L’ex sindaco di Lodi, imputato e poi assolto ma dopo una dura gogna mediatica, ha presentato il libro con la sua storia, insieme a Claudio Martelli e Gaia Tortora, schierati per il sì al referendum sulla giustizia. La segretaria dem era in prima fila
La sala della Regina è stata prenotata da Lorenzo Guerini – costola riformista del Pd – che dell’ex sindaco di Lodi Simone Uggetti è amico oltre che concittadino. In platea, si sono seduti un nutrito gruppo di parlamentari dem: da Simona Malpezzi a Filippo Sensi, da Walter Verini a Alfredo Bazoli. Qualche minuto dopo l’inizio della presentazione del libro “Vita da sindaco”, che racconta la storia giudiziaria e la gogna mediatica di Uggetti, in prima fila si è seduta anche la segretaria del Pd, Elly Schlein.
Proprio per questo l’evento non è passato inosservato, specialmente in questo momento così delicato per la campagna referendaria sulla giustizia: il Pd ufficialmente schierato per il no, ad ascoltare sul palco due alfieri del sì come l’ex ministro della Giustizia socialista Claudio Martelli e la giornalista Gaia Tortora, alla presentazione di un libro con postfazione del penalista Giandomenico Caiazza (coordinatore di uno dei comitati per il sì).
Il caso Piscine
Il libro di Uggetti è infatti il racconto di un caso di errore giudiziario, con il sindaco di Lodi sottoposto al calvario soprattutto mediatico. Indagato nel 2016 con l’ipotesi di turbata libertà degli incanti, secondo la testimonianza di una dipendente comunale Uggetti avrebbe favorito una partecipata del comune nell’assegnazione del bando di gara per la gestione di due piscine per un ammontare di 5000 euro.
Durante le indagini, Uggetti venne sottoposto a intercettazioni e infine sottoposto a misura cautelare in carcere per pericolo di inquinamento delle prove. Uggetti uscì dal carcere dieci giorni dopo per andare agli arresti domiciliari, revocati dopo trenta giorni. Riacquistata la carica di primo cittadino, si dimise pur ribadendo la sua innocenza. Nel frattempo, contro di lui si erano levati attacchi durissimi da parte in particolare del Movimento 5 Stelle e Luigi di Maio.
Il processo di primo grado si concluse con la condanna a dieci mesi di reclusione e 300 euro di multa con sospensione condizionale della pena. In appello, invece, Uggetti venne assolto con formula piena e Di Maio gli presentò scuse pubbliche.
Nel 2022 la Cassazione annullò l’assoluzione, disponendo un secondo appello che si è concluso nel 2023 con il proscioglimento in via definitiva per «particolare tenuità del fatto».
La presentazione
Il caso Uggetti (simile ad altri, come Ottaviano Del Turco e Filippo Penati) è stato forse uno dei casi più eclatanti di linciaggio mediatico ai danni di un politico, prima ancora del processo vero e proprio. «Nel libro non citiamo nemmeno il nome dei magistrati, perchè non intendiamo puntare il dito», ha premesso la giornalista e coautrice Arianna Ravelli. Una scelta di stile, che però non ha nascosto la tensione di fondo di Uggetti rispetto a come sono state condotte le indagini contro di lui.
Quando ha preso la parola, infatti, ha citato platealmente il teorema Palamara: «Quando una procura, un giornale e un partito politico si mettono insieme per distruggerti, ci riescono», ha detto.
Parole non più lievi nei confronti delle toghe le ha usate l’ex ministro Claudio Martelli, che ha ripercorso la storia recente della magistratura: «Si è imposta un’idea della magistratura come riparatrice di torti, come fosse un angelo vendicatore» e ancora «i mezzi d’indagine vengono usati non solo contro mafiosi e delinquenti, si pensi alle intercettazioni nel caso Uggetti: cose da Stato di polizia, non da democrazia liberale».
