guarda caso ospitata proprio da Calenda che l’aveva definita «apprezzabile».

Il nodo, però, è che in un pollaio piccolo i galli cominciano a essere veramente troppi. E gli esuberanti caratteri di Calenda, Marattin e Boldrin non fanno ben sperare. Come se non bastasse, poi, non mancano differenze sostanziali tra di loro.

Non tanto quando si parla di economia, su cui sembrano essere più o meno d’accordo. Ma già sulla politica estera la questione è diversa. Sull’Ucraina il fronte è comune, pro Kiev e pro Nato. Sul Medio Oriente no. I liberal democratici di Marattin sono sostenitori granitici di Israele, i boldriniani, invece, totalmente pro Palestina. Calenda si barcamena. Insomma, il rischio deflagrazione è già dietro l’angolo.

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