Quella che il parlamento dovrà approvare entro fine anno potrebbe essere la penultima legge di Bilancio firmata dal leghista in veste di ministro. Uno scenario che farebbe felici i dirigenti che protestano per l’estrema segretezza che connota tutti i provvedimenti sfornati dal dicastero
Questo articolo fa parte di “Razza Poltrona”, la rubrica di Domani, a cura di Stefano Iannaccone, che svela i retroscena del palazzo e racconta gli angoli nascosti del potere
C’è una voce che, da un po’ di tempo a questa parte, circola con sempre maggiore insistenza nei lunghi corridoi del ministero dell’Economia. Ed è una voce che fa rumore. Quella che il parlamento dovrà approvare entro fine anno potrebbe essere la penultima legge di Bilancio firmata da Giancarlo Giorgetti, nelle vesti di ministro. Uno scenario che, laddove si materializzasse, farebbe felici molti dirigenti e funzionari del Mef. Il motivo? Nonostante l’ottima reputazione di cui gode all’esterno, infatti, dentro al mega palazzone di via XX Settembre le critiche nei confronti della “gestione Giorgetti” aumentano sempre di più. Stando a quanto rivelato da più fonti interpellate da Domani, ci sarebbe maretta per l’estrema segretezza che connota tutti i provvedimenti sfornati dal dicastero. «La legge di Bilancio? E chi ne sa niente», è una delle risposte che arrivano a chi chiede informazioni.
Segretezza figlia, neanche a dirlo, dell’ossessione per le fughe di notizie che fin dal principio contraddistingue l’azione di governo, da Palazzo Chigi in giù. L’ultimo caso ha riguardato proprio la manovra, rimasta per settimane gelosamente chiusa a chiave nei soli cassetti dello stesso Giorgetti e della fedelissima Daria Perrotta, Ragioniera generale dello Stato nominata lo scorso anno al posto di Biagio Mazzotta. Malumori che devono essere arrivati anche alle orecchie del diretto interessato, che con il suo entourage, ma non solo, avrebbe comunque già messo le cose in chiaro: se nel 2027 il centrodestra dovesse vincere nuovamente le elezioni lui non ha intenzione di rientrare a Palazzo delle Finanze.
Sarà per lo stress che fin qui ha accompagnato le prime quattro Finanziarie, ben riassunto in quella frase pronunciata giorni fa dal palco dell’assemblea di Assonime: «I ministri, soprattutto quelli dell’Economia, sopportano l’onere politico di dire molti “no”, un peso ben maggiore del prestigio effimero di una copertina internazionale». O forse, più semplicemente, per il fatto che tre anni fa il leghista aveva accettato la poltrona più scottante dell’esecutivo con spirito di servizio. Insomma, un lustro basta e avanza anche per chi, come lui, è stato nominato da The Bunker “ministro delle Finanze del 2025”. Il futuro? Si vedrà. Giorgetti ha sempre dimostrato di sapersi adeguare.
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