- ll controllo reale della macchina dello stato, tra nomine e organizzazione dell’informale, può strutturare il consenso per Meloni e per la destra nel lungo periodo
- Per il Partito democratico invece la sfida è reinventarsi dopo un decennio in cui, mettendo a rischio la sua stessa sopravvivenza, ha scelto di diventare la stampella della repubblica
- Questo articolo si trova sull’ultimo numero di POLITICA – il mensile a cura di Marco Damilano. Per leggerlo abbonati o compra una copia in edicola
In questa prima fase, il governo di Giorgia Meloni sembra ormai strutturato per giocare una partita su due fronti. Il primo è interno al cosiddetto centrodestra, attraversa le interazioni complesse tra le tre forze alleate al governo e si nutre delle tensioni che lacerano i due partiti minori della coalizione. Senza Berlusconi e Salvini, leader ridimensionati ma ancora indispensabili, il parlamento diventa incontrollabile, ma facendo cadere il governo le due leadership rischiano l’autocombust