Poi, rivolgendosi in platea direttamente a Schlein, ha auspicato che «il Pd torni ad essere il presidio di una visione di libertà, ce n’è un gran bisogno», poi ha impartito lezioni politiche: «Difendete i cittadini italiani da questo scempio e non vi preoccupate troppo se Conte fa le bizze, perché cambia idea con una gran facilità», ha aggiunto strappando l’applauso della platea.
È stato lui il primo a citare la parola referendum. Da sostenitore del sì alla riforma Nordio, ha detto che «la riforma non è tutta sbagliata e se sbaglia lo fa per difetto e omissione, non per eccesso». In particolare «non affronta il nodo della politicizzazione della magistratura, ovvero il ruolo dell’Anm».
L’ex ministro è stato particolarmente severo con l’associazione che riunisce i magistrati italiani: «Difficile prendersela con le correnti se non te la prendi con la loro culla, ovvero l’Anm, dove si spartiscono le cariche con grandi ingiustizie per i magistrati stessi», «non è il Csm che decide le carriere, è una associazione privata che nomina i suoi rappresentanti spartiti per correnti e impone le sue scelte al Csm, che si limita a ratificarle».
Accanto a lui, la giornalista e figlia di Enzo Tortora, Gaia, si è anche lei rivolta alla segretaria: «Ci divide la posizione sulla giustizia, ma dobbiamo pensare al bene del paese» e ha ricordato anche il caso ligure di Giovanni Toti, stigmatizzando «i girotondi sotto casa sua. Toti poteva essere colpevole o innocente, ma quella macchina non se la leverà più di dosso».
I sentimenti contrastanti del Pd
In platea, la segretaria non si è fatta scalfire dalle parole dei relatori. La sua presenza è stata però molto apprezzata in particolare da Uggetti: un gesto di cortesia nei confronti dell’anima riformista del suo partito oltre che un gesto di riconoscimento personale nei confronti dell’ex politico dem.
Del resto, la segretaria dem anche in passato ha citato Uggetti in un suo discorso del 2023, in cui ne ha ricordato la storia e detto che avrebbe parlato con lui «di quale è l’idea di giustizia che ha in mente il Pd», facendo poi un riferimento al suo «calvario giudiziario» che evidenziava il problema più ampio del rapporto tra giustizia e vita politica.
Ascoltare non vuol dire condividere quanto viene detto, e la presenza di Schlein è stata anche un segnale alle molte configurazioni interne del Pd: la segretaria c’è, segue tutto e non si tira indietro anche davanti a situazioni potenzialmente delicate. Anzi, il suo esserci è stato paradossalmente un modo per depotenziare i rischi, dando l’immagine di un partito capace di ascoltare anche le voci diverse.
In fondo, infatti, si può essere solidali con Uggetti per la gogna subita e comunque essere contrari a una riforma che – anche se fosse stata in vigore nel 2016 – non avrebbe evitato quanto accaduto per una semplice ragione: non incide in alcun modo sui poteri di indagine dei pm, né sulla divulgazione delle informazioni ai media.
Tuttavia, rimane un interrogativo: esiste, seppur sommersa e silenziosa, una parte dei dem che in qualche modo condivide le posizioni così ruvidamente espresse da Martelli?
Per ora, la linea del Pd sul referendum si fonda soprattutto sulla contrapposizione ad un governo che ha approvato una modifica costituzionale senza interpellare le opposizioni nè scriverla in parlamento, in secondo luogo poi viene stigmatizzato il rischio di sottoposizione dei pm all’esecutivo con modifiche punitive all’ordinamento giudiziario. Una chiave più politica che tecnica, dunque. Forse un modo intelligente di evitare possibili divisioni e per far essere Schlein davvero la segretaria di tutti, in vista del possibile congresso e delle modifiche allo Statuto che potrebbero essere all'ordine del giorno dell’assemblea convocata per il 14 dicembre.
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