Nel primo pomeriggio l’ipotesi di mediazione con la Global Sumud Flotilla si infrange sul no degli attivisti. Lo danno persino per scontato durante la conferenza stampa «di emergenza» convocata in collegamento dalle loro navi. I giornalisti sono stati chiamati su Zoom per un’altra comunicazione urgente: la Flotilla ha informazioni «credibili» su un’imminente intensificazione degli attacchi da parte israeliana contro la missione, nelle prossime 48 ore, con armi «in grado di affondare le imbarcazioni, causare feriti e/o provocare vittime».

Le fonti non vengono rivelate, sarebbero i servizi segreti di tre paesi, tra questi anche quello italiano. La Flotilla non accetta la proposta di mediazione che prevede di consegnare il carico di aiuti umanitari a Cipro, nelle mani del patriarca di Gerusalemme.

«La nostra missione rimane fedele al suo obiettivo originario: rompere l’assedio illegale e consegnare gli aiuti umanitari alla popolazione assediata di Gaza, vittima di genocidio e pulizia etnica. Qualsiasi attacco o ostruzione alla missione costituirebbe una grave violazione del diritto internazionale».

«Situazione preoccupante»

La mediazione salta dunque. Di certo non ha aiutato il fatto che Giorgia Meloni l’abbia resa pubblica in anticipo da New York, in un punto stampa in cui ha accusato gli italiani delle navi umanitarie di voler «creare problemi» al suo governo. Quanto alla notizia di possibili nuovi attacchi, il ministro della Difesa Guido Crosetto non ne fa cenno esplicito nelle sue informative, ieri mattina alla Camera e poi al Senato. Ma la sottintende quando dice: «La situazione è preoccupante».

La Difesa ha mandato la fregata Fasan per offrire «supporto», in queste ore sarà sostituita dalla nave Alpina. Ma, chiarisce, «noi non siamo in grado fuori dalle acque internazionali di garantire la sicurezza delle imbarcazioni», e «continueremo a lavorare perché non accada nessun incidente alla Flotilla». Chiede agli attivisti di «non forzare il blocco» navale israeliano, che però gli attivisti considerano illegale. Si appella a Pd, Avs e M5s che hanno loro parlamentari a bordo.

Ciascuno fa la sua parte: «Auspichiamo che il canale di mediazione rimanga aperto e prosegua con la discrezione doverosa di fronte a una situazione che di ora in ora diventa sempre più preoccupante», dirà in serata Peppe Provenzano, del Pd.

Precisando che la presenza dei parlamentari italiani è nel ruolo di «scorta istituzionale alla missione umanitaria». Ma la Flotilla farà le sue scelte «autonomamente». Anche la Spagna ha inviato una nave militare, con missione più ampia di «protezione» dei suoi. L’utilità principale delle marine militari è la deterrenza: perché se un drone dovesse colpire un’imbarcazione militare, la situazione farebbe un salto di qualità.

Alle camere le opposizioni si scatenano. Per lo più non ce l’hanno con Crosetto. Il ministro usa toni diversi da quelli della premier. «Lei ha fatto un discorso che apprezziamo, dall’altra parte abbiamo un premier che sprizza parole d’odio contro Flotilla», sottolinea Francesco Silvestri (M5s).

E non è solo una differenza di toni, quella fra il titolare della Difesa e la premier: l’una ha definito la missione umanitaria «pericolosa e irresponsabile» perché «non c’è bisogno di rischiare la propria incolumità di infilarsi in un teatro di guerra per consegnare aiuti a Gaza che il governo italiano avrebbe potuto consegnare in poche ore».

L’altro, pur definendo quello di Israele «un governo amico», condanna l’attacco ai flottiglianti come «inaccettabile» e usa parole di rispetto verso loro: «In democrazia qualunque forma di protesta deve essere tutelata quando si svolge nel rispetto delle regole e del diritto internazionale e non può essere soffocata con violenza».

Meloni e Crosetto, due linee

Distanze evidenti fra i due. Tanto che poi tutta FdI sarà convocata a dichiarare che la linea dei due è la stessa. Il vicepresidente della Camera Fabio Rampelli prova a chiudere la questione: «Qualsiasi tentativo di isolare Crosetto dalla coalizione è inutile, il ministro ha interpretato perfettamente il suo ruolo». In realtà ce l’ha con i leghisti, che bollano la Flotilla come chi «cerca l’incidente, cerca di destabilizzare il nostro paese». Cioè la stessa cosa che dice Meloni, non Crosetto.

«Meloni esca dalla megalomania, a bordo ci sono delegazioni di 44 paesi diversi», è la replica della segretaria Pd Elly Schlein. «Ma lo vede che la maggioranza degli italiani vuole il riconoscimento della Palestina?».

È l’altro tema che accende le aule. La premier ha annunciato una mozione di maggioranza, si voterà il 2 ottobre con le comunicazioni del ministro degli Esteri. All’Onu, a nome del governo, ha detto sì ai due Stati, ma a due condizioni: che prima vengano liberati gli ostaggi israeliani e che Hamas non entri nel governo palestinese. Per Schlein è «una presa in giro degli italiani», «riconoscere la Palestina non significa riconoscere i terroristi di Hamas, significa riconoscere l’Autorità nazionale palestinese. A meno che non stiate accusando Regno Unito, Francia e altri 150 paesi di voler legittimare Hamas».

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