L’alluvione dell’Ucraina meridionale causata dalla distruzione della diga di Nova Kakhovna sta raggiungendo il picco, mentre dalle aree più vicine alla diga le acque hanno già iniziato a recedere. Le autorità russe che controllano la riva meridionale del fiume dicono che almeno 7 persone risultano disperse, ma non ci sono altre notizie di morti o feriti. Secondo gli ucraini, almeno 42mila persone stanno subendo conseguenze più o meno severe a causa dell’alluvione e molti di loro sono già stati o dovranno essere evacuati.

Intanto continua a non essere chiaro chi abbia distrutto la diga o se sia trattato di un qualche tipo di incidente. Russi ed ucraini continuano a scambiarsi accuse e gli esperti stanno ancora discutendo su chi otterrà i vantaggi militari più significativi dalla distruzione della diga. Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, però, ha annunciato che l’alluvione «non ostacolerà la nostra abilità di liberare i territori occupati».

La controffensiva

Sembra infatti ormai ufficiale: la tanto attesa controffensiva ucraina è iniziata. I russi lo dicono da giorni e il ministero della Difesa ucraina ha ufficialmente annunciato di essere passato all’offensiva in alcune aree del Donbass. Diversi esperti militari occidentali ritengono che le operazioni ucraine siano iniziate almeno da lunedì, anche se precisano che si tratta probabilmente di attacchi di esplorazione. In pochi ormai dubitano del fatto che il conflitto sia entrato in una nuova fase.

La distruzione della diga si inserisce in questo quadro già piuttosto complesso. La Russia sostiene che siano stati gli ucraini a demolirla, come razione all’iniziale «fallimento» della controffensiva. Questa almeno la linea ufficiale. Esperti e blogger russi, dicono invece che gli ucraini avrebbero il duplice scopo di danneggiare le linee difensive russe a sud della diga e di prosciugare la riserva idrica a nord, così da renderne più facile l’attraversamento del Dnipro.

Fino ad ora, però, il Cremlino però non ha fornito prove né ipotizzato modalità con cui gli ucraini, che non hanno accesso diretto alla diga, potrebbero aver effettuato l’attacco. I danni subiti dalla massiccia struttura di acciaio e cemento, infatti, sembrano troppo vasti per essere imputabili a un semplice missile. Alla sessione del consiglio di sicurezza delle Nazioni unite, l’ambasciatore russo ha ricordato che a novembre gli ucraini avevano ammesso di aver attaccato la diga nel tentativo di alzare il livello del Dnipro senza causare allagamenti. L’attacco, effettuato con missili Himars, era riuscito soltanto a danneggiare alcune paratie della struttura.

Ma i missili non sono le uniche armi che gli ucraini avrebbero potuto utilizzare. Kiev si è dimostrata molto abile nell’organizzare sofisticare operazioni di sabotaggio. Non è impossibile che la diga sia stata danneggiata in un’operazione simile a quella che lo scorso autunno ha colpito il ponte di Kerch, in Crimea.

Dal canto loro, gli ucraini accusano i russi di aver distrutto la diga facendola esplodere dall’interno, un’ipotesi che gli esperti ritengono più probabile di un attacco con missili o artiglieria (di cui, per il momento, non ci sarebbero tracce). Lo scopo dell’attacco, sostiene Kiev, sarebbe impedire alle forze armate ucraine di attaccare oltre il tratto inferiore del Dnipro, trasformandolo l’intera area in un acquitrino. In questo modo, potrebbero concentrare le loro difese sul resto del fronte.

I danni

Il bilancio in vite umane causato dalla distruzione della diga per ora sembra, fortunatamente, limitato anche se servirà tempo per determinarlo con esattezza. I danni alle infrastrutture, invece, sembrano essere già notevoli. I più visibili sono quelli alle città e paesi costruiti sulle due sponde del fiume. Quasi un centinaio di abitati sono stati invasi dall’acqua, con i danni peggiori subiti dalla sponda meridionale, quella più bassa e controllata dai russi. Ancora peggiori rischiano di essere i danni che subirà l’agricoltura della regione. La riserva di Nova Kakhovna, creata dalla diga, forniva irrigazione a un’area di 500mila ettari, ha fatto sapere il ministero dell’Agricoltura ucraina, e che ora rischia di essere «desertificata».

Sembrano invece scongiurati per il momento i rischi che la distruzione della diga possa coinvolgere la centrale nucleare di Zaporizhzhia, che utilizzava le acque del bacino nei suoi impianti di raffreddamento. Dopo le rassicurazioni dell’Agenzia internazionale per l’energia nucleare, sono arrivare anche quelle dell’ispettorato ucraino, secondo cui se saranno mantenute le procedure di sicurezza «non ci saranno rischi per la centrale».

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